28 Giugno 2010

La strada per la piena applicazione della legge per la tutela della minoranza slovena è ancora lunga

“Con il decreto Gelmini, che vieta la doppia presenza degli insegnanti,  la scuola bilingue di San Pietro al Natisone e l’stituto comprensivo di Tarvisio rischiano di non poter continuare la loro attività”. Queste sono state le parole iniziali di Bojan Brezigar durante la conferenza stampa che ha visto l’illustrazione dei contenuti dell’incontro del Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena.

Brezigar ha constatato che nonostante  il clima dei rapporti tra italiani e sloveni sia molto migliorato negli ultimi anni e  gli sloveni non siano più considerati estranei ma vengano accettati come parte integrante del territorio, ci sono ancora delle difficoltà, in particolare nella provincia Udine, “dove si vuole negare a certi gruppi di lingua slovena la loro appartenenza al gruppo minoritario, dicendo che la loro lingua è un’altra cosa dallo sloveno.” Brezigar ha precisato che il Comitato nelle sue proposte ha inserito l’utilizzo delle varianti locali della lingua slovena nella toponomastica. “Non vogliamo imporre la lingua ufficiale slovena, ma valorizzare le parlate locali, tra cui i dialetti della lingua slovena”. ha dichiarato.

Una delle difficoltà che deve affrontare il Comitato è la “questione dei finanziamenti”. La legge finanziaria del 2011 ha previsto una nuova riduzione dei finanziamenti  (previsti secondo la legge per la tutela della minoranza slovena) per le attività della minoranza: si parla di 1.000.000 euro in meno. Questi fondi vengono utilizzati per lo più per istituzioni al servizio della comunità slovena, come la scuola di musica, la casa dello studente slovena, le biblioteche, l’istituto di ricerca con un proprio personale e quindi con delle spese fisse. Circa 800 dipendenti vengono pagati con questi fondi. Brezigar ha voluto precisare che la cifra globale è rimasta inalterata dagli anni Novanta e con la recente crisi economica un’ulteriore riduzione metterebbe a rischio le istituzioni della minoranza.

Brezigar ha concluso la conferenza, affermando che oggi il Comitato paritetico pù esercitare la propria attività a pieno, cosa che non succedeva 5 anni fa, quando il comitato di allora dovette affrontare numerosi problemi e la sua attività veniva ostacolata dall’allora Governo. Questo a dimostrazione che i rapporti con i politici locali e nazionali sono cambiati in meglio, ma c’è ancora molta strada da fare per arrivare alla piena applicazione della legge per la tutela della minoranza slovena in Italia.

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182 commenti a La strada per la piena applicazione della legge per la tutela della minoranza slovena è ancora lunga

  1. Srečko ha detto:

    Il buon Bojan, quando al governo in Italia c’e’ la destra, critica, quando c’e’ la sinistra, tace.
    Davvero grande…

  2. sindelar ha detto:

    Meglio che taccia sempre? Così, tanto per dare l’impressione di essere super partes?

  3. effebi ha detto:

    Non trovo scritto nell’articolo e chiedo a che titolo ha parlato Brezigar

  4. Srečko ha detto:

    sindelar

    Uno dovrebbe sempre dire quello che pensa, senza riguardo a chi e’ al potere. Tacere non significa essere supra partes, ma conformisti!

    effebi

    BB e’ il presidente del Comitato paritetico.

  5. sindelar ha detto:

    Srecko

    Dire sempre quello che si pensa? Se lo facessi mi troverei con chissà quante denunce per molestie sul groppone.
    A Milano dicono che “Piutost che gnent le mei piutost”. Accontentiamoci.

  6. matteo ha detto:

    dipende da cosa si dice e cosa ha fatto, la critica è sacrosanta, dire quello che si pensa alla classe politica dirigente è sacrosanta e giusta, non possiamo sorvolare e tacere sugli errori

  7. alpino ha detto:

    Il branzino:
    vive nelle acque temperate del Mediterraneo, Mar Nero e Atlantico orientale (dalla Norvegia al Senegal) generalmente in acque costiere ed eccezionalmente fino ad un centinaio di metri di profondità.
    Lo si può trovare su qualsiasi tipo di fondale, da quelli rocciosi alle praterie di Posidonia oceanica.
    Ben tollerante ai cambiamenti di salinità è in grado di risalire i fiumi per parecchi chilometri in cerca delle proprie prede.

  8. effebi ha detto:

    scusate ma non ho capito la vostra polemica in corso:
    lui afferma “…cosa che non succedeva 5 anni fa, quando il comitato di allora dovette affrontare numerosi problemi e la sua attività veniva ostacolata dall’allora Governo. Questo a dimostrazione che i rapporti con i politici locali e nazionali sono cambiati in meglio”

    adesso mi risulta ci sia un governo di c-ds

  9. sindelar ha detto:

    2010 – 5 = 2005

    Governo Berlusconi III

  10. effebi ha detto:

    + 5 governo berlusconi ( o no ?)

  11. matteo ha detto:

    no in mezzo 2 anni di prodi

  12. effebi ha detto:

    mah, ripeto a me non sembra che abbia parlato bene o male di “questo governo”, rileggendo ancora, mi sembra sia preoccupato per i tagli (che preoccupano tutti) visto il momento economico.

    rilevo piuttosto una piccola polemica per dove ci “sono ancora delle difficoltà, in particolare nella provincia Udine, dove si vuole negare a certi gruppi di lingua slovena la loro appartenenza al gruppo minoritario, dicendo che la loro lingua è un’altra cosa dallo sloveno.”

    chi sarebbe a “voler negare” ?

  13. Luigi (veneziano) ha detto:

    In realtà si tratta in gran parte degli stessi abitanti del luogo, che rifiutano l’omologazione col gruppo linguistico sloveno. Questo perché la lingua che essi parlano è un antico paleoslavo, molto diverso dallo sloveno standard.

    L.

  14. dimaco ha detto:

    Si lo sloveno parlato in vla di resia e dintorni e una sorta di slavo antichissimo, con influenze varie. molto probabilmente l’unico esempio di paleoslavo rimasto probabilmente. andrebbe tutelato per questo visto che a ragione non può essere inserito nelle lsite di lingue neoslave.

  15. Luigi (veneziano) ha detto:

    Il “casino” poi – mi diceva qualcuno di queste parti – è che poi quando mandi il figlio a studiare in una scuola slovena gli viene insegnato lo sloveno, che praticamente è come fosse un’altra lingua rispetto a quella che parli a casa. E quindi di fatto non viene tutelata la lingua parlata, ma uno “standard” che non è percepito come lingua propria.

    Oltre a ciò, in parecchi casi si è assistito all’acquisizione di una coscienza nazionale italiana anche da parte di queste popolazioni che parlano una lingua di ceppo slavo: una situazione simile per certi versi a quanto accade in Istria, laddove parecchi al censimento dichiarano come lingua d’uso l’italiano – che in realtà quasi sempre è il dialetto istroveneto – ma poi al momento di dichiarare l’appartenenza nazionale si dicono croati.

    L.

  16. Eros ha detto:

    Che strumentalizzazioni, Prof. Luigi Veneziani… Forse che la lingua che si insegna nelle scuole italiane, ovvero il volgar dialetto fiorentino, coincide con la lingua che si parla nelle famiglie?

  17. Eros ha detto:

    Ma secondo voi l’antico ladino della Val Venosta era uguale al tergestino od al ladino di Muggia? È chiaro che c’e una koiné standard e poi delle differenze locali. Pensate che l’Arpitano sia uguale al franco-provenzale di Sallanches?

  18. Luigi (veneziano) ha detto:

    E’ divertente notare come l’ignoranza abissale possa causare dei grossi danni, esponendosi al ludibrio.

    Ecco cosa scrive il fondatore e presidente della principale associazione della Val Resia al consigliere regionale della minoranza slovena, Igor Gabrovec:

    “Pregiatissimo sig consigliere regionale,
    mi permetto di scriverle dopo aver letto un suo intervento ”Gabrovec: preoccupa la proposta per i diletti” pubblicato da http://www.regione.fvg.it e ripreso da “Slovit” del 30 settembre del 2008.

    Mi chiamo Chinese Sergio e mi occupo di cose resiane da una vita considerato che fortunatamente sono di madrelingua. Ho scritto poesie, tradotto racconti e favole, ho pubblicato il primo “vocabolario” resiano-italiano, recentemente ho donato al Pievano di Resia la traduzione in quella lingua dei quattro vangeli e ora sono impegnato con la traduzione della costituzione.

    Prima dell’approvazione della legge 26/07 di tutela della minoranza slovena ho cercato di far capire ai consiglieri Travanut, Petris, Menis, Carmi, Disetti ma anche all’ex collega sindacale Bruno Zvech e alla relatrice di maggioranza Blažina il delitto storico che stavano commettendo aggregando il resiano a quella legge di tutela della minoranza slovena. In quel periodo, assieme ad alcuni amici, ho fondato l’associazione Identità e Tutela Val Resia e mi sono dovuto rivolgere all’allora minoranza per cercare di far capire al politico l’importanza di far sopravvivere una lingua così unica nel panorama linguistico mondiale come lo è il resiano. La battaglia ha prodotto il classico “tacon peso del buso”. Il gioco delle parti ha politiche ha prevalso.

    Il resiano ha avuto uno sviluppo linguistico diverso dallo sloveno. La lingua resiana è distante dal “po nasen” e dal “beneciano”, che nell’arco della storia hanno assimilato il lessico dei loro cugini sloveni, tanto quanto lo è lo Sloveno dallo Slovacco o dal Croato. Per il resiano è fuorviante citare i documenti di Cividale, Cernieu e Castelmonte. Non si riferiscono allo stesso “topos”.

    Resia ha seguito le vicende storiche del Friuli e dell’abazia di Moggio Udinese e il lessico di quella popolazione ha tratto a piene mani prestiti friulani e tedeschi per arricchire la propria lingua.

    Non voglio insegnarle nulla, miro solo a farle comprendere che molte volte il legislatore, impegnato com’è a risolvere problematiche più pressanti, si affida al consiglio del vicino di banco il quale, forse, ha capito di cosa si sta discutendo per poi esprimere il proprio voto.

    La maggioranza della passata legislatura, uniformando il resiano allo sloveno, ha perpetrato un delitto linguistico che neppur il più sprovveduto studioso nei secoli scorsi avrebbe autorizzato.

    Mi sono permesso di tradurre la sua presentazione in resiano così anche lei potrà notare la differenza esistente fra lo sloveno e il resiano.

    Dagli albori della storia moderna il resiano ha superato i vari sconvolgimenti linguistico/politici dal Patriarcato di Aquileja alla Repubblica di Venezia, dall’ Austria all’Italia. Tenace com’è, il resiano difficilmente si lascerà conglomerare da una nuova lingua”.

    Questi sono i dati del problema: sarebbe bene prenderne debita nota, prima di continuare a sviare il discorso su cose che non c’entrano nulla.

    L.

  19. marisa ha detto:

    I dialetti parlati a Resia e nella Slavia friulana sono dialetti della lingua slovena: questo è un dato linguistico ormai assodato sia in Italia che a livello internazionale.

    “paleoslavo” o cavolate simili, sono teorie inventate dal nazionalismo italiano.

  20. Julius Franzot ha detto:

    Io considero la polemica sterile. Ci sono già abbastanya ostacoli per far considerare minoranza tutelata coloro chr parlano lingue ufficiali. Vogliamo ergerci a paladini di dialetti, che non hanno tutela nemmeno nei loro Paesi di origine? Secondo i sostenitori del Resiano, nemmeno il Friulano sarebbe lingua da tutelare, in quanto diverso dal Ladino e dal Reto-Romantsch. Siamo in un mondo globalizzato, in cui la comunicazione si svolge prevalentemente in inglese maccheronico, viviamo in uno Stato centralizzato che vede male chiunque non parli il dialetto toscano, vogliamo far ridere i polli con la tutela di dialetti localisimi, come il triestino, il bisiaco, il resiano, il timavese, il saurano?
    Stiamo di fronte al pericolo che scompaia tutto quello che non è italiano (toscano) o inglese (maccheronico) e ci scaldiamo per qualche dialetto?
    Discutiamo sull’ opportunità di apprendere lo Sloveno, perchè parlato solo da 2 Mio di persone e facciamo guerre per un resiano che oltre Resiutta non serve a niente?
    Concentriamoci su pochi obiettivi, ma validi: Italiano, Sloveno DOC, Tedesco DOC e Friulano DOC (qui a me starebbe bene anche Romantsch, quarta lingua della Svizzera, ma non voglio i fulmini di Marisa). Inglese – spero migliore di quello che si insegna oggi – come lingua straniera obbligatoria. Il resto sono dialetti, da trattare come il milanese, il piemontese, il marchigiano.
    Pensiamo al futuro dei nostri figli e facciamo sì che impieghino energie per imparare lingue che faciliteranno loro il futuro professionale.

  21. Luigi (veneziano) ha detto:

    Marisa, ma tu hai letto la lettera di Sergio Chinese qui sopra riportata?

    Vuoi dire che lui – fondatore dell’associazione Tutela e Identità della Val Resia – è il tipico rappresentante del nazionalismo italiano?

    Qua c’è veramente da strabuzzare gli occhi per l’ignoranza abissale che traspare da certi commenti…

    Comunque sia, ecco qualche articolo per approfondire l’argomento: http://old.osservatoriobalcani.org/article/articleview/10520/1/384/ (qui si spiega come i Resiani siano andati perfino in delegaizone da Tondo per protestare per l’attuale normativa che li assimila agli sloveni); http://www.valresia.it/studi/geografia/isoleetniche.html (qui invece il portale dela Val Resia – fatto interamente da resiani – spiega fra l’altro che “La lingua resiana è una lingua paleoslava che non trova uguali nel mondo slavo”); http://www.valresia.it/studi/studi/resianosloveno.html (qui – nello stesso sito – gli stessi resiani spiegano quali sono i rapporti fra resiano e sloveno); http://valresia.splinder.com/post/17959815/Lingua+e+Storia+della+Val+ResiUrl (qui trovate un blog – scritto da un resiano – che spiega il suo punto di vista, sulla scorta anche di studi di alcuni linguisti).

    Al di là del fatto se il resiano sia o meno una lingua paleoslava, mi preme far notare che alcuni fra i principali propugnatori di tale teoria sono in realtà abitanti della stessa Val Resia.

    Altro che “nazionalisti italiani”!

    L.

  22. maja ha detto:

    “Se per il suo parlare e per la sua tradizione popolare Resia appartiene chiaramente all’area slovena gli sviluppi storici e sociali dal Rinascimento in poi hanno creato una situazione in cui i resiani stentano a identificarsi con la cultura slovena, anzi, si vedono come una popolazione ben diversa con una propria lingua e cultura.” (http://www.resianet.org/joomla/index.php/la-lingua)

    http://147.162.119.1:8081/resianica/home.do

  23. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ maja

    Esattamente: la cosa deriva dall’isolamento linguistico rispetto alle altre comunità di lingua slava e dall’inserimento delle loro terre dapprima nella Repubblica di Venezia e poi fin dal 1866 nel Regno d’Italia.

    Di fatto, per molti secoli i resiani hanno fatto i conti con una realtà “italianizzante”, che pur non estinguendo la loro lingua ha impedito in questa valle il percorso d’autoidentificazione ed emancipazione dei vicini popoli sloveni, avvenuto nel XIX secolo.

    L.

  24. maja ha detto:

    Boh, Luigi, ci sono anche resiani con tanto di circoli culturali che si considerano parte integrante della nazione-popolo-etnia-o come preferisci chiamarla-slovena. Basta farsi un giro su google per scoprirlo.

    E comunque non credo che parlando di Provincia di Udine, Brezigar si riferisse solo alla Val di Resia.

    Non vedo poi dove stia il problema. Chiunque abbia letto la legge di tutela sa che non impone nulla a chicchessia, offre solo delle opportunità (e soldi) a chi ritiene di far parte della comunità. Siano poi i diretti interessati a decidere se vogliono approfittarne o meno.

  25. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ maja

    Vero quello che dici, ma se fosse così semplice i resiani (o almeno una gran parte di essi) non avrebbero fatto quel casino che hanno fatto.

