6 Ottobre 2010

Una sera ad Absolute Poetry

Lo ha detto Ennio Cavalli e lo si è ripetuto più volte nel corso della serata ma non solo, è una percezione che si rivela anche ai non addetti ai lavori: di festival come questo, in tutta Italia non ce n’è. Sicuramente in una grande metropoli la cosa avrebbe una presenza di pubblico ben più massiccia, qui a Monfalcone invece si ha più la sensazione di essere uno sparuto esercito di soldati che lottano con ogni mezzo possibile al fine di salvare/divulgare/conservare qualcosa di estremamente prezioso, irrinunciabile e vitale per la coscienza umana. Chi come il sottoscritto non è così vicino al mondo poetico ma è ugualmente stato attratto dal modo in cui questa manifestazione si presenta è rimasto coinvolto in qualcosa che non differisce molto dall’assistere ad un concerto rock.

Nella serata di Giovedì scorso al Teatro Comunale di Monfalcone ho avuto l’occasione di sentire e vedere gente come il geniale Henri Bowers, che in una personale visione della “strada”, racconta storie di chi vende storie per vivere, oppure l’ennesimo italiano emigrato a Berlino, Sergio Garau che ha offerto una performance audio-visiva coinvolgente e ritmata, anche se a tratti retorica (facile dire “Italia crepa!” dal proprio loft di Kreuzberg). Noioso invece l’intervento del caporedattore del Gr-Rai Ennio Cavalli: per quanto profonde possano essere le sue poesie, le sue lunghe introduzioni sono più adatte al circolo della stampa che ad un festival dinamico come questo. L’attesa questa sera però è riservata tutta a Saul Williams: già attore, rapper e quant’altro nella natia New York, definirlo personaggio trasversale è poco. La sua voce l’ho sentita per la prima volta nel brano di Dj Krust intitolato “Coded Language”, era il 1999 ed il drum’n’bass era al suo apice, Saul Williams su quel brano diede perfetta forma verbale ad un suono cupo ed apocalittico, è stata quindi una sorpresa vedere aprire la sua esibizione proprio recitando quei versi. Da lì in poi è un crescendo, proprio come in un concerto, quando la tensione sale, scende, per poi risalire ed esplodere, soltanto che qui non ci sono strumenti ma soltanto un uomo ed i suoi versi. Le traduzioni proiettate sullo schermo ad un certo punto non servono più, tanto forte è il coinvolgimento e tanto cadenzato il susseguirsi delle rime. Venti minuti così sono come una maratona in salita e quando Saul saluta, il pubblico sembra avere il fiatone.

Dopo di lui un complesso, gli ‘A67, giunti fin qui da Scampia con la benedizione di Roberto Saviano, ed io aggiungo che ci vuole davvero una benedizione perchè il concerto da loro proposto null’altro sembra che uno scialbo ricalco di ciò che gli Almamegretta fecero nel 1993, e questa per me è stata l’unica nota stonata della serata. Le polemiche susseguitesi dopo la conclusione del festival (poca partecipazione di pubblico e minacce da parte di Lello Voce di andarsene) sono altra cosa.

Tag: , , .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *