14 Giugno 2011

L’Ulisse di Joyce? È un mattone… per costruire il futuro di Trieste

Riccardo CepachIl 16 giugno 1954, a Dublino, un gruppo di scrittori fan di Joyce decise di ripercorrere l’itinerario di Leopold Bloom attraverso la città, leggendo i relativi passi dell’Ulisse, romanzo che si svolge il giorno 16 giugno del 1904. Da allora, le iniziative dedicate a Joyce in questa data si sono moltiplicate ovunque, e il 16 giugno è ormai noto come Bloomsday.

Approfittiamo dell’occasione per parlarne con Riccardo Cepach, responsabile del Museo Joyce e fare il punto su Trieste, Joyce e il modo di pensare la cultura nella nostra città.

Riccardo, due parole per introdurre il Bloomsday di quest’anno.

– Il museo Joyce è stato aperto il 16 giugno del 2004, proprio nel centesimo Bloomsday, con conferenze, proiezioni e azioni teatrali. Cerchiamo di tenere viva questa data rinnovando ogni anno la formula, così come il 19 dicembre festeggiamo il compleanno di Svevo. Quest’anno inaugureremo insieme all’associazione Daydreaming project una mostra di quadri divisa in due sezioni, al Museo Joyce e alla galleria d’arte MetroKubo, dedicata al pittore Paolo Colombo (che all’Ulisse ha dedicato più di cento tele dipinte a olio); ci saranno inoltre canzoni irlandesi e triestine, e un’azione teatrale intitolata Dal bordello di Circe alla coltre di Molly presso Piazzetta Barbacan, sotto l’arco di Riccardo.

Leggo nel volantino: azione teatrale su testi di James Joyce e Riccardo Cepach, regia di Christiana Viola. Visto che lo fai parlare, dimmi: secondo te cosa ha da dire Joyce oggi?

– Joyce è un personaggio improbabile e divertentissimo, protagonista di mille aneddoti con i quali intrattengo il pubblico del nostro piccolo museo, che per altro, devo ammetterlo, non ha molto materiale da esporre. Come si può non innamorarsi  di un irlandese che appena arrivato a Trieste abbandona la fidanzata su una panchina, si infila in un’osteria per chiedere informazioni parlando un italiano dantesco appreso dai gesuiti e di lì a poco si fa arrestare perché viene coinvolto in una rissa tra marinai? Che cerca di scroccare uno stipendio fisso come insegnante di inglese alla scuola Berlitz, mentre dirotta gli alunni verso le sue lezioni private? Che si inventa cantante lirico, imprenditore cinematografico e fallisce sempre in tutto meno che in letteratura? Joyce sarebbe un personaggio memorabile anche se non avesse scritto il romanzo più complesso del Novecento!

E invece…

E invece, è anche un autore importantissimo, un grande innovatore della scrittura letteraria della sua epoca, del romanzo europeo. Ti dirò di più: io ho avuto la fortuna di prendere in mano L’Ulisse a quindici anni, senza sapere che libro fosse. Beh, a leggerlo senza sovrastrutture e pregiudizi, se la mole di pagine non ti spaventa, è divertentissimo! Magari non capisci tutto ma se non sai che è un così complesso intreccio di riferimenti da decodificare te ne freghi, salti qualcosa e prosegui felice. Poi magari lo riprendi all’Università e lo leggi in tutt’altro modo. Joyce è una inesauribile fonte di lavoro per gli studiosi (cosa che lui aveva malignamente previsto e programmato) ma anche di ispirazione per gli altri artisti che continuano a lavorare sulle suggestioni che da lui provengono. E piace anche ai non addetti ai lavori. Una volta si è presentata al Museo Joyce una coppia di Neozelandesi, arrivata letteralmente dall’altro capo del mondo che ha dichiarato «Il museo Joyce è la prima cosa che abbiamo voluto vedere di Trieste».

Sono rimasti delusi?

– Come ho detto, il museo non ha grandi cose da esporre, ma non è questo il punto. Il museo è un punto di condensazione di suggestioni su Joyce, e ci si arriva dopo aver passeggiato in una città che ha ancora un sapore simile a quello che deve aver gustato per la prima volta James il 20 ottobre 1904. Finora il museo ha sempre lavorato su idee e progetti a bassissimo costo, ma già così ha soddisfatto una domanda di cultura esistente, non è che dobbiamo inventare la voglia di Joyce o di Svevo nella gente per tenere in vita i nostri musei, è proprio l’opposto. Per dire, anche la casa natale di Erik Satie a Honfleur non ha granché da esporre, ma visitarla è un’esperienza davvero unica, perché è stata disegnata per materializzare le idee che guidano la musica di Satie. Qualcosa del genere si potrebbe realizzare anche qui: usare le suggestioni letterarie assieme alla rigorosa documentazione e a un assistenza molto puntuale e approfondita per gli studiosi che si rivolgono alla struttura.

Io però non amo l’idea di una città che si fossilizza su Joyce e Svevo, e penso che molti triestini ne abbiano le scatole piene.