    Quando Brezigar dice che “si vuole negare a certi gruppi di lingua slovena la loro appartenenza al gruppo minoritario, dicendo che la loro lingua è un’altra cosa dallo sloveno”, egli si riferisce a quegli abitanti della Slavia Friulana che pur parlando una lingua di ceppo slavo non si riconoscono fra gli sloveni.

    Esistono varie associazioni locali che affermano quanto sopra, riunite in buona parte nella “Lega della Slavia Friulana” (altro che “italiani nazionalisti”!).

    Ecco qua che dicono: http://www.legaslaviafriulana.org/legge482.htm

    L.

  26. maja ha detto:

    L. 38/2001, art.4

    Le misure di tutela della minoranza slovena previste dalla presente legge si applicano (…) nel territorio in cui la minoranza è tradizionalmente presente. In tale territorio sono considerati inclusi i comuni o le frazioni di essi indicati in una tabella predisposta, su richiesta di almeno il 15 per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali o su proposta di un terzo dei consiglieri dei comuni interessati (…).

    Il comune in cui abiti è stato inserito nella tabella? Se sì, la legge nel tuo comune si applica.
    Punto.

    Non fai parte del 15% dei tuoi concittadini che hanno richiesto di essere inseriti nella tabella oppure non hai votato per i consiglieri comunali che lo hanno fatto al posto loro? Pazienza.
    Tu continua a parlare e a valorizzare il tuo dialetto (che secondo te non appartiene al sistema linguistico sloveno) e lascia che gli altri facciano altrettanto con la lingua standard.

  27. marisa ha detto:

    LUIGI sta come al solito presentando solo quanto fa comodo alla sua tesi, dimenticando tutto il resto. Ossia le tante associazioni che hanno operato e continuano ad aperare a Resia, insegnando a scuola il dialetto resiano e non la lingua slovena. Sono loro che hanno tutelato per decenni questo dialetto sloveno assieme alla cultura dei resiani. Poi è apparso il nazionalismo italiano fomentando nei resiani la paura della slovenizzazione della valle.
    Comunque, tanto per fare un po’ di chiarezza su cosa sta succedendo in questa piccola valle alpina dopo la elezione a sindaco di Sergio Chinese, copio e incollo una testimonianza molto significativa che ho trovato sul “Novi Matajur – 3.12.2009”- Spero basti per far capire la “bufera” in cui oggi si trova a vivere questo minuscolo angolo della nostra regione.
    Una bufera che rischia di far sparire per sempre il dialetto resiano.
    ——————–
    TESTO INCOLLATO DAL “NOVI MATAJUR” DEL 3.12.2009:

    Venerdi, 27 novembre alle 20, a Prato di Resia si e tenuto il consiglio comunale. Il punto 5 dell’ordine del giorno prevedeva l’adozione di una “grafia ufficiale” del Comune di Resia. Ma che trovata è questa? Penso io. Una “grafia ufficiale” del resiano esiste gia! Ti prendi l’ormai nota a tutti “Ortografia resiana – To jooet rozajanske pisanje” del professor Han Steenwijk, presentata nella Sala consiliare del Comune di Resia il 14 agosto 2005, te la studi e con un po’ di buona volonta impari a scrivere in resiano!
    Ma allora, se è tutto così tremendamente semplice, a cosa serve quel punto 5 dell’ordine del giorno? Vediamo come sono andate le cose. Su istanza di diversi scrittori dialettali resiani gia nel 1980 fu indetta una “Conferenza sui problemi di una ortografia pratica del resiano” che si svolse a Prato di Resia nei giorni del 21, 22 e 23 agosto. Il convegno aprì il dibattito sulle possibili soluzioni da adottare per scrivere il dialetto resiano. La svolta decisiva giunse nel 1991 grazie alla conferenza internazionale “Fondamenti per una grammatica pratica resina” svoltasi l’11, 12 e 13 dicembre sempre a Prato. Fu un evento eccezionale voluto ed organizzato dall’allora sindaco Luigi Paletti che coinvolse studiosi di fama internazionale quali sono Milko Mati@etov, Pavle Merku, Giovanni Rotta, Han Steenwijk e Willem Vermeer. Il risultato diretto e concreto di quella straordinaria conferenza fu proprio il volume “Ortografia resiana – To jooet rozajanske pisanje” di Han Steenwijk. Nel settembre 2009 l’attuale sindaco Sergio Chinese invitava alcune associazioni operanti sul territorio ad individuare una persona che ne avesse la titolarità al fine di formare una commissione con il compito di modificare la “grafia ufficiale” del Comune di Resia. Non si specificava però quali titoli dovesse presentare il portavoce dell’associazione! Il circolo culturale Rozajanski dum, l’Associazione culturale Museo della gente della Val Resia, la Pro Loco nonchè il Gruppo folcloristico “Val Resia” scrivevano al sindaco facendogli notare che una ortografia
    resiana esiste già ed è frutto di un lungo lavoro scientifico portato a termine dai migliori studiosi. Si faceva anche notare che la grafia proposta è ormai usata normalmente tra le persone che scrivono in resiano e che sono stati realizzati libri, opuscoli, pubblicazioni facendo sempre riferimento a quella ortografia. Si sottolineava che anche la cartellonistica in resiano era stata realizzata con la collaborazione di due studiosi, Steenwijk e Dapit. Con queste considerazioni si portava in evidenza l’abissale distanza tra il metodo scientifico adottato precedentemente per giungere alla pubblicazione dell’Ortografia resiana e quello “casalingo” scelto dal sindaco per apporvi dei cambiamenti. Nonostante queste note sul metodo, il sindaco andava avanti con l’iniziativa che si concludeva con la seguente proposta di “grafia ufficiale”: si piazza una z al posto della attuale c (es: naco, misac) per il suono che corrisponde alla pronuncia delle z e zz italiane come nella parola “bizzarro” e s’impianta una simpatica S’ al posto della attuale z (es.: zec, miza) per il suono corrispondente alla s italiana come nella parola “miseria”. Venerdi 27, dunque, si arriva alla riunione del consiglio con il già citato punto all’ordine del giorno. Il primo cittadino, nell’occasione, tentava di spiegare la scelta, sostenendo che questi cambiamenti avrebbero assicurato l’unicità del resiano. L’assessore alla cultura Cristina Buttolo, chiamata in causa, aggiungeva che oggi si è abituati a pensare in italiano, perchè la scuola insegna, quasi esclusivamente, questa lingua. E, in italiano, le lettere c e z si leggono in maniera totalmente diversa da quella proposta in precedenza per il dialetto resiano: perciò la maggioranza dei resiani fa tanta fatica a capire, a scrivere e leggere quella “c”. Con le correzioni proposte al lavoro dello studioso Steenwijk, chiariva l’Assessore, si vorrebbe avvicinare la popolazione alla scrittura del dialetto, facendola sentire piu propria. “Che strano”, penso tra me e me: “da un lato il sindaco sostiene che questi cambiamenti valorizzino l’unicità del resiano, al contrario, l’assessore alla cultura ritiene che gli stessi siano adatti perchè rendono i segni dell’ortografia del dialetto praticamente uguali a quelli dell’ortografia italiana!” .I rappresentanti della lista “Un Futuro per Resia” sottolineavano che il problema non è la lettera “c”. La proposta di ortografia resiana fatta da Steenwijk e già adottata dal Comune da anni è valida, ma come succede per ogni ortografia, anche questa va studiata ed imparata, anche da coloro che parlano perfettamente il resiano. Si impara a parlare la lingua materna quasi inconsciamente, come fosse un gioco, ma alla padronanza della sua lettura e scrittura si arriva solo con impegno. Non serve una diversa grafia, soprattutto se inventata in modo casalingo, da chi non ha le conoscenze e competenze per farlo. Per i rappresentanti dell’opposizione è piu ragionevole insegnare l’ortografia già esistente ai bambini delle elementari ed agli adulti interessati in appositi corsi.
    Secondo il consigliere Di Floriano se la popolazione è divisa, non e a causa della “c”, ma di un clima politico pesante creato ad arte dalla lista vincente alle elezioni contro i cosiddetti “filosloveni”. L’assessore alla cultura replicava alle critiche sostenendo che l’obiettivo delle correzioni è quello di colmare il solco tra la grafia e la popolazione, e quello di unire e non di dividere: “Siamo tutti resiani, diamoci una pacca sulla spalla e vogliamoci bene”. Assicurava inoltre che gli unici cambiamenti avrebbero riguardato l’ortografia. Secondo l’assessore per questi cambiamenti non c’e bisogno di nessun linguista. Null’altro sarebbe stato cambiato. Si andava al voto. Punto 5 approvato con due voti contrari. Beh, speriamo almeno che si
    mantenga la promessa: null’altro sarà cambiato! Gia m’immaginavo proposte per togliere l’h dall’alfabeto italiano negli scritti ufficiali del Comune di Resia. Pare sia una lettera un po’ troppo filoslovena. Per esempio, ci si potrebbe inventare un io o (al posto di: io ho), tu ai, egli a, etc…
    Tanto che ci vuole? Non di certo linguisti e studiosi! Bastano una riunione tra compaesani, un punto 5 del consiglio comunale e due ingredienti magici: una pacca sulla spalla e un ‘volemose bene’!
    I. C.
    (Novi Matjur, 3.12. 2009
    —————-

  28. Sara Matijacic ha detto:

    penso che questa dichiarazione sia molto importante e significhi un bel passo in avanti: ” “Non vogliamo imporre la lingua ufficiale slovena, ma valorizzare le parlate locali, tra cui i dialetti della lingua slovena”. “

  29. Luigi (veneziano) ha detto:

    Cara marisa, io contesto totalmente quanto da te affermato. Come al solito, sembra che ci sia un popolo che si fa prendere per i fondelli dal “nazionalismo italiano”.

    Una volta sono i friulani che si fanno fregare, questa volta sarebbero i resiani.

    In pratica, tu continui ad affermare che friulani e resiani sarebbero degli idioti, dei buoi in transumanza. Arriva il pastorello nazionalista italiano colla sua bacchettina e li porta di qua e di là a suo piacimento.

    Una ricostruzione da macchietta.

    La domanda era: chi sono questi cui fa riferimento Brezigar? Chi sono questi che affermano di non considerarsi sloveni?

    L’unica risposta corretta è: ampie parti delle stesse popolazioni interessate. Ho citato ampiamente siti e documenti, scritti da queste stesse persone. Ho ricordato che una delegazione della Val Resia – nominata e capeggiata dagli stessi amministratori pubblici, eletti dai loro concittadini – è andata da Tondo a dire di sì alla tutela della loro lingua, rifiutando lo sloveno.

    Tutti questi sono fatti.

    Le tue invece sono sempre le solite teorie complottarde.

    E questi fatti sono rafforzati proprio da ciò che dice maja: per avere la tutela è necessaria una richiesta ufficiale.

    La richiesta ufficiale è stata fatta dal comune di Resia, che però richiede espressamente NON di tutelare lo sloveno, ma di tutelare il dialetto resiano.

    E adesso un brano di documento tratto fra quelli dell’Associazione “Identità e Tutela Val Resia”:

    “mai gli slavi che vivono in provincia di Udine potranno essere qualificati sloveni anche se una legge mendace, senza alcuna verifica fra i diretti interessati sul territorio, emanata come ultimo colpo di coda di una bestia morente (il governo Prodi), ha voluto codificare a beneficio di una ben conosciuta ideologia che, quando colta in fallo, non esita a qualificare come fascisti o nazionalisti tutti quelli che non ne seguono la dottrina e le direttive”.

    Marisa: questi qui ti conoscono: ti hanno descritto perfettamente! Hanno descritto perfettamente quale sarebbe stata la tua reazione: non riuscendo a concepire null’altro che la tua ideologia pan-nazional-friulana, tu dai dei “nazionalisti” a tutti quanti, a destra e a manca. Paradossalmente, dai dei nazionalisti anche a quelli a nome dei quali tu pretenderesti di parlare: i resiani sarebbero per te fascisti e nazionalisti, perché (in gran parte) non vogliono considerarsi sloveni!

    In pratica, i resiani avrebbero addirittura eletto come sindaco un fascio-nazionalista italiano o uno che non riesce a pensare con la propria testa, avendola venduta ai fascio-nazionalisti italiani!

    L.

  30. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Sara

    Hai colto esattamente il punto: i resiani hanno accettato di ricadere sotto le previsioni previste dalla legge di tutela dello sloveno, motivando questa richiesta col fatto che in questa legge è previsto possano essere tutelati anche “i dialetti locali”. Quindi essi – a maggioranza, per il tramite dei loro rappresentanti – hanno chiesto che si svolgano corsi ed attività a tutela di questa loro parlata locale.

    I giornali della minoranza slovena – e il Novi Matajur è uno di questi – hanno fatto fuoco e fiamme, ma la cosa francamente non sposta di un millimetro la questione.

    Come poi si è letto sopra, addirittura oggi i cartelli in lingua resiana e la lingua resiana nel suo complesso hanno adottato localmente una grafia diversa rispetto a quella dello sloveno standard, rendendola più simile (nella lettura dei segni) all’italiano standard. Anche questa decisione è stata presa a maggioranza quasi assoluta da parte del consiglio comunale di Resia, e quindi io proprio non capisco: questi qui sono tutti dei nazionalisti italiani, oppure la lettura interpretativa dev’essere un’altra, e cioè quella che io ho proposto, per cui i resiani hanno in buona parte maturato un’autocoscienza nazionale diversa rispetto a quella slovena?

    Ho anche già proposto un paragone: quello con i venetofnoni dell’Istria che si dichiarano croati. Come a dire che non è vero – o non è sempre vero – che ad una lingua corrisponda un’autoidentificazione nazionale.

    Che c’è di strano o di scandaloso in tutto ciò?

    L.

  31. sindelar ha detto:

    Domanda: ma se un giorno un qualsiasi professorone olandese (Steenwijk) venisse nel vostro quartiere, paese, villaggio e vi dicesse che da oggi tutte le ‘z’ si devono scrivere ‘c’, voi difensori del “local”, voi “radicati sul territorio”, cosa gli rispondereste? Accettereste perchè ‘alla padronanza della sua lettura e scrittura si arriva solo con impegno’?
    Io la mia risposta me la tengo per me, ma ve la lascio immaginare.

  32. Srečko ha detto:

    Luigi

    Affermi di essere un economista. Affermi di essere uno storico. Passi. Ora vorresti persino farti passare per un linguista. Ma da come scrivi qui sopra, dimostri solamente la propria ignoranza sull’argomento.

    Come gia’ sottolineato da altri, citi solo cio’ che ti fa comodo credere. L’informazione, per essere tale, deve essere completa.

    Attenzione! Stai prendendo delle cantonate. Affidati a dei linguisti veri, non al signore che qui sopra ha istituito il comitato di difesa di non si sa che.

  33. matteo ha detto:

    Gli abitanti di Resia l’hanno sempre sostenuto: «Noi non siamo friulani, non siamo sloveni, non siamo russi. Noi siamo resiani».
    http://valresia.splinder.com/post/22620698/resia-una-razza-unica-al-mondo

    quindi non hanno nessuna coscienza nazionale italiana, si sentono unici e di fatto lo sono secondo la mappatura genetica

    quindi la tesi della coscienza nazionale non sta in piedi

  34. matteo ha detto:

    loro rifiutano di definirsi sloveni perche di fatto non sono sloveni e di fatto non hanno mai avuto legami con gli sloveni, essendo sempre stata una valle chiusa

    rispettano venezia perche gli ha permesso di mantenere le leggi e la lingua, rifiutano l’italia perche ha promesso e non ha dato nulla

  35. asem ha detto:

    io mi trovo d’accordo con il post numero 20 di Julius Franzot.
    “Concentriamoci su pochi obiettivi,”–italiano DOC e sloveno DOC….poi a casa ognuno parli come vuole, sulla storia del isolamento del dialetto resiano luigi v. ha ragione ma però nel contempo anche in alcune zone dell’istria non viene parlato un’italino “perfetto” – e sono passati solo 60 anni dall'”isolamento”. Poi strumentalizzare politicamente anche un dialetto parlato da una minuscola vallata mi sembra un pò ecessivo.

