18 Luglio 2011

“L’altra testa de la galina”: curiosità e riflessioni di un triestino a Budapest – la birra Dreher

É luglio ed il Danubio è in secca. Osservarlo dallo Szabadsag Hid (il ponte della Libertà) da poco restaurato e riaperto al traffico fa abbastanza impressione. Non è normale. Mentre qualche mese fa il fiume era tracimato, oggi il livello dell’acqua è talmente basso che si riesce persino a scorgere il fondo, nonostante la corrente. É uno dei periodi meno piovosi degli ultimi venti anni, si dice.

Il Danubio. É possibile raccontare di questo fiume da una prospettiva “litoral” senza rischiare raffronti insostenibili per chi scrive? Forse. Provando ad evitare qualsiasi indulgenza su richiami letterari che autorevoli intellettuali giuliani hanno già proposto e ricordando invece come il “bel” fiume blu sia filo conduttore di rapporti fra Trieste ed Ungheria anche in contesti più popolari ma non meno piacevoli di quelli sapientemente dipinti da Claudio Magris e Paolo Rumiz (tanto per citarne due…).

Narrano le cronache– e io vi riporto – che nel 1850 un tale Peter Schmidt, birraio di Pest che ha imparato il mestiere a Monaco di Baviera, fabbrichi una birra che sebbene sia poco conosciuta è ritenuta dagli esperti dell’epoca formidabile. É facile capire perchè; la materia prima non manca. Il Danubio infatti è a due passi e l’acqua limpida che sgorga da alcuni pozzi scavati con macchinari assolutamente innovativi per il tempo presenta le caratteristiche migliori per fabbricare la birra. L’intuizione geniale però Schmidt ce l’ha quando sceglie dove sistemare le cantine all’interno delle quali far maturare e stoccare il prodotto: in una miniera dismessa a Kőbánya (distretto di Budapest, il cui nome significa appunto miniera, per la presenza di numerose cave, capolinea della metro blu direzione aeroporto). L’ambiente è ideale per la sua capacità di mantere il liquido a temperatura costante.

Peter Schimdt è bravo a fare la birra ma non altrettanto a commerciarla. É per questo che nel 1862 decide di vendere l’attività. Anton Dreher non se la lascia scappare e acquista la fabbrica di quella che rinominerà la “birra lager di Vienna”. Anton muore poco dopo ma il figlio Franz Anton, che gli succede, decide di espandere l’attività in altre lande dell’impero, comprando nel 1870 la Prima Fabbrica per la Birra a Trieste. La fabbrica, che era stata fondata cinque anni prima dai Morpurgo, è uno stabilimento molto ampio, dotato di macchinari moderni che consentono di introdurre metodi di produzione avanzati. La Dreher segnerà la storia della città e le giornate di festa di tanti triestini in cronache più o meno note. Per chi l’ha vissuta come birreria ma anche per chi – come me – la ricorda già trasformata in “Jamming” prima e “Jack in the box” poi… Certo le panche e le tavole di legno, i camerieri non saranno state lo stesso, però lo spirito dei sabati o delle domeniche pomeriggio forse si.

Quel che è certo è che mentre la produzione della Dreher a Trieste finirà nel 1976, dopo un’agonia che si protrarrà per un paio d’anni, in Italia e in Ungheria la fabbricazione continua tuttora anche se i marchi sono diversi (marrone quello italiano e verde quello ungherese) e le proprietà separate.
Devo dire sinceramente che quando l’ho scoperto sono rimasto piuttosto sorpreso: nella terra dei magiari, la Dreher è la “bionda” piu’ diffusa, seguita dalla Soproni, Borsodi e Arany Ászok. D’estate poi Budapest diventa un tripudio di ombrelloni verde Dreher dove degustare un korsó (da 0,5) un pohár (0,3) oppure, anche se meno diffuso, un… piccolo (0,2). La birra mini si ordina qui come a Trieste in edicola il giornale!
Una raccomandazione però: in Ungheria quando si ordina la birra alla spina in gruppo, al brindisi “egészségedre” (“alla tua salute”) mai far seguire il tocco ai boccali! Si racconta infatti che in tal modo avessero brindato gli austriaci durante l’esecuzione capitale di ciascuno dei 13 ufficiali magiari, avvenuta ad Arad nel 1849, che avevano guidato la rivolta contro gli asburgo. La leggenda in realtà è ancora più complicata perchè – secondo alcuni – questa abitudine avrebbe dovuto durare solo per 150 anni; fino al 1999 quindi. Nel dubbio, meglio comunque astenersi dal tintinnar bicchieri.

