6 Maggio 2011

Memorie di uno geisho/FEFF 13: 1976 / giorno 8 (prima parte)

Il 6 maggio del 1976 ero piccolino. Dormivo beato a 120 chilometri dall’epicentro. Mia madre mi disse che non mi accorsi neppure del rumore, ché la scossa si sentì fino a lì, ad Oderzo. Tutti gli inquilini del condominio si svegliarono, quella sera. Avevano sentito il loro culo sobbalzare, ed avevano avuto paura.

Eravamo scesi in giardino di corsa cercando di capire cosa fosse accaduto, da dove potevano provenire quei sobbalzi, se c’erano stati danni, vittime. Tutti in silenzio, tranne mio nonno e l’inquilino del piano di sopra – che già avevano capito tutto.
La mia bisnonna era sola, in disparte, e ripeteva una strana cantilena, in una lingua a me sconosciuta.

Rannicchiata così in un angolo sembrava ancora più piccola di quel che era, quasi minuscola. Non ho ricordi di lei: solo qualche foto in bianco e nero, la descrizione di lei fattami da mia madre e un vivido suono: la sua parlata a bassa voce, quasi sussurrata, fatta di parole sconosciute e al tempo stesso familiari.

Sembrava che stesse piangendo, la bisnonna. In realtà stava pregando. Per i morti e soprattutto per i vivi. A 120 chilometri di distanza. Probabilmente era un certo sesto senso, probabilmente era una sensibilità maggiore degli altri, probabilmente era la conoscenza ancestrale del territorio di nascita.

La mia bisnonna, in quel momento, pregava in friulano.
La mia bisnonna, in quel momento, era a Pavia di Udine.

La mia bisnonna, in quel momento, era a casa.

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In occasione di questo tragico evento – nel 1976 ci furono il terremoto del Friuli ed il terremoto di Tangshan in Cina (il più devastante della storia con quasi 260.000 morti) – un metaforico ponte tra Udine e l’oriente verrà issato oggi, alle 16.20, con la proiezione del film cinese Aftershock che parla appunto di quella catasrofe.

Per non dimenticare.

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Un commento a Memorie di uno geisho/FEFF 13: 1976 / giorno 8 (prima parte)

  1. Tergestin ha detto:

    Bell’articolo davvero, complimenti all’autore.

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