  36. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Srecko

    Dubito d’aver scritto alcuna considerazione mia propria di tipo linguistico qui sopra. mi sono limitato a riportare pedissequamente ciò che il consiglio comunale di Resia ha deliberato, in merito alla lingua.

    Volendo approfondiere poi questo aspetto, rimando tutti alla lettura di questo articolo: http://147.162.119.1:8081/resianica/ita/zeta.do;jsessionid=1433481DC95BCBF8DA25683625CF2F2B

    Ho anche cercato di individuare un motivo per cui i resiani hanno una limitata autocoscienza nazionale slovena: secondo me ciò deriva dall’isolamento plurisecolare ch’essi hanno avuto, rispetto alle vicine comunità slovene. Di conseguenza, non hanno partecipato al fenomeno del cosiddetto “risorgimento sloveno” o del risveglio dell’autocoscienza nazionale slovena, rimanendo invece prevalentemente legati al proprio microcosmo.

    D’altro canto, non mi risulta d’aver scritto ch’essi si considerano italiani.

    L.

  37. effebi ha detto:

    35 e 20
    quindi che si fa ? chi decide per i resiani cosa devono imparare a scuola ? se la scelta è “solo” tra italiano doc e sloveno doc !? c’è già chi ha deciso !?

    e poi, viste certe teorie di alcuni: se il veneto è un dialetto sloveno …che si fa ? estendiamo lo “sloveno doc” fino al lago di garda ?

  38. sindelar ha detto:

    Direi di lasciare ai resiani ogni scelta su quali cartelli, consonanti, lingue locali insegnare ai figli a scuola.

  39. Mauro Franza ha detto:

    Non vedo il problema. I resiani non si sentono sloveni e quindi non voglio rientrare nella legge di tutela dello sloveno, ma ne vogliono una solo per il loro? OK, li tengano fuori.

  40. asem ha detto:

    37 effebi, che facciano ciò che vogliono….

  41. maja ha detto:

    Il problema è che sono già entrati, di propria libera scelta.

  42. effebi ha detto:

    ma se il problema non cè allora perche BB l’ha sollevato ?

  43. maja ha detto:

    Perchè BB si occupa di monitorare e di verificare lo stato di applicazione della legge.

  44. Sara Matijacic ha detto:

    concordo con Maja. BB, presidente del comitato paritetico, ha il compito di vigilare sull’effettiva applicazione della legge.

    Leggetevi questo articolo, scritto da tre ragazzi due dei quali appartengono alla minoranza slovena di Udine, sulla manifestazione a San Pietro del Natisone, dove cittadini di lingua italiana e slovena si SI SONO UNITI per manifestare in favore della scuola bilingue del luogo, unica nel suo genere nella regione. Insomma un esempio di buona prassi!
    https://bora.la/2010/06/28/si-mobilita-il-popolo-dell%E2%80%99istituto-bilingue-di-san-pietro-al-natisone/

  45. Srečko ha detto:

    Luigi

    Chiunque ha il diritto di sentirsi cio’ che vuole. Compresi i resiani. Sulla esistenza di lingue e dialetti, sulla loro appartenenza pero’ non decidono i consigli comunali, perche’ non ne hanno il titolo, ma i linguisti, esperti in materia.

    Il tuo continuo sottolineare il voto del cons. com. denota la non conoscenza della materia.

  46. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Srecko

    Da cui si ricava che non hai letto l’articolo del linguista olandese Hans Steenwijk da me postato.

    I signori del consiglio comunale di Resia non hanno fatto altro che adottare uno dei sistemi di scrittura proposti dai linguisti: guarda caso, quello che prevede un sistema di scrittura più simile all’italiano che allo sloveno, per quanto riguarda le zeta, le esse e via andare.

    E il prof. Steenwijk ha proposto allora una sorta di compromesso: scrivere “il segno z per indicare la sibilante sonora e il segno c per indicare l’affricata sorda”.

    Come si può agevolmente notare da queste discussioni, ogni sistema di scrittura non è altro che una convenzione.

    Ti è chiaro adesso il busillis, caro “conoscitore della materia” dei miei stivali?

    L.

  47. effebi ha detto:

    quindi quando BB dice “Non vogliamo imporre la lingua ufficiale slovena, ma valorizzare le parlate locali, tra cui i dialetti della lingua slovena” significa che -per esempio- per il resiano “vigilerà” affinchè questo venga valorizzato ? o no ? perchè poco prima si esprime in modo dverso: “si vuole negare a certi gruppi di lingua slovena la loro appartenenza al gruppo minoritario, dicendo che la loro lingua è un’altra cosa dallo sloveno”

  48. maja ha detto:

    prova a leggere meglio. dice la stessa cosa, prima e dopo.

  49. matteo ha detto:

    non centra un tubo se hanno usato l’alfabeto italiano e non quello sloveno

    non è una vincita per l’italia, loro sono resiani con una cultura e tradizioni da diffendere, sarebbe come dire che i friulani sono italiani

  50. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ effebi

    La cosa che a me colpisce è la scelta delle parole da parte di Brezigar: “si vuole negare a certi gruppi di lingua slovena la loro appartenenza al gruppo minoritario, dicendo che la loro lingua è un’altra cosa dallo sloveno”.

    Uno legge, non sa nulla della questione e ragiona come Marisa: gli italiani – fascionazionalisti – non vogliono riconoscere questa cosa, e questi poveri gruppi di lingua slovena soffrono sotto il tallone del nazionalismo.

    Poi ti informi meglio e scopri che è la maggioranza stessa di questi “gruppi di lingua slovena”, che non vogliono riconoscersi nel gruppo minoritario!

    Io quindi direi che Brezigar dovrebbe essere più accorto, onde evitare di ingenerare delle false chiavi di lettura.

    L.

  51. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ matteo

    C’è forse qualcuno che ha scritto che è “una vincita per l’Italia”? Possibile che non si possa parlare di queste cose in modo tranquillo, senza scatenare le solite tiritere e i soliti sospetti?

    L.

  52. marisa ha detto:

    LUIGI, sei pietoso nel tuo continuo arrampicarti sugli specchi.
    Stai facendo dello orrende brutte figure. Lascia perdere, è meglio.

    Una cosa è lo Stato e la relativa cittadinanza, altro la nazionalità. E il segno fondamentale di una nazionalità è la lingua. Il dialetto resiano (in realtà sono tre) è un dialetto della lingua slovena. Questo è da decenni un dato incontrovertibile ormai assodato dai linguisti a livello internazionale. E qui si inserisce il nazionalismo italiano (che esiste ed è più che mai vivo e vegeto, purtroppo!) che contesta quanto per i linguisti è ormai un dato certo e si inventano teorie strane per il dialetto resiano (paleoslavo!)) : il fine ultimo è quello di contrapporsi ai linguisti e riuscire a far passare per via mediatica il LORO messaggio che il dialetto resiano non ha nulla a che spartire con la lingua slovena. Una plateale “balla” ! Ma tanto si sa che i nazionalisti non arrossiscono mai!

    Altro è la coscienza della propria storia e la coscienza di parlare un dialetto sloveno.

    Certo, c’è una carenza, nella coscienza popolare, di parlare un dialetto sloveno e proprio per questo c’è sempre stata una gran cautela nell’introdurre a scuola la lingua standard slovena preferendole l’insegnamento del dialetto resiano. Ovviamente per poterlo insegnare c’era la necessità di una grafia. Che da molti anni c’è ed era ed è accettata e usata da tutti i resiani. Ma è una grafia troppo “slovena” per gli italianissimi…che hanno assurdamente provveduto, con un delibera consiliare (SIC!), a modificarla per italianizzarla!
    Semplicemente pazzesco!

  53. matteo ha detto:

    no, i sospetti ci sono sempre, è l’odio della gente che fa vedere cose che non ci sono

    su questo giocano i soliti noti e per questo che trieste va a remengo

  54. Macia ha detto:

    Marisa: non è mica sempre vero che la lingua identifica la nazione. Gli svizzeri sono una nazione, eppure non hanno una lingua loro propria. Di contro, i ticinesi parlano italiano, senza sentirsi per questo italiani. O, come ha scritto Luigi – cui va tutta la mia stima – molti istriani parlano correntemente a casa dialetto veneto, senza dichiararsi italiani.
    Se i resiani parlano indiscutibilmente un idioma vicino allo sloveno, non per questo si devono sentire sloveni. Né necessariamente italiani, ovvio.

  55. effebi ha detto:

    trieste va a remengo per colpa del resiano !?
    mi sa che qui più che di odio si tratta di flicche…

    …il milione di euro in meno quali conseguenze avrà ? BB parla di 800 dipendenti per far intendere che ci saranno licenziamenti ? e il milione di euri è riferito a un totale che ammonta a quanto ?

    quindi (maja) BB tutelerà il resiano ? distinto dallo sloveno ? (per me non si è espresso chiaramente)

  56. Srečko ha detto:

    marisa

    Firmo il tuo post n. 52

    luigi

    Come detto da Marisa: a volte sei veramente pietoso nell’arrampicarti per gli specchi… E quando non hai argomenti, passi alle offese.

  57. sindelar ha detto:

    A volte mi rendo conto dell’assurdità del mondo in cui viviamo.
    Un bambino nato in una valle alpina va a scuola e impara la stessa lingua che probabilmente ha già imparato e parla a casa ma secondo codifiche stabilite da un altro tizio che non abita nemmeno nella stessa nazione in cui si trova la valle alpina.

  58. matteo ha detto:

    effebi sai che non parlavo del resiano ma di come vanno le cose, l’odio etnico permanente che vogliono mantenere i politici per raccattare voti e restare a galla

  59. ufo ha detto:

    Approvo (una volta tanto) il suggerimento luigino del post #36: non so cosa si volesse dimostrare nel suggerirlo, ma a chiunque parli lo sloveno diventa evidente che questa storia del ‘paleoslavo’ è una fesseria. Sugli 80 esempi di vocaboli resiani citati dal Steenwijk (tolti i toponimi e dato atto che alcuni sono ripetuti), a pronunciarli ben 64 sono indistinguibili dal loro corrispettivo in sloveno o, in un paio di casi, nella sua variante dialettale in uso dall’Istria all’alto Isonzo. Per confronto, otto termini sono chiaramente derivati dalla lingua di Dante e due altri dal friulano, mentre solo quattro di essi suonano autoctoni.

    D’altro canto non è che occorrano fior di linguisti per appurarlo: se lo sloveno letterario moderno potrebbe essere poco digeribile per un resiano, basta usare la parlata carsolina e non ci sono più problemi di comunicazione (come so per esperienza presonale). Qualunque sia stata la motivazione per l’adozione di quella grafia strampalata, con più improbabili w e lettere accentate che virgole, non era certo per fattori linguistici.

    Caro Luigi, forse dovresti tu essere più accorto prima di profferire. É risaputo ormai che tu, pur essendo svantaggiato dal punto di vista delle lingue, insisti a far finta che tutto quel che val la pena di consultare sia scritto in italiano. In questo caso particolare sei fortunato: ti invito pertanto a leggerti “Gli anni bui della Slavia” di don Marino Qualizza e don Natalino Zuanella (Soc. coop. editrice Dom, Cividale 1996 – http://www.dom.it/scheda_10.html). Potra forse aiutarti a comprendere perché per molti è una scelta del tutto prudente e ragionevole dichiararsi italianissimi, paleoslavi, russi o marziani – tutto men che sloveni. É una storia di morti ammazzati, non quando c’era Lui, ma nel nostro democratico dopoguerra; la strategia dei nazionalisti del luogo era quella del ‘colpirne uno per educarne cento’, ed ha funzionato (grazie anche alla certezza dell’impunità).

  60. matteo ha detto:

    sindelar, si puo dire anche per gli istriani rimasti? la lingua è diversa dal italiano

  61. sindelar ha detto:

    matteo io mi riferivo all’olandese volante che si permette di insegnare ai resiani la loro lingua. Non so a cosa tu ti riferisca, fatto sta che questa è l’ennesima situazione che dimostra come sia cambiato il mondo in meno di un secolo. I paesetti con la loro parlata caratteristica formatasi in barba alle Nazioni e agli Stati nel corso di secoli e millenni, rischiano di essere travolti da tutto e da tutti. Io credo che al giorni nostri la strada per la salvaguardia le piccole comunità debbano trovarsela da sole e respingere ogni forma di omologazione imposta dall’esterno, soprattutto quando essa viene presentata come salvifica delle loro peculiarità. Nel 99% dei casi queste ‘elemosine’ protezionistiche sono soltanto pretesti politici per le due solite facce della moneta che già troppi danni hanno portato nel recente passato.

  62. marisa ha detto:

    MACIA – la Svizzera è un Stato Federale PLURINAZIONALE e plurilingue (QUATTRO lingue!). E tra queste lingue c’è anche una lingua cugina stretta della lingua Friulana! Pensa un po’, il ladino svizzero (parente molto stretto della lingua friulana) è una lingua ufficiale della Svizzera…..

  63. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ marisa, Srecko e ufo

    Ricapitolando: Marisa afferma che la lingua è il segno fondamentale di una nazionalità Ebbene: questo assunto è vecchio come Matusalemme, nel senso che venne fatto proprio in un congresso di linguisti tenutosi a San Pietroburgo nell’ultimo quarto del 1800. Sulla base di tale assunto, nell’Impero A/U i censimenti a partire dal 1880 richiesero al censito di dichiarare la propria LINGUA D’USO, ipotizzando che se uno sloveno diceva “sloveno” allora la sua nazionalità era “slovena” e così via.

    Da circa sessant’anni, tale assunto è dimostrato essere FALSO. Per esempio: Nelida Milani, la più famosa studiosa del linguagigo e pedagoga della minoranza italiana nell’Istria croata, ha scritto un interessantissimo studio che dimostra come in Istria esistono migliaia di persone che NON HANNO una lingua d’uso preferita, utilizzando varie lingue diverse a seconda del contesto. Addirittura, Milani dimostra l’esistenza in Istria anche di una particolare forma di “neolinga”, formata da vocaboli di due, tre o anche più idiomi contemporaneamente! Quindi – conclude la studiosa di Pola – l’autoidentificazione nazionale per gli istriani è un percorso che prende altre vie, differenti dalla semplice equivalenza “lingua = nazionalità”.

    Venendo a noi, tu continui a ululare contro gli “itlaianissimi”. Oltre a ciò, praticamente dai degli idioti manipolati a quei resiani che non vogliono proprio adattarsi ai tuoi pre-giudizi.

    Infine, affermi addirittura che esisterebbe UNA grafia, utilizzata da tutti i resiani. Ebbene: proprio lo studio di quel professore olandese da me indicato afferma esattamente l’opposto: esistono DUE grafie del resiano, e una delle due addirittura si sdoppia per arrivare a DUE/TRE grafie diverse. Il benedettissimo consiglio comunale di Resia ha votato per scegliere UNA di queste DUE/TRE grafie diverse.

    Fatti un nodo al fazzoletto e ricordati quanto ho appena scritto.

    A Srecko non devo dire nulla, se non invitarlo a leggere i documenti provenienti dai vari siti preparati dagli stessi resiani (italianissimi, secondo marisa!!!).

    Per quanto invece ha scritto ufo, io lo invito a rileggere ciò che ho già scritto. Capisco che lui – come altri qua dentro – abbia il “morbin” addosso e salti su non appena gli si toccano certe verità “sacrali” che stanno dentro la loro testa, ma per Dio: quando mai io ho negato le violenze assimilatrici del fascismo nei confronti dei resiani? Quando mai ho negato le violenze più sottili di coloro i quali (spessissimo però abitanti della stessa val di Resia!!!) anche nel dopoguerra volevano dirsi “italiani”, e volevano convincere i propri compaesani di esserlo?

    Tanto per continuare il paragone, è la stessa identica cosa accaduta in Croazia e in Slovenia nel corso del dopoguerra: una sottile ma continua politica assimilatrice, che ha portato gli italiani della minoranza ad essere in numero sempre minore.

