Un tavolo e quattro sedie occupano il palco. Poi i quattro attori prendono posto in scena, come in una posa fotografica. Buio. Donna prepara rumorosamente da mangiare in un contenitore metallico, preoccupata che suo marito Franco faccia tardi da lavoro e che la cena non sia perfetta o pronta. Sua madre, ospite per la cena, le sta addosso dandole consigli inutili. Franco pensa bene di invitare a cena Aldo, collega di lavoro da poco lasciato dalla moglie. In realtà non ne ha minimamente voglia. Franco, Donna e Aldo hanno paura di qualcosa: degli uomini, delle donne, delle guerre, della morte, delle malattie, della disoccupazione e delle bollette da pagare, di ingrassare, di essere stupido, di non capire una barzelletta di fallire. In realtà ciò che sembra davvero accomunare ciascun personaggio di Kvetch è la solitudine e il desiderio di una vita autentica.
Kvetch, che in ebraico significa piagnistei, opera teatrale del drammaturgo Steven Berkoff, è andato in scena mercoledì scorso al Teatro Miela di Trieste per la rassegna Tra Carceri e Carceri.
Spesso il dialetto è l’unico modo attraverso cui riusciamo ad esprimere i nostri veri pensieri. I personaggi di Kvetch sono vittime delle responsabilità sociali, del conformismo borghese, dell’ipocrisia, del perbenismo e dei tabù sociali. Durante lo spettacolo i loro banali dialoghi sono continuamente interrotti di brevi monologhi in dialetto in cui i personaggi finalmente riescono a dar voce ai loro reali pensieri.
Berkoff ci dimostra abilmente quanta sia la distanza tra ciò che un uomo dice e fa e quello che pensa. La fragilità dell’essere umano si specchia inevitabilmente in una società contraddittoria e imperfetta. Il desiderio di trovare la propria autenticità e il proprio posto nel mondo rappresenta per ciascun personaggio una sfida costante, che si rinnova ad ogni obiettivo raggiunto.
Ivan Zerbinati, Laura Bussani, Simone Luglio e Federico Giani sono stati degli interpreti brillanti e convincenti, facendoci percepire la bellezza e i poteri della prosa teatrale, realtà un pò trascurata nell’offerta teatrale triestina.
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