Tornando ai Dreher, la loro epopea è piuttosto esemplare per la capacità di narrare l’intraprendenza e la “vista lunga” di molte famiglie che fanno fortuna producendo birra, vini o liquori in parti diverse dell’impero austro-ungarico nella seconda metà dell’800. Sono esponenti di un capitalismo familiare, caratterizzato da iniziative imprenditoriali innovative alle quali si accompagnano spesso azioni filantropiche (e paternalistiche diremmo oggi) nei confronti dei propri dipendenti e dei contesti sociali in cui vivono e operano. Sono anche le loro costruzioni (case, palazzi, opifici) che consegnano un volto simile alle grandi città… a Praga e Vienna come a Fiume, Trieste e Budapest. Parlano lingue diverse ed i loro sentimenti nazionali talvolta mutano di generazione in generazione. Il tramonto di queste famiglie tuttavia non sarà segnato dalla dissoluzione dell’impero bensì – molto più spesso – dalle vicende post-belliche quando i loro stabilimenti di produzione situati in territori che si ritroveranno all’improvviso ad est della cortina di ferro verranno nazionalizzati e i loro proprietari – nei migliori dei casi – cacciati come “nemici del popolo”. Qualcuno però ce la farà anche a ricominciare.

Oltre ai Dreher, è il caso degli Zwak, che a Budapest producono il famoso Unicum. Péter, nel 1948 dovrà abbandonare l’Ungheria per riparare – dopo esser giunto ed aver “respirato la liberta’” a Trieste – negli Stati Uniti prima ed in Toscana poi. Lo stato ungherese tenterà di continuare la produzione nella fabbrica nazionalizzata ma la qualità del prodotto non si dimostrerà all’altezza. Storia simile – anche più tragica – la vivranno i Luxardo. Non a Budapest questa volta, ma a Zara. Costretto all’esilio dal regime titino, responsabile dell’assassinio dei fratelli Pietro e Nicolò, Franco Luxardo riprenderà la produzione dell’omonimo Maraschino a Torreglia, vicino a Padova mentre a Zara (diventata nel frattempo Zadar) nascerà una nuova fabbrica, la “Maraska”.

Si diceva della birra, abbiamo ricordato amari e liquori. E lo spritz?
Anche in Ungheria non manca. Si chiama fröccs ed è autenticamente composto da vino ed acqua.
Insomma, anche le bevande – più o meno alcooliche – sono capaci di far ricordare vicende che hanno legato la Pannonia al litorale.

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8 commenti a “L’altra testa de la galina”: curiosità e riflessioni di un triestino a Budapest – la birra Dreher

  1. loredana grillo ha detto:

    Ho letto l’articolo ocn molto interesse, non solo perchè ho visitato Budapest diverse volte, ma anche perchè ho lavorato presso gli uffici commerciali della Stock quando era “grande”. Per cui molte parti di questo articolo si addicono benissimo alla storia della Ditta in questione.

  2. AnnA ha detto:

    Bellissimo articolo, veramente molto interessante, congratulazioni; nonostante mi interessi di birra e ami l’Ungheria (anche se non ci vado da molto tempo) e gli ungheresi (i più begli uomini in Europa tra l’altro 😉 ) tante cose non le sapevo.
    Nagyon köszönöm!

  3. alpino ha detto:

    bellissimo articolo, tu sei li a budapest terra drher io qui a Padova ora terra del maraschino luxardo come ci si muove in quest’angolo di mondo si trova sempre mille legami e storie comuni

  4. Sandi Stark ha detto:

    Altra bevanda xe la frambua. Provè a ordinàr frambua e rigojanci, o frambua e kiffel, e ve riverà esattamente quel che pensè, senza necessità de savèr 1 sola parola de ungherese.

    Ormai tutti dovessi savèr le sfighe dei Luxardo a Zara, ma un certo Maggiore Eugenio Luxardo iera el comandante del 79° Reggimento de Fiume, dal 1912 fin in guerra. Chissà se el iera de la stessa famiglia…

  5. Dante Cruciani ha detto:

    FRAMBUA in occitania xe un liquor de fragole. In certe zone (pinerolese) de uva fragola. La Rigojanci xe la torta del mio matrimonio triestino del 2004. I me ga dito – quela volta all’Antico Caffè San Marco – che jera una roba ungarese.

    Ivan, te ga poi parlà con Alma de Momjan? Te la zercavi insieme a Enzin, quel che piaxi il vin…

    A Budinpest xe anche Fangella?

  6. katja ha detto:

    bell’articolo Ivan!!

  7. Ciano ha detto:

    figon!

  8. Mirella Curzolo ha detto:

    caro Ivan,

    ho letto con molto interesse le vicende della birra Dreher.
    Bravo! continua così e cerca altre tradizioni che ci riguardano.

    zia Mirella

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