    Concludo ritornando al punto iniziale: oggi in Slovenia e in Croazia il numero di coloro i quali indicano come propria lingua materna l’italiano è SUPERIORE al numero di quelli che si dichiarano di NAZIONALITA’ italiana. Il che significa che c’è un certo numero di istriani di madrelingua italiana, che in realtà si autodefiniscono “sloveni” o “croati”. ERGO: non sempre la lingua è sinonimo di “nazionalità”.

    Per cortesia, commentate – se lo volete – ciò che sta scritto, invece di continuare a dar voce ai vostri personali fantasmi.

    L.

  64. maja ha detto:

    effebi

    Non sta a Brezigar decidere chi e come tutelare.
    Il suo compito è vigilare sull’applicazione della legge, in base alla quale il resiano puo’ (anzi deve) essere tutelato in quanto variante locale/dialettale della lingua slovena.

    Se vuoi saperne di più, leggiti la legge 38/2001.

  65. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ marisa 62

    Che mi dici allora dell’Irlanda, dove la grandissima maggioranza delle persone parla l’inglese? Evidentemente, queste qui sono inglesi, giusto?

    E i canadesi, che vogliamo dire dei canadesi? Uno stato con due lingue e due nazionalità, anche qui? E se sì, quali sono queste due nazionalità? Una l’inglese e l’altra francese? E quindi i canadesi sono in parte inglesi e in parte francesi?

    E gli statunitensi che parlano spagnolo, che oramai è l’unica lingua per oltre 25 milioni di persone che non sanno nemmeno spiccicare due acche in inglese? Questi che sono?

    L.

  66. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    il resiano “paloslavo” LMAO allora lo sloveno non e’ mai cambiato da 1600 anni a questa parte.

    poi, improvvisamente saltano fuori grafie che strizzano l’occho all’italiano. guardacaso nello stesso arco temporale descritto nel libro “gli anni bui della slavia”. e il buon luigi che da buon burocrate ci mette sopra il nullaosta.delitto perfetto.

    ROTFL

    perche non scrivete il libro: come creare i nuovi italiani?

  67. matteo ha detto:

    e la teoria della continuita? gia che siamo nel campo linguistico non si puo non prenderla in cosniderazione

    la teoria non è accettata ma interessante

    sinedler concordo

    i padani allora?

  68. Liborio ha detto:

    “La strada per la piena applicazione della legge per la tutela della minoranza slovena è ancora lunga.”

    Mai quanto quella della minoranza italiana in slovenia.

  69. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ ng (mediamente provocatorio)

    Io non metto il nulla osta su niente o nessuno. Mi limito a registrare e riportare ciò che trovo scritto.

    Vogliamo dire che i resiani sono stati violentati nella loro storia e nella loro identità?

    Vogliamo dire che la grafia resiana – proposta da un resiano e votata dal consiglio comunale di Resia – in realtà è la prova del “delitto perfetto”, e cioè la prova di come si fa ad italianizzare in un modo o nell’altro genti di queste terre?

    Benissimo: ciò non cambia i termini della questione attuale, che è la seguente: Brezigar afferma che ci sono alcuni che non vogliono riconoscere l’appartenenza di alcune comunità di parlata slava alla minoranza linguistica slovena.

    Io ho semplicemente notato che non sono “gli italianissimi” ad aver fatto tutto ciò, anche perché siamo agli estremi confini d’Italia, in una zona che – volenti o nolenti – agli “italiani” di là del Tagliamento interessa ZERO VIA ZERO.

    La legge c’è, viene applicata in regione da persone della regione. E’ una questione locale, e sono i “locali” (una loro parte) a non volersi considerare sloveni.

    Il perché e il percome di questo fatto è un altro argomento, ma non sarebbe male intanto registrare questa semplicissima verità.

    L.

  70. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    ok, detta cosi’ e almeno inelettualmente onesta. ma asserire che il resiano non e’ un dialetto sloveno ma un fantomatico dinosauro paleoslavo, una nessie linguistica, e’ ridicolo.

  71. Liborio ha detto:

    A proposito del resiano tempo fa c’è andata Radio Capodistria a sondare questo fatto. E uno si è rivolto in sloveno ad un’abitante con un dober dan e quello gli ha detto se aveva il mal di denti. E allora quello in italiano gli ha detto se capiva o parlava lo sloveno ed è stato clamorosamente smentito. Nessuno a Resia comprende lo sloveno.

  72. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ ng (mediamente provocatorio)

    D’accordissimo: resta il fatto che anche questa storia del “paleoslavo” in realtà si è sviluppato vieppiù in proprio in loco, e non in fantomatiche centrali di arciitaliani trinariciuti.

    Tanto che nel 2000 i quindici consigli comunali della provincia di Udine interessati – nessuno escluso – avevano chiesto non la tutela della LINGUA SLOVENA, bensì espressamente la tutela della PARLATA O IDIOMA LOCALE indicato come “di origine slovena”. Nessuna delle 15 richieste faceva cenno alla presenza di una minoranza slovena nel proprio territorio comunale.

    Questo – sia chiaro – non significa che io ritenga che non ci sono sloveni nella provincia di Udine, ma semplicemente che dieci anni fa QUESTA era la presa di posizione dei consigli comunali dei comuni interessati.

    La battaglia legislativa fra “slovenofoni” e “slavofoni” è stata combattuta to-tal-men-te a livello locale: da una parte (quella degli “slavofoni”) le associazioni culturali locali, dall’altra (quella degli “slovenofoni”) il “Novi Matajur”, “Slovit”, “Vita cattolica” e il “Dom”.

    L.

  73. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    iborio, anche tu sei un esperto di sloveno, vedo. prova a parlare in sloveno carsico in prlekija(si’ lo so, per te inarrivabile, non ti sforzare), sarai illuminato d’immenso.

  74. Liborio ha detto:

    ti posso parlare sardo e poco. Al tempo dell’inglese,del tedesco,del francese parliamo il carsolino piuttosto che il gallurese. ehhhhh E’ tutto pretestuoso. Questo è il nocciolo del problema.

  75. effebi ha detto:

    64 maja amica mia…

    “Non vogliamo imporre la lingua ufficiale slovena, ma valorizzare le parlate locali, tra cui i dialetti della lingua slovena”.

    da cui si intende che “NOI” possiamo imporre o non imporre, possiamo valorizzare o non valorizzare

    nelle sue affermazioni (in generale) BB è contraddittorio ma se per te non è così chiariscimi per cortesia la sua opinione rispetto il resiano (per esempio)

  76. matteo ha detto:

    uuu nessuno in resia comprende lo sloveno, ma come mai? forse perche parlano resiano e sono resiani?

  77. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    luigi, si’ il discorso va contestualizzato nella libera scelta dell’apartenenza nazionale. so benissimo che esistono bizzari casi di persone che dichiarano un appartenenza nazionale diversa dalla propria lingua madre, figuriamoci varie altre fenomenologie similari. tutti liberi di dirsi quello che vogliono, anche marziani viola con sfumature slovenoresiane, ma la lingua resta quella. l’italiano resta l’italiano, il dialetto istroveneto resta il dialetto istroveneto ed il resiano resta un dialetto sloveno. battaglie o non battaglie.

  78. chinaski ha detto:

    cio’ mulli di cossa state ciaccolando? 😀

  79. matteo ha detto:

    l’imposizione puo avvenire anche da altre parti, mica solo quelle minoritarie impongono, direi che le maggioranze impongono, gl’altri soffrono le imposizioni

  80. Liborio ha detto:

    @matteo

    parla con quelli di radio capodistria che sono andati a Resia e fecero come i pifferi di montagna. Mi sembra che ci andò Lusa. Telefonagli e fattelo raccontare.

  81. matteo ha detto:

    boh che centra, nel 1920 dichiaravano che parlavano 100% italiano dapertutto in friuli, senza contare che il friulano è una lingua a se stante

  82. Liborio ha detto:

    il furlan è un dialetto italiano come il gallurese. Scommetti che se ti scrivo in gallurese(che ho dimenticato) non capisci un’ acca? Comunque mica è un lingua! In Sardegna ci sono quelli che ragionano come te,ma contano pochino.

  83. marisa ha detto:

    Mamma mia LUIGI, ma non ti stanchi mai?

    Mai come in questa occasione hai detto tutto e il contrario di tutto, arrampicandoti su uno specchio tirato a cera….

    Rilassati, conta fino a dieci e lasciare perdere questo Post. Ti sei già sputtanato a sufficienza.

  84. Liborio ha detto:

    @matteo

    ti dico di più. Se vado in Corsica capisco tutto tutto tutto perchè il gallurese è il corso. Se vado a Cagliari abbastanza meno….allora sono corso??? E il corso cosa è? Un dialetto francese? Diglielo così non torni a casa….hi hi hi

  85. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    liborio, il senso era che in slovenia, per vicessitudini storiche e ragioni morfologiche esistono dialetti che fra di loro possono risultare incomprensibili.

  86. matteo ha detto:

    sbagliato, il friulano è una lingua e come lingua ha la sua grammatica

    Lo stato italiano ha riconosciuto la minoranza friulana soltanto con la recente legge 482/1999; questo ha permesso l’attivazione ufficiale dell’insegnamento della lingua friulana nelle scuole.
    Si applicano al friulano l’art. 6 della Costituzione (La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche) e la Legge n. 482 del 15 dicembre 1999 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” che prevede misure di tutela e valorizzazione (uso della lingua minoritaria nelle scuole materne, primarie e secondarie accanto alla lingua italiana, uso da parte degli organi di Comuni, Comunità Montane, Province e Regione, pubblicazione di atti nella lingua minoritaria fermo restando l’esclusivo valore legale della versione italiana, uso orale e scritto nelle pubbliche amministrazioni escluse forze armate e di polizia, adozione di toponimi aggiuntivi nella lingua minoritaria, ripristino su richiesta di nomi e cognomi nella forma originaria, convenzioni per il servizio pubblico radiotelevisivo) in ambiti definiti dai Consigli Provinciali su richiesta del 15% dei cittadini dei comuni interessati o di 1/3 dei consiglieri comunali.
    La bozza di atto di ratifica della Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie del Consiglio d’Europa del 5 novembre 1992 (già sottoscritta dalla Repubblica Italiana il 27 giugno 2000) attualmente all’esame del Senato prevede, senza escludere l’uso della lingua italiana, misure aggiuntive per la tutela della lingua friulana (istruzione prescolare in friulano, educazione primaria e secondaria agli allievi che lo richiedano, insegnamento della storia e della cultura, formazione degli insegnanti, diritto di esprimersi in lingua nelle procedure penali e civili senza spese aggiuntive, consentire l’esibizione di documenti e prove in lingua nelle procedure civili, uso da negli uffici statali parte dei funzionari in contatto con il pubblico e possibilità di presentare domande in lingua, uso nell’amministrazione locale e regionale con possibilità di presentare domande orali e scritte in lingua, pubblicazione di documenti ufficiali in lingua, formazione dei funzionari pubblici, uso congiunto della toponomastica nella lingua minoritaria e adozione dei cognomi in lingua, programmazioni radiotelevisive regolari nella lingua minoritaria, segnalazioni di sicurezza anche in lingua, promozione della cooperazione transfrontaliera tra amministrazioni in cui si parli la stessa lingua anche in forme simili). Le forme di tutela previste per la lingua friulana sono uguali a quelle applicabili al sardo e comunque in generale a tutte le minoranze linguistiche storiche presenti in Italia (albanesi, catalani, greci, croati, franco-provenzali e occitani), ma notevolmente inferiori a quelle assicurate per la lingua tedesca in Alto Adige, al francese in Valle d’Aosta e alle minoranze slovene e ladine.
    Il friulano viene inoltre studiato nelle università di Udine, Trieste, Praga, Mosca e Lubiana.
    http://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_friulana

  87. Macia ha detto:

    Desidero rispondere a Marisa sugli svizzeri.
    La Svizzera è si un Paese federale, ma gli svizzeri, che pure parlano quattro diverse lingue, si definiscono nazione. Una nazione infatti non trova le sue radici soltanto nella lingua, ma in un più ampio spettro di tradizioni, storia comune, simboli, ecc. Da sette secoli gli svizzeri si sono costituiti nazione, pur parlando lingue diverse. Ma non si considerano né tedeschi, né francesi, né italiani.
    D’altronde gli austriaci sono austriaci, non tedeschi e, come ricordava Luigi, gli statunitensi si ritengono americani, non inglesi, e così avanti. Alla base della nazione americana non c’è ovviamente la lingua, ma un patto civico e, ormai, una storia.
    Far passare l’equazione per cui i parlanti una lingua sono de facto inclusi in una nazione, è un atto assimilatorio di stampo quasi fascista.

  88. matteo ha detto:

    io non ho detto che i resiani sono sloveni, anzi la loro particolarita sta nel fatto che non lo sono, e ripeto anche che i friulani non sono italiani, data la loro lingua friulana sono fiulani

  89. marisa ha detto:

    LIBORIO, la non comprensibilità non è un metro valido. I linguisti analizzano la lingua sul piano della sintassi, della morfologia, ecc. e poi la confrontano con le altre lingue, per classificarla.

    Se una lingua forma il plurale aggiungendo una “S” al singolare (come la lingua friulana o l’occitano o il ladino dolomitico o il romancio svizzero)….è un po’ difficile ritenerla un dialetto dell’italiano. O no?

    E lo sai che la lingua friulana, sotto molti aspetti morfologici e di sintassi, è più vicino alla lingua inglese che all’italiano? Pensa un po’ tu….

    Non parliamo poi se raffronti la lingua friulana alla lingua francese, al castigliano o al catalano…tutte lingue che, a differenza dell’italiano, formano il plurale aggiungendo una “S” al singolare….

    Si chiama “classificazione delle lingue” …

  90. sindelar ha detto:

    Scommettiamo che se scrivo in spagnolo lo capisce la maggior parte dei cabrones qui presenti?

  91. matteo ha detto:

    addirittura fascista, eppure anche i comunisti lo hanno usato a volte

  92. Diego Manna ha detto:

    La discussione sta degenerando. O si abbassano i toni, o devo chiudere anche questa.

  93. marisa ha detto:

    MACIA, io ho scritto che la lingua è l’elemento principale che individua una nazione. Poi se tu mi tiri fuori le eccezioni a questa regola…o i plurilingui…se mia nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata una carriola!

    E lascia perdere il fascismo assimilatore che non rispettava chi non parlava nella lingua di Dante e cancellava anche dai cimiteri le scritte non italiche. Non c’entra proprio nulla con il principio per cui dietro a ogni lingua c’è un mondo e una realtà nazionalitaria. Poi una persona può essere bilingue ed essere così fortunata di possedere due mondi….

  94. Liborio ha detto:

    Nei paesi ex-comunisti tutte le minoranza furono assimilate. Prendiamo il caso ungherese dopo il Trianon(1920). Ma che cosa c’entrano i dialetti con le assimilazioni o con le lingue nazionali? Boh.

  95. chinaski ha detto:

    mia nonna mi ha raccontato che una volta e’ andata in francia. non sapeva una parola di francese. ma appena scesa dal treno, una signora le ha rivolto la parola e mia nonna ha pensato: osti, il francese assomiglia al furlan. allora ha risposto in furlan, e incredibilmente l’ altra signora la capiva. cosi’ le due hanno cominciato a chiacchierare. dopo un po’ pero’ e’ saltato fuori che l’ altra signora era di tricesimo.

  96. matteo ha detto:

    allora il resiano è un dialetto?

    anche il friulano?

  97. chinaski ha detto:

    il mio ultimo post era per sindelar #92

  98. Liborio ha detto:

    @matteo

    per me si. Aprite un referendum.
    Anche il corso e tutte le sue varianti sono dialetti italiani come l’istro-veneto,l’istrioto,il veneto da mar(dalmazia)

  99. matteo ha detto:

    l’italiano è nato dopo

  100. Liborio ha detto:

    ma l’italiano è l’evoluzione, la sintesi dei dialetti venuti dal latino trasformatosi in volgare. Certamente l’italiano è di diretta derivazione del fiorentino.

