10 Giugno 2011

Coach Walter De Raffaele, direttore del Master Camp a Trieste!

Se c’è un allenatore che risponde all’identikit del tecnico ideale per gestire 5 giorni di master-camp all’interno del BASKET DEVELOPMENT WEEK di Trieste, questo è Walter De Raffaele.
Il perchè è presto detto, guardando un pò nel background professionale che lo ha visto protagonista con la Nazionale U18-U20 e U22, nonchè buttando l’occhio su una carta d’identità che lo avvicina al mondo dei giovanissimi.
Addetto ai lavori credibile, in quanto giocatore di livello neanche troppi anni or sono, ha sposato con entusiasmo la chiamata triestina, attraverso un approfondimento tecnico esclusivo (il fatto di lavorare con “soli” 36 giovani cestisti aiuta…), ovviamente compatibile con le età dei protagonisti e quindi con le logiche di apprendimento più giuste.

Coach, in che termini deve essere letta questa esperienza del master camp? Quali sono gli obiettivi da perseguire in questa cinque-giorni?
Innanzitutto porremo l’accento sul fatto che saranno i ragazzi i veri protagonisti del camp: l’obiettivo principale è quello di dar loro, all’interno della settimana, qualche strumento in più per migliorare i fondamentali. Chiaramente il lavoro sarà diversificato a seconda dell’età, ma il presupposto è quello di un camp leggermente diverso da quello classico, dove spesso tutto si basa solo sul divertimento. L’occasione sarà ottima per far apprendere, sia ai più grandi che ai più piccoli partecipanti, qualcosa che servirà loro per maturare ulteriormente.


Saranno età molto “delicate”, quelle dei 36 giovani cestisti che usufruiranno di questa opportunità. Quali sono gli aspetti tecnici che prenderà in considerazione?

Come già rimarcato, la proposta sarà modulata in base ai ruoli: per il ragazzino più piccolo, ad esempio, si andrà a puntare sull’apprendimento dei gesti tecnici principali. Per i più grandicelli, invece, sarà dato spazio all’insegnamento di qualche movimento più particolare, partendo dal presupposto che il livello medio dei partecipanti al camp sarà sicuramente di buona qualità. Il tutto sarà all’insegna del miglioramento globale, qualsiasi sia l’età.

Poche volte è stato affrontato il tema della psicologia nel rapporto con i giovanissimi atleti: l’idea è quella di bilanciare il sogno di diventare giocatori di serie A (vedendo i dimostratori in carne ed ossa) con quello, più terreno, di un percorso scolastico. Come si può approcciare, da questo punto di vista?
Sicuramente la presenza di tanti giocatori di A rappresenterà uno stimolo naturale nell’identificarsi a loro. E’ chiaro però che ci sarà tanto spazio alle parole, alla comunicazione con i giovani partecipanti al camp, a una sorta di piccolo insegnamento anche a base di etica cestistica. Non vogliamo fare over-coaching, con allenamenti pesanti e fine a se stessi: mescoleremo adeguatamente l’aspetto ludico con quello tecnico, andando a sottolineare che nella crescita e nella carriera che si prospetta davanti a loro, se magari non riusciranno a diventare giocatori di serie A, potrebbero comunque divenire ottimi giocatori di un’ipotetica B.


Tecnicamente, l’impressione è che col tempo i giovani cestisti abbiano perso la tecnica, arrivando invece a livelli di atletismo incredibili. Com’è possibile che ciò accada, nonostante ci siano preparatissimi coaches a livello nazionale?

Anche secondo me, purtroppo, questa è la realtà delle cose: sia che si parli di stranieri, sia che si parli di italiani. Il percorso che si faceva un tempo era diametralmente opposto, ora invece tutto o quasi si basa sul voler vincere subito, dimendicandosi completamente di come si dovrebbe coltivare la tecnica. Di sicuro c’è bisogno di società forti che pongano l’accento su questo tipo di strategia, altrimenti il rischio è quello di ritrovarsi con giovani sempre più poveri a livello tecnico.

Come coach, ha ormai una chiara idea sia di cosa voglia dire allenare i senior (specialmente di alto livello) che di come far crescere i giovani cestisti. Qual’è la direzione che si prospetta per il suo prossimo futuro?
Di certo penso che si possa migliorare sempre, a qualsiasi età: l’aver avuto la fortuna di allenare giocatori come Nicholas o Bell che si sono fatti partecipi di come debba esistere un certo tipo di “cultura del lavoro” anche a livello senior, personalmente mi ha fatto migliorare molto anche a livello di coach. Anche i grandissimi talenti, e non solo i giovanissimi, devono essere in grado di capire l’importanza di perseguire la strada del miglioramento, qualunque sia la categoria o la serie in cui si giochi.

Alessandro Asta

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