– E hanno ragione. Nel senso che è importante non fossilizzarsi su ciò che abbiamo, ma aprirci al nuovo. Ecco, nel nome di Joyce e Svevo avremmo la scusa per invitare qui Paul Auster e John Coetzee a parlare, per dire, della coscienza dei personaggi. I numi tutelari non devono essere imbalsamati: sono una risorsa, sono la nostra carta d’identità nel mondo. Nel loro nome puoi e devi sviluppare le forze vive della cultura cittadina, la creatività dei giovani, i tanti percorsi artistici di forza e personalità che fioriscono in questo luogo unico. Non sono le idee che mancano e neanche le professionalità: in questi anni abbiamo realizzato diverse iniziative di qualità, benché sempre a basso costo, che hanno avuto  successo, ma ho l’impressione che altre realtà sappiano valorizzare il loro lavoro molto di più e molto meglio. Può essere che questo sia un buon momento per questo salto in avanti.

Penso che moltissime persone, e soprattutto i giovani, si stiano augurando questo grande rinnovamento culturale della città. Tu come vedi la situazione ora?

– Non è che a Trieste manchi un’offerta culturale varia e ricca: dire questo mi sembra davvero fuori luogo. Certo quando hai 20 anni ti annoi, te ne vorresti andare verso luoghi più ricchi di stimoli, “dove succedono le cose”. Poi a 30, 40, ti accorgi che di cose ne succedono eccome, talvolta di grande spessore, ma come in sordina. Se impari a conoscere e riesci a fruire dell’offerta culturale della città nel suo invincibile disordine te la godi. Piuttosto la voglia di fare, le ambizioni creative dei giovani di talento, quelle continuano a essere frustrate (e lo vediamo nelle storie dei tanti triestini che trovano ascolto e fortuna all’estero). Certo, se resisti, quando poi arrivi a 60 anni Trieste è Disneyland, la Florida della Mitteleuropa, uno dei luoghi migliori in cui trascorrere gli anni della pensione. È un valore anche questo ma…

Ma vorremmo che questa città fosse qualcosa di più. Per esempio…

Trieste è conosciuta nel mondo come città letteraria, città di carta. E lo è: non esistono altre città di 2oomila abitanti che contino sempre, costantemente, dalla fine dell’Ottocento la presenza di 4 o 5 scrittori di fama nazionale e internazionale. Dai mostri sacri del passato a Magris oggi. Questa immagine di Trieste si promuove nel mondo da sola, ma la città in questo senso fa ben poco. Recentemente sono stato a Edimburgo, che è la città di Stevenson e Scott come Trieste è quella di Svevo e Joyce e ha ottenuto dall’Unesco il riconoscimento di “Città della letteratura” (che non stonerebbe vicino al nome di Trieste, non trovi?). Lì vedi facilmente quanto la letteratura può fare per una città in termini di turismo culturale. Non è solo questione di soldi. Direi piuttosto di attenzione, coordinamento, dialogo. In questo senso le prime dichiarazioni del nuovo assessore alla cultura del comune di Trieste, Mariani, mi sembrano molto promettenti e fanno ben sperare.

* * *

Bloomsday 2011 a Trieste – il programma

16 giugno 2011 ore 19.00 Inaugurazione della I sezione della mostra Dalla torre di Stephen alla stanza di Molly di Paolo Colombo
presso il Museo Joyce Museum, via Madonna del Mare 13, (II piano)
ore 19.30 Inaugurazione della II sezione della mostra, presso la Galleria MetroKubo, via Capitelli 65/63b
ore 20.00 Rinfresco
ore 20.45 Dal bordello di Circe alla coltre di Molly – Azione scenica di Christiana Viola con Sergio Pancaldi, William Canciani e Christiana Viola, Piazzetta Barbacan (sotto l’arco di Riccardo)

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6 commenti a L’Ulisse di Joyce? È un mattone… per costruire il futuro di Trieste

  1. Diego Manna ha detto:

    gran titolo 😀
    e ssai interessante anche l’articolo. bravi!

  2. Milost ha detto:

    Il fatto che ci sia un “rinfresco” mi fa pensare che la cosa sia per pochi o quantomeno invitati….e vabbè, tanto odio le inaugurazioni. Ma non sarà per pochi anche l’azione scenica, o sbaglio?

  3. Patrick Karlsen ha detto:

    Godibilissima intervista, e tante indicazioni intelligenti per costruire il futuro a partire dai “mattoni” che il mondo ci invidia. Complimenti a entrambi!

  4. Paolo Stanese ha detto:

    #2 Ciao Milost, l’iniziativa è ovviamente aperta a tutta la cittadinanza. Sono curioso anch’io di vedere l’azione scenica in piazzetta Barbacan, perché lo spazio è molto suggestivo, anche se non grandissimo…
    Sul rinfresco non ho fatto domande. Spero solo che non attiri scrocconi!

  5. Milost ha detto:

    Caro Paolo, scrivere rinfresco tante volte per chi organizza è un’assicurazione sulla riuscita dell’evento: gli scrocconi ci sono sempre… C’era un assessore a Gorizia, tempo fa, che non mancava mai a certe particolari inaugurazioni, di qualunque cosa fossero: era soprannominato “Tartina”. Questo ti spiega a quali inaugurazioni immancabilmente partecipava.

  6. The guy from Sligo ha detto:

    Visto che le nuove parole d’ordine per la cultura in città sono “fare rete” e “agenda condivisa” non posso che chiedermi: cosa faranno i pub più o meno “irlandofili” per il bloomsday? Chi saprà offrire ai turisti un Irish Breakfast come si deve?
    Bene l’evento culturale di pregio, ma la città che vuole dirsi Joyciana dovrebbe offrire una proposta più articolata per far vivere l’occasione alla città.

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