  101. jacum ha detto:

    me gav remenà co sto remitur vado a farme un toc

    orca ma come scrivo “c” de ciave ma senza vocale e chi legi legi c, ossia tch o xe mejo c’…

    oppure e se guanto el sciopo stchopo sc’opo schopo ….

    ghe chiederemo a qualche fassista.

  102. Liborio ha detto:

    mettiamo in chiaro che abusare della parola fascista ogni due minuti non fa onore alla vostra intelligenza. Ma lasciamo perdere l’assimilazione fascista o comunista sicuramente molto più pesante. (prendete le minoranze viventi in Russia e chiedetegli che diritti hanno o che ebbero in passato
    http://www.regione.taa.it/biblioteca/minoranze/Russia.aspx )

    ma vogliamo parlare della democraticissima Francia che non riconosce nessun tipo di minoranza o lingua minoritaria?? Altro che assimilatori!

  103. enrico maria milic ha detto:

    @ marisa

    la lingua è l’elemento principale che individua una nazione.

    questa è una visione ottocentesca che spero supereremo prima o poi in questi posti cioè nel Litorale e nell’Euroregione.

    una comunità (che tu chiami ‘nazione’, sob) si può riconoscere anche in una varietà di lingue ma soprattutto di valori e luoghi.

  104. Liborio ha detto:

    Enrico

    ti consiglio di imparare anche il gallurese perchè se ci incontreremo ti parlerò in questa lingua e tu mi parlerai in sloveno. Sarà necessario un’interprete ,ma dubito che esista. Bisogna maturare perchè la lingua unisce e con la lingua si diventa tutti amici. Quello che proponi tu è la costruzione di barriere e di piccole patrie in stile leghista. Ma ti dichiari progressista?

  105. ser Paolo ha detto:

    Ma i partecipanti a questo dibattito sanno che i linguisti non fanno distinzione tra lingue e dialetti? Si parla di strumenti di comunicazione e non si fanno gerarchie.

  106. Luigi (veneziano) ha detto:

    Insomma: Brezigar fa notare alcune cose. Le riassumo e segnalo il mio pensiero:

    1. La situazione attuale è molto migliorata. COMMENTO: prego tutti di prenderne nota, anche chi continua ad abbaiare alla luna del fascismo e del nazionalismo italiota, come un disco rotto. Siete rimasti indietro!

    2. Ci sono dei problemi in provincia di Udine. COMMENTO: i problemi derivano dalle prese di posizione delle popolazioni locali, che almeno in parte non vogliono essere considerate slovene.

    3. Il decreto Gelmini due scuole per la minoranza rischiano di dover chiudere. COMMENTO: La regione FVG ha potestà legislativa e risorse per metter mano alla questione. La maggioranza assoluta in consiglio regionale è costituita da furlani. Ergo: i furlani si diano una mossa!

    4. Mancano i soldi per le minoranze. COMMENTO: al di là che mancano i soldi per tutti quanti, io direi che questi soldi vanno trovati. Dallo stato o dalla regione.

    5. Manca ancora parecchia strada da fare. COMMENTO: non ho capito bene: quali sono gli altri problemi importanti, oltre a quelli indicati?

    L.

  107. marisa ha detto:

    SER PAOLO, e tu lo sai che esistono i sistemi linguistici? Così esiste il sistema linguistico della lingua italiana…di cui fanno parte le tantissime varianti della lingua italiana (che siano lingue o dialetti non fa alcuna differenza) e la lingua comune di riferimento così chiamata Italiano standard!

  108. marisa ha detto:

    ENRICO MARIA MILIC, nell’ottocento
    c’era il concetto STATO = NAZIONE !

    Che è altro rispetto a “LINGUA = NAZIONE” !

    Non per niente l’Europa riconosce e tutela le “minoranze nazionali” ( che possono essere CON e SENZA Stato). Come vedi “LINGUA = NAZIONE” è un concetto riconosciuto anche dall’Europa. Altro che concetto ottocentesco!

    Per la precisione, visto che non lo sai:

    “CONVENZIONE QUADRO PER LA PROTEZIONE DELLE MINORANZE NAZIONALI”- approvata dal CONSIGLIO D’EUROPA nel 1994, entrata in vigore nel 1998; ratificata da 32 stati membri, più due stati membri dal Caucaso. Tra gli stati membri che hanno ratificata la Convenzione c’è anche lo stato italiano. Per la precisione, per l’Europa, noi friulani siamo una “minoranza nazionale”!

    Altro è invece, e su questo sono d’accordo con te, la convivenza pacifica tra popolazioni di lingua ed etnia diversa. Covivenza che non può che nascere dal reciproco “riconoscimento” e rispetto.

  109. chinaski ha detto:

    marisa, ti segnalo questo articolo:

    “Barricarsi dietro una sola lingua? Idea nazista” di Tullio De Mauro (l’ Unita’, settembre 2009)

    😀

    (non incazzarti, ti sto solo prendendo un po’ per il culo)

  110. maja ha detto:

    effebi 76

    Uh, santa pazienza.

    Ripeto ancora una volta che sono stati i resiani a richiedere l’applicazione della legge.
    Se la legge di cui tu stesso chiedi l’applicazione si riferisce alla comunità slovena, poi non puoi pretendere di tutelare il navaho, ti pare?

    Questo dice Brezigar.
    Se, per esempio, in Regione c’è qualcuno che pretende di far passare nuove leggi a tutela del resiano, il natisoniano e il po našen (https://bora.la/2009/04/10/la-politica-regionale-si-muove-a-sostegno-delle-lingue-locali-tra-queste-il-triestino-e-il-tedesco/), noi, comitato paritetico, diciamo che queste parlate sono già tutelate in quanto varianti dialettali della lingua slovena (“si vuole negare a certi gruppi di lingua slovena la loro appartenenza al gruppo minoritario, dicendo che la loro lingua è un’altra cosa dallo sloveno”).

    Sappiamo anche che per una serie di motivi, nella provincia di Udine i parlanti le varianti locali dello sloveno spesso hanno scarsa famigliarità con la lingua standard, perciò diciamo a te, sindaco Pincopalino, che non hai ancora fatto installare la cartellonistica bilingue nel tuo comune, che per i nomi delle località sei libero di non rispettare le regole della lingua standard e di optare piuttosto per la variante locale, però quei cartelli li devi mettere, perchè così dice la legge e tu sei tenuto ad applicarla (“Non vogliamo imporre la lingua ufficiale slovena, ma valorizzare le parlate locali, tra cui i dialetti della lingua slovena” + “c’è ancora molta strada da fare per arrivare alla piena applicazione della legge”).

    E’ abbastanza chiaro, ora?

    Se hai altri dubbi, rinnovo il mio invito a leggerti la legge. Sta tutto lì, nero su bianco.

    Mandi.

  111. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ maja

    Possiamo anche aggiungere che alcuni chiedono che a scuola non sia insegnato lo sloveno standard, ma la variante locale.

    Questi “alcuni” sono in pratica la gran parte degli “slavofoni” (giacché essi con difficoltà si dicono “slovenofoni”, checché ne dicano i linguisti) della provincia di Udine. Io non sto dicendo che è giusto o sbagliato: è semplicemente così, tanto che a Resia – per fare un esempio – l’ultimo sindaco è stato eletto anche a seguito di varie polemiche su questi temi. Gli abitanti di Resia – che lo si voglia o no – hanno scelto a maggioranza di essere governati da uno che prima delle elezioni diceva: “Sapete una cosa? Noi non ci consideriamo sloveni e non vogliamo lo sloveno nelle scuole”.

    La cosa crea dei problemi, perché altri invece (una minoranza) vorrebbe che a scuola s’insegnasse invece lo sloveno standard.

    Alcune associazioni della minoranza slovena (non della provincia di Udine) hanno chiesto invece questo: che s’insegnasse lo sloveno, e di conseguenza la loro presa di posizione è stata vista da alcuni come un tentativo di “slovenizzazione” di genti che slovene non si sentono, pur parlando una lingua dello stesso identico ceppo.

    Da ciò alcuni indignatissimi qui dentro non ne fanno derivare un’accusa – per così dire – di nazionalismo culturale sloveno verso queste popolazioni che sentono questa cosa come un’imposizione, ma di nazionalismo italiano (!!!) verso quei cattivissimi italioti che da duecent’anni hanno fatto di tutto per cancellare l’identità nazionale (che non può essere che slovena, secondo le loro teste) di questi popoli.

    Io invece dico che questi abitanti delle valli orientali degli attuali confini italiani non hanno camminato nello stesso percorso dei propri vicini sloveni: in particolare non hanno partecipato al lungo periodo di autoidentificazione nazionale delle genti slovene, di conseguenza la loro identità nazionale non può essere così semplicemente etichettata.

    E – comunque la si voglia vedere – oggi non può essere imposta dall’alto.

    L.

  112. Srečko ha detto:

    Luigi

    Certo non hanno camminato la strada fatta dagli altri sloveni, lo sappiamo tutti, non occorre essere bravi storici, come lo sei tu!

    Qui pero’ ti chiedo: perche la loro strada e’ stata diversa? La risposta, da bravo storico, cercala in fatti come “Gladio”, XX anni dell’era fascista ecc. ecc. Mettici un po’ di impegno e scoprirai che al lavoro ci sono stati(?) molti personaggi al soldo di organizzazioni molto ma molto vicine a “certi” organi dello stato.

  113. marisa ha detto:

    LUIGI, era già chiarissimo da che parte stavi e quali idee hai fatto tue (quelle della associazione di cui è Presidente l’attuale sindaco di Resia, Sergio Chinese). Non è affatto vero che a Resia si sia tentato di imporre a scuola la lingua slovena standard. A scuola, così come sulla stampa delle associazioni culturali di Resia, si è sempre utilizzato il dialetto resiano e non lo sloveno standard. Ma cosa ti inventi!
    Ma sei diventato diventato lo sponsor della
    associazione di cui è presidente Sergio Chinese? Ma pare proprio di si.

    A Resia per decenni ci sono state associazione culturali (che esistono ancora e sono le MAGGIORITARIE a Resia !) che con pazienza e con grande attenzione e capacità hanno valorizzato il dialetto resiano e tutta la cultura di questa piccolissima valle della montagna friulana. E’ solo grazie a loro se il dialetto resiano e la cultura di questa valle sono stati valorizzati e conservati. Poi è arrivato, mi risulta pochi anni fa, chi ha iniziato a fomentare la popolazione locale denunciando tentativi di colonizzazione da parte della Slovenia. Discorsi assurdi senza alcun fondamento. Cosa vuoi che interessi alla Slovenia “impadronirsi” di un fazzolettino di terra dove vivono “forse” 1.200 persone! Ma per favore! C’è, questo si, una grande curiosità intellettuale da parte di studiosi sloveni di linguistica per i dialetti parlati a Resia. Ma tutto qua! Ma come fai a scrivere nei tuoi commenti di “nazionalismo sloveno” parlando di questa piccolissima comunità!
    Ma per favore! Abbiamo perfettamente capito che hai sposato le tesi dell’associazione del sindaco Sergio Chinese, ma c’è anche un’altra realtà locale che stai completamente dimenticando: la realtà di chi ( e sono tanti!) per decenni hanno lavorato gratuitamente per salvare la lingua e la cultura di Resia per poi ritrovarsi accusati, con grande probabilità per motivi elettorali, di voler slavizzare questa piccolissima valle alpina.
    ———–

    @ ENRICO MARIA MILIC

    ti ricopio quanto scrive DANIELE BUONAMORE (docente universitario di Dirittto e Filologia altre che uno dei massimi esperti che abbiamo in Italia sulla tematica delle minoranze linguistiche) sul “Quaderno I FONI DIKINA” anno II Agosto 2007:

    “L’equivalenza lingua uguale nazione è concetto di dominio universale sia sotto il profilo scientifico – lo hanno sostenuto a piena voce tutti i linguisti (a cominciare dal padre dello strutturalismo, F. De Sausure, a Sapir Martinet, Robins, Chomsky, Bloomfield, Schick), come pure antropologi e sociologi di vaglia – sia sotto quello storico – fattuale. Si pensi alla Svizzera, al Canada, al Belgio, alla Spagna, all’ex Jugoslavia, all’ex Urss. Non a caso in tutti questi stati sono state adottate soluzioni e affermati principi corrispondenti alla realtà storica. Basterà ricordare l’art. 116 della Costituzione della Svizzera (CH): “Il tedesco, il francese, l’italiano ed il romancio sono LINGUE NAZIONALI della Svizzera. Il tedesco, il francese e l’italiano sono dichiarate lingue ufficiali della Confederazione”

    Come vedi Enrico, questo concetto “LINGUA = NAZIONALE” è un concetto universalmente accettato che nulla ha a che spartire con l’idiologia nazionalista, questa si da condannare. Ideologia che ha alla sua base l’uguaglianza “STATO = NAZIONE” e non accetta la presenza di stati plurinazionali e plurilingue.

  114. marisa ha detto:

    scusate: “nulla che spartire con l’ideologia..”. Per errore ho scritto “idiologia”.

  115. marisa ha detto:

    @ CHINASKI

    l’ho letto questo splendito intervento pubblicato (se non ricordo male) sul quotidiano L’Unità. E l’espressione scritta dal grande linguista Tullio De Mauro e da te citata, era riferita a chi sta dalla parte del monolinguismo e rifiuta il plurilinguismo.

  116. chinaski ha detto:

    marisa, sei tu la stessa marisa con cui ho discusso in lungo e in largo di questo articolo proprio sulle pagine di bora.la? ti stavo prendendo un po’ per il culo, se non te ne sei accorta. enrico, nel suo intervento, diceva sostanzialmente la stessa cosa che che diceva de mauro. quindi vederti polemizzare con enrico mi ha fatto un po’ ridere. fine della divagazione.

  117. effebi ha detto:

    ho come il sospetto che se la val di resia fosse in slovenia il problema si sarebbe già risolto, ognuno immagini come.

  118. Macia ha detto:

    @ Marisa: “Il tedesco, il francese, l’italiano ed il romancio sono LINGUE NAZIONALI della Svizzera”. Significa che il tedesco, il francese, l’italiano ed il romancio sono le lingue della NAZIONE SVIZZERA: e per cui cade l’identificazione lingua=nazione! Una nazione può avere più lingue, e più nazioni possono avere la stessa lingua. Come ho provato a spiegare qualche post addietro, e come hanno detto Luigi ed Enrico.

  119. chinaski ha detto:

    butto la’ un’ idea concepita in una calda e oziosa mattina di luglio. e se una *nazione* fosse invece una specie di *narrazione collettiva*?

  120. effebi ha detto:

    *narrazione collettiva*
    si, vabbè, ma …narrata in che lingua !? 🙂

  121. chinaski ha detto:

    mah, effebi, prendiamo ad esempio un film. la narrazione viene fatta in una o piu’ lingue. ma anche la musica, la fotografia, il montaggio concorrono in modo determinante alla narrazione. pero’ fa caldo. dio che caldo che fa!

  122. Macia ha detto:

    @ chinaski: Sì, ne sono pienamente convinto (bella la battuta di effebi…).
    La nazione è frutto di una costruzione politica, non si fonda sulla genetica. La nazione è un’invenzione ottocentesca (vedere a tal proposito Benedict Anderson), che per giustificarsi ha fatto uso a tradizioni comuni (talora assolutamente inventate o reinventate), folclore, lingua, storia comune. Ma è innanzi tutto una costruzione che si fonda su un patto, che si assume accettato dai membri (anche questa è ovviamente un’invenzione).
    Per cui si può ben affermare che i friulani sono italiani, se tali si considerano. Se poi vogliono rivendicare l’esistenza della nazione friulana, benissimo, ma la loro nazione non sarà meno strumentale di quella italiana, né più vera. Lo stesso vale per i resiani, nonostante le esigue dimensioni della comunità.
    Per quanto mi riguarda, mi sento italiano, anche se avverto profondamente il fascino di appartenere a una comunità transfrontaliera tra l’Istria e le Alpi, dove si parlano lingue diverse e si appartiene a diverse entità territoriali.

  123. matteo ha detto:

    la battuta di effebi non è bella, anzi

  124. marisa ha detto:

    MACIA,

    la Svizzera è uno stato FEDERALE
    plurilingue e PLURI-NAZIONALE. Non esiste nessuna “NAZIONE SVIZZERA”. Per motivi storici, in Svizzera esistono quattro nazioni dove si parlano quattro LINGUE NAZIONALI, come scritto nella carta costituzionale – art. 116 – di questa CONFEDERAZIONE.

    Scusami, ma mi pare tu stia facendo tantissima confusione tra il concetto ottocentesco (che ha dato origine all’ideologia nazionalista) per cui ad uno Stato corrisponde una “sola” nazione ove si parla una “sola” lingua, e il concetto per cui dietro ad ogni lingua c’è una comunità, un popolo con una sua storia unitaria, una sua lingua e una sua cultura (QUESTO SI INTENDE PER NAZIONE).

    Ma hai letto quanto ho incollato dall’articolo pubblicato a firma del prof. Daniele Bonamore, o hai saltato la lettura di questo commento?

  125. chinaski ha detto:

    marisa, il punto e’: puo’ una comunita’ sentirsi tale anche se in questa comunita’ si parlano piu’ lingue? nel senso che ci sono gruppi che parlano lingue diverse, e che comunicano tra loro in una lingua franca; ma anche persone che parlano piu’ di una lingua, e che rendono sfumato il confine tra i vari gruppi. in sostanza: puo’ esistere una comunita’ che non si barrichi dietro una sola lingua?

    bada bene, sto parlando di “comunita'”, non di “stato”.

  126. chinaski ha detto:

    a proposito di svizzera. esiste un sentimento nazionale svizzero? io chiedo, eh. non e’ una domanda retorica. chiedo perche’ non so.
    (in questo momento non mi interessa tanto quel che c’e’ scritto nella costituzione svizzera, che e’ l’ atto fondativo di un *stato*)

  127. segnan ha detto:

    “la Svizzera è uno stato FEDERALE
    plurilingue e PLURI-NAZIONALE. Non esiste nessuna “NAZIONE SVIZZERA”.

    Sbagliato – non ci sono quattro o cinque nazioni. ci sono identita locali molto pronunciate, ma un zurighese si identifica come svizzero, cosi come un ginevrino o un luganese.

  128. ser Paolo ha detto:

    Ai tempi che furono ci fu a San Pietro al Natisone un direttore didattico che dava una multa ai ragazzi che parlavano fra loro in friulano ed una multa maggiore se parlavano fra loro in sloveno.

  129. marisa ha detto:

    CHINASKI,

    un esempio classico di comunità plurinazionale e plurilingue è proprio il Friuli. Un Friuli dove per secoli grazie al Patriarcato di Aquileia che ha sempre rispettato la diversità linguistica e culturale delle popolazioni che facevano parte di quel territorio storico chiamato “Friuli”, sloveni, germanofoni e ladini/friulani hanno sempre convissuto senza conflitti. O ti risulta che in questo Friuli storico plurinazionale ci siano stati conflitti etnici? A me non risulta!

    Mi sembra si stia facendo una grande confusione tra il concetto di stato e quello di nazione. Il concetto (lingua=nazione) espresso dal prof. Bonamore nel pezzo sopra da me incollato, mi risulta sia condiviso anche dal prof. Tullio De Mauro. Mi risulta infatti che questo insigne linguista, abbia sempre detto che dietro ogni lingua c’è un “mondo”: il mondo che ha creato quella lingua. E la “nazione” che cos’è se non questo “mondo” con la sua lingua, la sua cultura, i suoi valori? E perchè mai questo “mondo/nazione” non dovrebbe poter convivere pacificamente con gli altri “mondi/nazione” magari all’interno di una stessa regione? Una regione che risulterebbe ricca di diversità linguistiche e culturali….

    Mi pare che la paura di “balcanizzazione” vi faccia vedere fantasmi anche dove non ci sono. Una cosa sono gli Stati, altro le nazioni. I due concetti non coincidono anche se purtroppo questo messaggio di diversità non riesce a passare e si contunua troppo spesso, secondo me, a unificare i due concetti (stato=nazione)finendo con il teorizzare i fantasmi della ideologia nazionalista.

  130. chinaski ha detto:

    marisa, non hai capito la mia domanda. provo a riformularla in modo diverso. puo’ esistere una *nazione* plurilingue?

  131. sindelar ha detto:

    Forse a nessuno frega niente però John Zorn (che non è uno qualunque) ha prodotto qualche anno fa un CD di musiche della Val Resia:

    http://www.amazon.com/Smarnamisa-Resia-Valley-Various-Artists/dp/B00005EYZN

  132. chinaski ha detto:

    sindelar, a me frega. ho ascoltato qualche sample. il modo di suonare i violini mi ricorda un cd di musiche della transilvania che avevo comperato a udine un po’ di anni fa (pero’ non me ne intendo molto).

    strano 🙂 che a produrre questo cd sia stato un ebreo di new york, anzi, del lower east side

  133. marisa ha detto:

    CHINASKI: esistono le “COMUNITA’ ” plurilingui e plurinazionali dove convivono pacificamente NAZIONALITA’ diverse….

    Ti va bene come risposta?

    La tua domanda parte dal presupposto “STATO = NAZIONE”….che io non accetto!

  134. marisa ha detto:

    SEGNAN, mi dai la definizione di “comunità locali MOLTO pronunciate”? Soprattutto su quel “MOLTO”….

  135. jacum ha detto:

    Brava Marisa, condivido la tua posizione e pensiero.

    é un po’lungo ma interessante.

    Dr. Roberto Bolognesi – linguista Università di Groningen (Paesi Bassi)
    Matteo Incerti – Giornalista pubblicista

    Introduzione

    Nelle proposte che qui presentiamo, ci siamo prefissi l’obiettivo di indicare, in base a criteri il più possibile tecnici, le lingue minoritarie presenti nel territorio dello Stato italiano. Comunque, rispetto al problema della distinzione fra lingue e dialetti, è importante precisare da subito che una simile distinzione è, oltre certi limiti, tecnicamente impossibile, oltre che politicamente pretestuosa. Citiamo in proposito le parole di Guido Barbina: “Tralasciamo, perché puramente accademico e a volte fuorviante il pretestuoso problema della differenziazione fra lingua e dialetto: una simile distinzione, peraltro impossibile, non ci porterebbe certamente a chiarire il problema di una corretta classificazione dei casi di difformità linguistica italiani”.

    Al contrario del convincimento diffuso fra i profani, quando un linguista parla del “dialetto X della lingua Y”, non sta descrivendo un rapporto fra due entità linguistiche collegate gerarchicamente, ma sta solo cercando di risparmiare le molte parole che gli occorrerebbero per ripetere che si sta riferendo ad un certo sistema linguistico X, il quale per comodità si può indicare come varietà socialmente e/o geograficamente delimitata di una famiglia di idiomi sufficientemente omogenea da poter essere indicata, sempre per comodità, come lingua Y.

    Da un punto di vista strettamente tecnico, in effetti, il dialetto X si può altrettanto giustificatamente definire come lingua in quanto sufficientemente definito e circoscritto, mentre la lingua Y andrebbe più giustamente definita come famiglia di dialetti Y.

    Queste definizioni, però, non tengono conto del fatto che nessuna lingua, neppure la parlata di in un piccolo villaggio di montagna, costituisce un sistema interamente omogeneo: i giovani parlano in un modo almeno leggermente diverso dagli anziani, e così le donne rispetto agli uomini, e così pure le diverse classi sociali tendono a differenziarsi linguisticamente. Questa situazione già molto fluida anche a livello strettamente locale si complica enormemente quando si prendono in considerazione i diversi dialetti, cioè quelle varietà della lingua che vengono usate in territori distinti. Tenendo conto di questa realtà, quindi, anche la somma di tutti queste parlate locali e sociali si può altrettanto giustificatamente definire come lingua: una famiglia di dialetti che condividono una serie di caratteristiche, escludendone invece altre.

    La decisione di quali siano le caratteristiche che distinguono una lingua dall’altra è comunque sempre almeno in parte arbitraria, perché le lingue appartengono a loro volta a famiglie linguistiche formate da lingue simili, spesso confinanti e aventi un’origine comune. Nella pratica succede spesso che per comodità si usino definizioni geografiche di lingue e dialetti, anziché strettamente linguistiche. Tecnicamente, perciò, i termini lingua e dialetto sono, se non perfettamente equivalenti, certamente interscambiabili e il loro uso non implica nessuna precisa distinzione genetica e/o gerarchica. Meno che mai viene sottinteso un giudizio di valore.

    Quando usa il termine dialetto, perciò, un linguista non fa altro che avvertire il lettore o l’ascoltatore che sta restringendo la sua attenzione ad una serie limitata di fenomeni linguistici che sono presenti in una data varietà (poco o punto conosciuta), e assenti dalle varietà strettamente collegate della stessa lingua (invece già nota). Per esempio, definendo il sestese come dialetto campidanese meridionale del sardo, si fornisce immediatamente una serie di informazioni sull’altrimenti indefinita lingua parlata nel villaggio di Sestu (prov. di Cagliari).

    L’uso dei termini lingua e dialetto che invece si fa in politica implica un rapporto gerarchico fra le due entità e un giudizio di valore: la lingua sarebbe qualcosa di superiore al dialetto; il dialetto una forma degenerata, o comunque inferiore, della lingua. Quest’uso linguisticamente infondato dei due termini è il risultato di una scelta politica molto comune che restringe l’uso del termine (titolo onorifico, verrebbe da dire) lingua alla lingua ufficiale dello stato, applicando agli altri idiomi la qualifica di dialetti. Il linguista norvegese Einar Haugen ha provocatoriamente illustrato questa distinzione pseudo-linguistica con le seguenti parole: “Una lingua è un dialetto con alle spalle un esercito e una flotta”.

    In termini leggermente più neutri possiamo dire che in politica solitamente si concede la dignità di lingua agli idiomi di chi dispone di mezzi di pressione sufficienti a farsi riconoscere come comunità etnico-linguistica distinta da quella maggioritaria.

    Una volta ottenuto lo status di lingua (e i relativi finanziamenti), anche gli idiomi minoritari possono venire dotati di tutti quegli strumenti, esterni ai sistemi linguistici stessi, che caratterizzano le lingue ufficiali degli stati: una norma standard, grammatiche e dizionari redatti in modo professionale, l’insegnamento nelle scuole, lo sviluppo di testi prestigiosi, l’uso in occasioni e documenti ufficiali.

    Contrariamente a quanto si pensa normalmente, questi strumenti sono la conseguenza, e non la causa, dello status ufficiale di una lingua. I dialetti ne sono privi unicamente a causa della debolezza politica e/o economica delle comunità linguistiche in cui vengono parlati.

    Nel preparare questo documento sulle diverse lingue minoritarie parlate oggi nel territorio dello Stato italiano, abbiamo rifiutato la distinzione pseudo-linguistica fra lingue e dialetti. Abbiamo invece suddiviso i diversi idiomi in due gruppi, in base alla loro posizione politica: da un lato, quelli la cui diversità e specificità rispetto all’italiano vengono già riconosciute a livello internazionale e sono in via di riconoscimento da parte dello Stato italiano, e dall’altro quelli che ancora oggi vengono totalmente negati e discriminati da parte dello Stato, ma che a livello regionale e anche da parte di studi internazionali vengono riconosciuti come lingue, cioè come sistemi linguistici ben distinti dall’italiano.

    In pratica, dalla nostra analisi risulta che tutti i cosiddetti dialetti italiani sono lingue distinte, e non dialetti dell’italiano. Fatta eccezione per il toscano e il romanesco, i cosiddetti dialetti italiani sono tutti lingue che si sono sviluppate in modo autonomo e diverso rispetto al fiorentino che ha costituito la base per l’italiano standard: il piemontese e il napoletano, per esempio, non meno che il sardo e il friulano.

    1. Le Lingue in via di riconoscimento da parte dello Stato italiano

    Nella realtà politica italiana l’uso spregiudicato delle arbitrarie definizioni di lingua e dialetto è servito finora ad aggirare l’articolo della Costituzione che prevede la tutela delle minoranze linguistiche. I diritti linguistici delle minoranze sono finora stati elusi etichettando come dialetti, anziché come lingue, tutti gli idiomi minoritari che non godono della tutela di uno stato confinante dell’Italia: in pratica, tutte le lingue minoritarie meno il francese, il tedesco e lo sloveno, la cui tutela è stata garantita da trattati internazionali.

    Oggi, per fortuna, l’atteggiamento verso le minoranze etnico linguistiche sta cambiando lentamente anche in Italia. La Camera dei Deputati ha approvato un provvedimento (legge n. 196), che aspetta ora l’approvazione del Senato (legge n. 3366), riguardo alla valorizzazione di un primo gruppo di lingue regionali e minoranze etnico-linguistiche.

    Questa legge costituisce un passo importante per le lingue riconosciute e prevede l’introduzione del bilinguismo nelle istituzioni e nel sistema educativo, ma discrimina ancora altre lingue regionali, arbitrariamente escluse dal provvedimento. Nel testo originale del provvedimento esisteva un articolo della legge che prevedeva un futuro allargamento delle lingue riconosciute dando di fatto potestà legislativa in materia alle Regioni e non più allo Stato.

    Ma l’azione politica dei Deputati di Alleanza Nazionale, che ha trovato su questo punto la convergenza di Deputati dell’opposizione di Centrodestra ed anche di ampi settori della maggioranza di Centrosinistra, ha fatto sì che questo articolo della legge fosse eliminato dal testo definitivo. Rispetto a questo punto, riteniamo molto grave la decisione negare alle Regioni ed alle Comunità Locali il diritto ad autodefinirsi come rappresentanti legittime delle minoranze etnico-linguistiche del proprio territorio.

    E’ stato adottato invece ancora una volta il principio della Ragion di Stato, per cui è la maggioranza a disporre a proprio piacimento dei diritti delle minoranze. Per negare i diritti delle minoranze, pur riconosciuti dalla Costituzione, è ancora sufficiente per la maggioranza negare l’esistenza di queste: in pratica basta continuare a definire le lingue minoritarie come dialetti.

    Come esempio dell’arbitrarietà di questa situazione valga il caso del sardo: fino al 1995 il governo italiano parlava di dialetti sardi, negandone la dignità linguistica, due anni dopo veniva approvata dal governo la legge regionale n. 26/97 sulla lingua sarda. Linguisticamente in Sardegna non era cambiato nulla, ma in Italia era cambiata la maggioranza di governo.

    Le Comunità Etnico-Linguistiche riconosciute dalla legge n. 169

    Albanesi – 98. 000 persone che vivono nelle regioni meridionali e precisamente in Calabria, Sicilia, Puglia e Abruzzo.

    Sud Tirolesi – 290. 000 persone che vivono nella Provincia Autonoma di Bozen-Bolzano (65,43% della popolazione residente in Sud Tirolo). Queste persone parlano il tedesco.

    Carinziani – 2. 000 persone che vivono nella Provincia di Udine in Friuli (0,38% della popolazione locale della Provincia di Udine)

    Carnici – 1. 400 persone che vivono in Provincia di Belluno nel Veneto (0,66% della popolazione locale della Provincia di Belluno)

    Catalani – 18. 000 persone che vivono nella città di Alghero in Sardegna, che hanno origini catalane e parlano il catalano.

    Croati – 2. 600 persone che vivono nella Regione del Molise (0,79% della popolazione residente in quella Regione)

    Franco-Provenzali-Valle d’Aosta – Circa 90. 000 persone che vivono nella Regione Autonoma della Valle d’Aosta ed in Piemonte. Le comunità più numerose vivono nella città di Aosta (60% della popolazione residente) e a Torino (0,89% della popolazione cittadina).

    Francofoni della Valle d’Aosta – 20. 000 persone in Valle d’Aosta (17,33% della popolazione residente nella Regione Autonoma della Valle d’Aosta).

    Friulani – 526. 000 persone che vivono nella Regione Autonoma del Friuli. Questo gruppo etnico rappresenta il 56,32% della popolazione residente in Friuli. La Regione Friuli ha una propria legge per la valorizzazione della Lingua Friulana e diverse amministrazioni locali, tra le quali quella di Udine, hanno approvato con la sola contrarietà o astensione dei gruppi dei CCD del Friuli (democristiani conservatori) e di Alleanza Nazionale, iniziative che attuano il bilinguismo.

    Greci – 20. 000 persone che vivono nella Provincia di Reggio Calabria (0,89% della popolazione residente) e nella Provincia di Lecce, Puglia (1,88% della popolazione della provincia di Lecce).

    Ladini – 55. 000 persone che vivono tra il Trentino,il Sud Tirolo e la Provincia di Belluno, nel Veneto. I Ladini rappresentano in provincia di Bolzano il 4,19% della popolazione locale, in Provincia di Trento l’1,69% e in Provincia di Belluno il 10%. Per le elezioni che si svolgono nel Trentino-Sud Tirolo esiste una speciale normativa approvata nel 1998 che assegna al gruppo Etnico Ladino una propria rappresentanza politica elettiva.

    Occitani – 178. 000 persone, delle quali 50. 000 circa parlano regolarmente la lingua occitana. Gli Occitani sono residenti nella Provincia di Cuneo, nella Regione Piemonte (4,19% della popolazione residente), nella provincia di Torino e in quella di Imperia, Liguria. A livello culturale, il mondo occitano negli ultimi anni sta vivendo una “nuova primavera” con iniziative,concerti,pubblicazioni. Questi progetti vengono realizzati anche con l’aiuto di fondi comunitari.

    Sardi – 1269. 000 persone che vivono e risiedono nella Regione Autonoma della Sardegna e rappresentano il 77,48% della popolazione dell’Isola. La Regione Sardegna sta attuando, negli ultimi anni, diversi piani per sviluppo di una forma standard scritta, tutelando al tempo stesso tutte le varianti locali della Lingua Sarda. Progetti per l’insegnamento del Sardo sono avviati dalle Province e da diversi Comuni.

    Sloveni – Circa 70. 000 persone che vivono nella città di Trieste (9,6% della popolazione) nella provincia di Gorizia (8% della popolazione) e di Udine (3%della popolazione)

    Walser, Cimbri, Mocheni – La valorizzazione di questi gruppi etnolinguistici germanici avviene tramite la protezione del gruppo etnico Germanico residente nel Sud Tirolo, nonostante queste Comunità non siano residenti su quel territorio. I Walser risiedono in Valle d’Aosta e Piemonte nelle Province di Vercelli e Novara, i Cimbri in Veneto (Verona e Vicenza) e Trentino(Trento) e i Mocheni nella Provincia autonoma di Trento.

    *Valorizzazione linguistica e culturale delle Comunità Zingare di Sinti e Rom

    In un primo tempo diverse proposte di legge, prevedevano la valorizzazione anche dei 130. 000 cittadini di etnia Rom e Sinti. Successivamente la legge è stata modificata perché la maggioranza dei deputati del Parlamento italiano non ha ritenuto che sussistessero le condizioni per il riconoscimento, in quanto mancava un riferimento di questa cultura ad un territorio specifico. Seguendo le proprie tradizioni, infatti, le Comunità Zingare non sono stanziali, ma prevalentemente nomadi.

    2. Le lingue discriminate dallo Stato italiano

    Veneto

    La Lingua Veneta, parlata nella Regione Veneto è tra quelle discriminate e “tagliate” da parte dallo Stato italiano, che la classifica erroneamente come un dialetto dell’italiano. Secondo una ricerca del 1998 dell’Istat (l’Istituto Statistico italiano), anziché usare l’italiano, il 52% degli abitanti del Veneto parla principalmente la lingua regionale, che per mille anni fu la lingua ufficiale della Serenissima Repubblica di Venezia.

    Nel marzo 1995 la Giunta Regionale del Veneto, su iniziativa dell’allora assessore Ettore Beggiato (oggi consigliere regionale di Veneti d’Europa), pubblicò un “Manuale della Grafia Veneta Unitaria”. Diverse amministrazioni comunali del Veneto hanno poi adottato il bilinguismo veneto-italiano nei propri atti. Nelle ultime legislature della Regione Veneto, sono state presentate da più gruppi, svariate iniziative a sostegno della lingua veneta e una mozione per il suo riconoscimento è stata presentata il 20. 5. 1998, con Ettore Beggiato come primo firmatario.

    Una variante della Lingua Veneta, il Talian, parlato da centinaia di migliaia di discendenti di immigrati veneti in Brasile, è stata decretata, per una settimana, lingua ufficiale in Serafina Correa, Stato del Rio Grande do Sol, Brasile. La Lingua Veneta viene classificata lingua nettamente distinta dall’italiano standard in diversi studi internazionali come l’Unesco Red Book of Endangered Languages (1993-1996) del professor Tapani Salminen –Università di Helsinky e l’Ethnologue, Languages of the World, 13ma Edizione, pubblicato negli Stati Uniti d’America dal Summer Institute of Linguistics.

    Il veneto costituisce uno degli esempi più chiari della malafede di chi pretende di discriminare le lingue sulla base della loro pretesa inferiorità: la lingua madre di diverse importanti personalità del passato, come l’esploratore Marco Polo o lo scrittore Carlo Goldoni, non era certo l’italiano-standard ma il Veneto.

    Piemontese

    Questa lingua parlata in Piemonte è di natura gallo-romanza. Lo Stato italiano invece la relega al rango di “dialetto” (da intendersi forma corrotta) dell’italiano-toscano. Questo nonostante esista un documento del Consiglio d’Europa (doc. 4745/12. 10. 81) che riconosce il Piemontese come lingua distinta, mentre una legge del Consiglio Regionale del Piemonte (n. 37/97, primo firmatario Roberto Rosso) riconosce questo idioma a livello regionale, prevedendo anche l’istruzione facoltative nelle scuole.

    Lo Stato italiano non ha ritenuto valorizzare e riconoscere il Piemontese tra le Lingue Regionali e Minoritarie legalmente riconosciute. Contro questa decisione,sia il Presidente del Governo Regionale del Piemonte Enzo Ghigo (lettera del 26.5.1998) che il Consiglio Regionale del Piemonte praticamente all’unanimità con 35 consiglieri su 36, astenuta Rifondazione Comunista (risoluzione del 12. 10. 99) hanno protestato ufficialmente con il Governo.

    A livello regionale esiste ora una Consulta per la Lingua Piemontese, che riunisce oltre venti associazioni culturali che si occupano del recupero e della formazione dei quadri scolastici per il futuro insegnamento nelle scuole. Il mancato riconoscimento da parte dello Stato italiano, impedisce però una azione più incisiva da parte dei Comuni e delle Comunità anche in campo internazionale.

    Il primo documento storico ritrovato in lingua piemontese risale al XII Secolo ed è il Sermon Subalpengh, un documento di carattere religioso che si scaglia contro episodi di corruzione nelle gerarchie della Chiesa Cattolica. Studi come l’Unesco Red Book of Endangered Languages del professor Salminen,The Ethnlogue e l’Istituto Linguistico Scozzese dell’Isola di Sky Sabhal Mor Outaig, classificano il Piemontese come una lingua vera e propria separata dall’italiano.

    Sul piano culturale, il Piemonte e la sua lingua e cultura da anni partecipano regolarmente attraverso associazioni culturali, al Festival Interceltico di Loriant.

    Emiliano e Romagnolo

    La Lingua Emiliana e quella Romagnola, parlate nella Regione Emilia e Romagna, sono anche esse classificate dallo Stato italiano dialetti (semplici varietà) dell’italiano-toscano, quindi non suscettibili di riconoscimento come lingue distinte. Anche questo è un falso di Stato. Lo dimostra il fatto che l’Unesco Red Book for Endangered Languages del professor Tapani Salminen (che è anche membro della Commissione dell’Unesco che si dedica di Lingue Regionali e Minoritarie) riconosce l’Emiliano come Lingua Gallo-Romanza e non italo-romanza. Fra l’altro, la lingua viene parlata pure nello Stato di San Marino secondo l’Unesco. Lo stesso riconoscimento viene dall’Ethnologue, che parla dell’Emiliano e del Romagnolo come “structurally separated language from Italian”, (‘Lingua strutturalmente separata dall’italiano’).

    Per il Romagnolo in particolare, un’altro importante riconoscimento viene da Meic Stevens che lo indica come idioma distinto dall’italiano e facente parte della sottofamiglia emiliano-romagnola.

    A livello amministrativo regionale, la Regione Emilia e Romagna nel 1994 ha emanato una legge che pur denominando queste lingue “dialetti” (legge n. 45 del 7.11.1994 Tutela e valorizzazione dei dialetti dell’Emilia e Romagna) prevede anche la possibilità di finanziare iniziative scolastiche.

    A parte un primo finanziamento nel 1995, in questi ultimi anni la legge non è stata utilizzata e promossa a dovere dalle amministrazioni della Regione Emilia e Romagna.

    Data la distinzione pseudo-linguistica operata dallo Stato italiano, però, il termine “dialetti”, introdotto nel testo della legge regionale, impedisce un ulteriore passo avanti verso un riconoscimento ufficiale. Una delle obiezioni che vengono mosse contro il riconoscimento dell’Emiliano è che esistono diverse varianti (dialetti) e non una lingua standard scritta.

    Chi muove questa obiezione confonde la causa con l’effetto: tutte le lingue non standardizzate mancano, appunto, di una forma standard. Questa arriva, appunto, in seguito ad un riconoscimento ufficiale che rende possibile e necessario lo sviluppo di una forma standard. Il sardo, per esempio, già riconosciuto da anni a livello europeo ed in via di riconoscimento a livello ufficiale italiano, non ha ancora una forma scritta standardizzata e presenta invece molte varianti locali: esattamente come tutte le lingue che non hanno ancora subito l’azione livellatrice e omologatrice di una politica linguistica centralizzata.

    E’ la stessa situazione dell’Emiliano o di altre lingue regionali, ancora non riconosciute ufficialmente e relegate, dal punto di vista legislativo e psicologico, nel ghetto di Stato dei “dialetti”. Anche se non esiste una lingua standard, gli emiliani quando parlando nella loro variante locale possono capirsi a vicenda senza grandi problemi. Nella Regione Emilia e Romagna in questi anni si è notato un rifiorire di iniziative musicali ed anche culturali che hanno come tema le parlate di questa Regione. Esistono anche gruppi musicali di giovani.

    Riguardo all’insegnamento scolastico, purtroppo non ancora diffuso, è da segnalare un positivo esperimento, fatto nel 1979-80 dal direttore didattico Gastone Tamagnini, presso la Scuola Media Statale “M. Buonarotti” di Fabbrico, in provincia di Reggio Emilia. In questo intervento sperimentale, agli alunni fu insegnato per due mesi la cultura e lingua del posto. Esperimenti altrettanto positivi dell’utilizzo della Lingua Romagnola nelle Scuole sono stati avviati nella Scuola Elementare “Martiri Fantini” di Cervia (Ravenna) dalle professoresse Claudia Benedetti e Fabiana Giunchi.

    A livello televisivo, trasmissioni quotidiane in lingua emiliana nella variante reggiana e bolognese vengono trasmesse da due emittenti locali private Teletricolore (L’Almanacco di Auro Franzoni) e da Sesta Rete (Notiziari Bulgnais).Il dizionario tascabile di Lingua Bolognese/Emiliana di Luigi Lepri e Daniele Vitali, pubblicato nel 1999 a dalla casa editrice Vallardi ha venduto in poche settimana diverse migliaia di copie, e ora è pronta una seconda ristampa. Un successo che la dice lunga sull’interesse dei cittadini/pubblico sulla riscoperta e la valorizzazione, proiettata nel futuro, delle proprie radici.

    Lombardo

    L’Unesco Red Book of Endangerd Languages riconosce anche al Lombardo lo status di lingua, appartenente al ceppo gallo-romanzo. Ed è il Lombardo, e non l’italiano-toscano, che viene parlato da oltre 300.000 persone in Canton Ticino (Svizzera) e anche in alcune vallate del Trentino, confinanti con la Lombardia, secondo lo studio dell’Unesco ed l’Etnologue. In generale tutte le parlate lombarde “sono molto differenti dall’italiano standard” e secondo lo studio di Ethnologue “i parlanti possono essere senza problemi bilingui”.

    Nel Canton Ticino, le amministrazioni locali del Cantone da tempo attuano una politica di valorizzazione della parlata lombarda che purtroppo, non viene emulata dalla Regione Lombardia. Quest’anno, il 26-27 marzo presso l’Università degli Studi di Pavia si è svolto un importante convegno su “Archivi culturali, oralità e scrittura”. Franco Lurà del Centro per il Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana -VSI) e Giovanni Bonfandini dell’Università di Milano hanno proposto nel loro intervento (“Problemi concernenti la costituzione di un archivio integrato scritto e orale dei dialetti lombardi”) la creazione di un Archivio delle parlate lombardofone. Su Internet sono presenti diverse iniziative di privati ed associazioni in favore del Lombardo nelle sue varianti linguistiche.

    Ligure

    Il ligure, classificato come lingua gallo-romanza dall’Unesco Red Book for Endangered Languages, da The Ethnologue e dall’università Sabhal Mor Outaig, è parlato in una sua variante (il Monegasco) anche nel Principato di Monaco e nei territori francesi confinanti con la Liguria.

    A livello privato, con associazioni culturali e gruppi musicali, sono presenti diverse iniziative per il recupero di questa lingua, a cui manca oggi una forma standard scritta. A livello amministrativo, il Comune di Alassio tre anni fa ha rinominato la toponomastica nella lingua ligure attuando una politica bilinguistica. Questo è stato fatto sfidando i divieti legislativi dello Stato italiano, che risalgono a norme emanate durante il regime fascista. Anche il ligure è considerato dallo Stato Italiano un “dialetto” e non una lingua regionale, e in quanto tale viene discriminato.

    Siciliano

    La Sicilia, che dal 1946 gode di un proprio Statuto di Autonomia, mai applicato fino in fondo dai politici Siciliani che l’hanno governata sino ad oggi, è l’unica Regione a Statuto Speciale che non si vede riconosciuta la propria lingua. Sia l’Unesco Red Book che Ethnologue e molti altri studiosi affermano che il siciliano è una lingua distinta dall’italiano. Secondo lo Studio del Centro Ethnologue di Dallas, “il Siciliano è differente dall’Italiano standard in modo sufficiente per essere considerato una lingua separata”,”è inoltre una lingua ancora molto utilizzata e si può parlare di parlanti bilingui” in siciliano e italiano standard.

    Se a livello culturale esiste ancora oggi una fiorente attività che ruota sul siciliano, a livello politico mancano ancora forti segni di rilancio della battaglia per la valorizzazione della lingua siciliana. La rinascita in questi ultimi anni di movimenti politici sicilianisti come Noi Siciliani o il Partito Siciliano d’Azione potrebbe però riportare in auge questa tematica.

    Napoletano e lingue regionali meridionali

    Anche il Napoletano e le lingue italo-meridionali, secondo l’Unesco sono da considerarsi lingue separate dall’italiano standard (Toscano) e non dialetti di questo. L’ attività di valorizzazione è portata avanti principalmente da associazioni culturali e gruppi musicali e teatrali. Sono presenti anche siti Internet in lingua napoletana. Anche la lingua napoletana e le altre parlate meridionali, soffrono il fatto di essere state confinate dalla cultura ufficiale italiana nel “ghetto” dei dialetti. Come il veneto, anche il napoletano può far l’altro vantare un’illustre tradizione letteraria.

    Proposte operative per una politica basata sul pluralismo linguistico

    Questo è il quadro generale delle principali lingue regionali parlate oggi all’interno del territorio dello Stato italiano. Come si può vedere, questo quadro è più ampio rispetto a quello delle lingue che lo Stato italiano si appresta a riconoscere mediante la legge n. 196. Questa legge è un importantissimo passo in avanti, ma non certamente è sufficiente per chi crede fino in fondo nel rispetto di tutte le identità, culture e lingue.

    Come ovviare quindi a quelle discriminazioni di Stato ed evitare che siano le “maggioranze” centraliste e prettamente stataliste a decidere quali sono le lingue da valorizzare e quali invece quelle da relegare nel ghetto del “dialetto”?Come evitare che forme standard di lingue anche regionali, vengano imposte sulle varianti locali?

    Ecco alcune proposte che possono essere applicate, non solo nello Stato italiano.

    a) La politica di riconoscimento e valorizzazione linguistica non deve essere decisa e gestita dai governi centrali e dagli Stati, ma dalle Regioni e da altri Enti Locali che siano espressione delle Comunità locali. È così che le cosidette “minoranze” potranno uscire dal ghetto minoritario, per diventare realmente Comunità attive e riconosciute con gli stessi diritti delle “maggioranze” di Stato. Le istituzioni internazionali quindi devono prendere atto dei riconoscimenti attuati a livello Regionale e non di quelli a livello Statale.

    b) Avviare ed educare a una politica plurilinguistica e multiculturale. Una società multiculturale è realizzabile solo se la valorizzazione delle varie culture autoctone e delle comunità alloctone è reciproca. E questo può accadere solo se si parte dalla valorizzazione delle culture e lingue locali e regionali, per arrivare via via anche a quelle delle comunità alloctone residenti sul territorio ed all’insegnamento delle lingue straniere per comunicare con il mondo esterno. In pratica bisogna mirare ad una forma di tutela ed educazione che potremmo definire a cipolla, partendo dalla cultura locale per espandersi gradatamente verso il mondo. La xenofobia ed il razzismo si possono combattere con successo solo con la tutela di ogni cultura. In questo modo nessuna comunità si sente esclusa o “non a casa propria”, e le forze xenofobe si vedono così private dell’alibi della difesa dell’identità autoctona. A tale riguardo, è interessante studiare ed approfondire i metodi integrativi, basati su un approccio multiculturale, che si stanno sperimentando con successo nei Paesi Bassi e che vengono portati avanti anche in Frisia di pari passo con la tutela della Lingua Frisona.

    c) La politica di valorizzazione e riconoscimento delle lingue regionali a livello europeo deve essere attuata in modo estensivo, in modo da garantire la piena tutela anche a quelle lingue oggi relegate dagli Stati nel ghetto dei “dialetti”.

    d) È necessario far capire a chi si occupa della salvaguardia di culture lingue e tradizioni locali, che “ogni dialetto è una lingua” e che la distinzione di valore tra lingua e dialetto è solo una finzione politica. Spesso, in Italia, molti gruppi culturali tutelano le proprie lingue regionali (accade in Emilia, Romagna, Lombardia, Liguria ) tramite lodevolissime iniziative che hanno un grande successo di pubblico. Però 160 anni di propaganda di stampo centralista giacobino al motto di “Uno stato,una nazione,una lingua” (lo stesso utilizzato in Francia), hanno fatto perdere loro una piena coscienza di appartenenza culturale a molte di queste comunità regionali che, mentre fanno una politica chiaramente multilinguistica, chiamano le loro lingue “dialetti”, autoconfinandosi così in un ghetto-museo e negandosi ulteriori sviluppi. Le parole scritte dal friulano Pier Paolo Pasolini durante il periodo della Resistenza, ci sono da esempio: “Il “dialetto” diventa lingua, quando viene scritto ed adoperato per esprimere i sentimenti più alti del cuore…per esprimere le proprie idee, il proprio sentire, i propri desideri”.

    e) Quando vengono riconosciute lingue minoritarie ancora prive di una forma scritta standard, è necessario individuare per i documenti ufficiali una forma minima intellegibile da tutti i parlanti, che al tempo stesso permetta di continuare a usare e valorizzare tutte le varianti locali di quella lingua. Non bisogna ripetere gli errori della linguistica statalista, mettendosi alla ricerca delle varietà “pure” di queste lingue da imporre sulle altre. Queste famiglie di dialetti esistono come lingue proprio perché le loro diverse varianti sono mutualmente intellegibili, e tutte le varianti sono linguisticamente sullo stesso piano. Questo si può vedere benissimo analizzando la situazione del Sardo (già riconosciuto, ma ancora privo di una forma standard) o di altre lingue come l’Emiliano.

    f) Da parte delle diverse associazioni culturali, dei gruppi musicali e che si occupano dell’ educazione, dei linguisti che si occupano di lingue regionali si dovrebbe costituire, grazie ai bassi costi delle tecnologie informatiche moderne (Internet e posta elettronica), un “network” che permetta di sviluppare iniziative comuni a livello internazionale e scambiarsi esperienze ed informazioni utili.

  136. Macia ha detto:

    Mio ultimo intervento.
    Lo Stato è cosa diversa dalla nazione, e siamo tutti d’accordo. Ma la nazione non è un fatto di sangue, ma culturale. Perciò possono esistere nazioni che tali si sentono pur parlando lingue diverse (o professando diverse religioni, ecc.). Ad esempio la Svizzera. Esiste un patriottismo svizzero, esiste la nazione svizzera.
    Se poi Marisa non è d’accordo, pazienza.

  137. Srečko ha detto:

    Per i conoscitori ed i “conoscitori” della Rezija:

    http://www.slomedia.it/?ID=201&action=viewOne&autostart=1&mod=aktualno

  138. jacum ha detto:

    ma dove sta scritto nella costituzione italiana che la lingua ufficiale é l’italiano standard?

  139. chinaski ha detto:

    marisa 135 ti sbagli, io non parto dall’ idea che stato=nazione. rileggiti tutti i miei commenti, per favore. con te e’ impossibile discutere. ciau.

    per gli altri. io avevo buttato la’ l’ idea che una *nazione* potrebbe essere una specie di narrazione collettiva. le forme di narrazione cambiano, anche a causa delle innovazioni tecnologiche che introducono nuovi mezzi espressivi. da questo punto di vista stiamo vivendo una rivoluzione epocale. potrebbe benissimo accadere che le *nazioni* come le intendiamo ora stiano per tramontare.

  140. effebi ha detto:

    “che dio te scolti”

  141. sindelar ha detto:

    Nazione nell’etimo deriva da nascita e credo che con la lingua e la cultura abbia poco a che fare. Paradossalmente il concetto di nazione mi pare più laico di quello che è diventato ai giorni nostri. Io come nativo italiano sono un connazionale di ogni nativo italiano. Paradossalmente i nazionalisti dovrebbero essere i veri difensori dei loro connazionali di lingua e cultura diverse (come gli sloveni o i tirolesi di nazionalità italiana). Di più, dovrebbero rimarcare con forza lo ius soli perchè il concetto di nazione sta proprio nell’essere nati nello stesso luogo come tutti i nati in Italia, indipendentemente dalla loro cultura e lingua.
    Patria invece deriva da pater che è un concetto molto più ermetico. Credo che essere patrioti sia una specie di nazionalismo in salsa mistica. Chi si proclama tale credo sia mosso da

  142. sindelar ha detto:

    (continua) Chi si proclama tale credo sia mosso da una specie di fede nella superiorità della propria cultura (che sia tirolese (heimat) o marocchina).

  143. effebi ha detto:

    Fini: “Per i bambini immigrati cittadinanza veloce” Per i bambini immigrati i tempi per ottenere la cittadinanza devono essere brevi, l’Italia deve costruirsi su delle basi multietniche e ai giovani dovrà essere fornito un sostegno perché sono i “soggetti deboli della civiltà”.
    Gianfranco Fini ribadisce le sue idee “eterodosse” rispetto all’asse Pdl-Lega a Milano in occasione della presentazione del rapporto “Famiglia 2009”. E torna, per esempio, sul tema della cittadinanza: “I bambini immigrati sono nei nostri asili, parlano non solo la nostra lingua ma i nostri dialetti, tifano per le stesse squadre di calcio dei nostri figli, ascoltano la stessa musica e vedono gli stessi film. Come si fa a non capire che ci vuole una cittadinanza celere per i bambini immigrati, per chi nasce qui o per chi arriva qui piccolissimo?”. Per Fini aspettare fino ai 18 anni è un tempo troppo lungo e si rischia che “all’età di 10-12 anni i bambini si sentano dire ‘tu sei diverso, non sei italiano’ e cadano nelle mani della predicazione di qualche cattivo maestro. Bisogna evitare questo rischio”.
    Anzi. Quello che per il presidente della Camera bisogna fare è “ripensare il concetto di patria anche in una logica multietnica e multiculturale, in modo da includere nella nostra società anche coloro che amano la loro patria anche se l’Italia non è la terra dei loro padri”. Nessuna differenza tra italiani e stranieri dunque. Gli immigrati “sono orgogliosamente italiani – ha concluso – e devono fare parte della comunità”.

    manca del tutto la parola “nazione”

  144. chinaski ha detto:

    Federico Rampini su “la repubblica” di oggi

    Le porte aperte degli Usa
    100 milioni di nuovi americani
    Gli immigrati sono all’origine del boom demografico e creativo degli Stati Uniti.

    Ma per molti, specie nel Sud, sono ancora una “minaccia”. Finora Obama è stato a guardare. Ma oggi annuncia la svolta.

    http://www.repubblica.it/esteri/2010/07/01/news/le_porte_aperte_degli_usa_100_milioni_di_nuovi_americani-5294675/?ref=HRER2-1

    gli stati uniti sono uno stato. ok. domanda: gli statunitensi si pensano anche come *nazione*? credo essenzialmente di si’. con alcune eccezioni significative, penso alla “nation of islam” negli anni ’60-’70. ma la parte maggioritaria degli afroamericani segui’ la strada “americana” di m.l.king. buh, sono cose complicate. bisognerebbe studiare tanto, per capirci qualcosa.

  145. sindelar ha detto:

    effebi e il ‘Partito della nazione’ di Casini?

  146. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    ogni nazione costruisce il suo immaginario collettivo attraverso i miti. questi possono variare, dalla mitologia pervasa dal blut und boden(molto europea) fino al fenomeno usa, dove l’onnipresente bandiera, come potentissimo simbolo, riassume nel loro immaginario collettivvo tutte le tappe del mito del “sogno americano”; dall’epopea della frontiera all’entertainment postmoderno. non rappresenta un’etnia/lingua, ma un’idea.

  147. arlon ha detto:

    @Srečko: wow, niente mal la canzo nel link 🙂 hvala.

  148. sindelar ha detto:

    Però molti monumenti ricordano sempre i caduti per la Patria e mai per la Nazione.

  149. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    il concetto di patria fa parte della costruzione del mito. sono collanti sociali.

  150. sindelar ha detto:

    Ad esempio la nazione padana costruisce il suo mito su cosa? Sul dio Po?

  151. ser Paolo ha detto:

    C’è poi la distinzione sociologica tra lingua e dialetto. Se un linguaggio viene usato solo in famiglia e con gli amici questo è dialetto. Se un linguaggio viene usato nelle molteplici occasioni della vita sociale questa è una lingua.

  152. Liborio ha detto:

    Sardi – 1269. 000 persone che vivono e risiedono nella Regione Autonoma della Sardegna e rappresentano il 77,48% della popolazione dell’Isola. La Regione Sardegna sta attuando, negli ultimi anni, diversi piani per sviluppo di una forma standard scritta, tutelando al tempo stesso tutte le varianti locali della Lingua Sarda. Progetti per l’insegnamento del Sardo sono avviati dalle Province e da diversi Comuni.

    Ti assicuro che non esiste la lingua sarda. E’ una pagliacciata. Io conosco il gallurese essendo di Tempio Pausania che è il corso quasi in blocco. A Casteddu (Cagliari) parlano un’altro dialetto. Quando torno a Tempio combatto la mia crociata contro certi retrogradi e faccio finta di non capire quello che dicono(spesso è vero). Mi par di sentire le caxxate che’senza offesa si dicono in questo sito.Purtroppo in qualche scuola si sta introducendo una sedicente lingua sarda che sinceramente ritengo offensiva per i bambini che devono imparare l’inglese ed il francese che è importante perchè in corsica è lingua ufficiale. Quando venni a Trieste a lavorare trovai la stessa situazione con i furlani. mmaahhh!

  153. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    ci prova, goffamente, con le riunioni annuarie, indossando improbabili corna(non e’ detto;), e inventandosi ridicoli riti bevendo dal po, e robe del genere….tragicomico, ma per taluni funziona.

  154. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    pero’ e veramente interessante, ogni volta che questo tentativo di costruire o rifondare una nazione e’ per l’appunto un atto razionale e strutturato, finisce in un disastro. grande o piccolo, la storia ne ha a bizzeffe. questa storia della padania e ovviamente una macchietta involontaria…:)))

  155. Liborio ha detto:

    La Padania è una evoluzione della lega lombarda. Il senatur fondò la lega lombarda e fu eletto in quella lista. Poi venne la liga veneta addirittura più forte e fu creata questa formula artificiosa di Padania per formare un partito interregionale più forte. Adesso è esteso fino alla toscana,umbria,marche e in combutta col vecchio partito sardo d’azione sta sbarcando in sardegna. La val padana esiste geograficamente, ma non è mai esistita come popolazione omogenea in quanto un romagnolo non ha nulla a che fare con un piemontese se non come italiani.

  156. sindelar ha detto:

    Ma anche l’Italia è stata un’evoluzione del Regno di Savoia se è per quello.

  157. chinaski ha detto:

    @ ng

    come dire: quando la storia si presenta direttamente come farsa…

  158. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    si’ e’ un esempio di costruzione razionale e strutturata. del resto si vede. paraddossalmente e’ proprio la “padania” ora ed il fascismo prima a dimostrare la fragilita’ di una costruzione razionale e strutturata.
    secondo me sono i miti spontanei che funzionano, poi, certo, il potere costituito se ne puo’ edeve servire, ma tentare di costruirli con mirata razionalita’ e’ un fallimento sicuro.

  159. chinaski ha detto:

    l’ importante e’ avere ben presente che i miti sono comunque una forma di narrazione, e non qualcosa che esiste prima della storia, e a cui la storia dovrebbe dare realta’.

  160. chinaski ha detto:

    the future is unwritten (j. strummer)

  161. chinaski ha detto:

    anche mi go fato la mia citazion colta 😉

  162. Diego Manna ha detto:

    @chinaski
    si ma me par che te ga sbaià autor.
    son convinto che lo gabi dito
    sarah connor
    😛

  163. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    hai una citazione colta come nick;)

  164. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    quando chiude i commenti Manna dal cielo? quanto tempo resta?

  165. Diego Manna ha detto:

    @ng
    no fa rider, i me lo disi dala prima elementare quel witz.
    cmq, finchè la discussione resta civile, i commenti non vengono chiusi.

  166. effebi ha detto:

    ma …monfalcon xe una nasion !?

  167. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    e mannaggia te fa rider?

  168. chinaski ha detto:

    spero che diego me lassi meter ‘sto link (j. strummer che fa london calling coi pogues)

    http://www.youtube.com/watch?v=IL9hDmoxkiA

  169. effebi ha detto:

    provo a dare una svolta portando il discorso sull’economico:

    1.000.000 euro in meno su un totale di ?
    e dove si taglierà ? sugli 800 posti di lavoro ? e quanto guadagna il presidente del comitato ?

  170. chinaski ha detto:

    devo portar i fioi al mar, se no i me tazza l’ anima.

    se vidimo

  171. ng(mediamente provocatorio) ha detto:

    l’ importante e’ avere ben presente che i miti sono comunque una forma di narrazione
    —————-

    si’, sono proprio quella forma di narrazione che costistuisce una nazione. non e’ un fenomeno moderno, c’e’ sempre stato, solo che oggi e’ potenziato, dopato dalle moderne tecnologie di comunicazione, come hai detto tu. la lingua non riesce ad avere quel ruolo. nel momento in cui vicessitudini storiche o fenomeni di qualsiasi altro tipo diventano un bagalglio condiviso collettivamnete e cominciano a nutrire l’immaginario collettivo diventano miti fondanti di una coscienza nazionale, collanti. secondo me la novita’ di oggi e’ che questi processi vengono veicolati ed enormemente accelerati dalla tecnologia, per cui si arriva ad avere anche nell’arco di una generazione cambiamenti sostanziali. prendere coscienza di se’. basta vedere le rinnovate spinte identitarie o secessioniste nel mondo.

  172. marisa ha detto:

    JACUM Commento 137

    Hai linkato un testo che pare scritto dalla Lega Nord….
    Scusami, ma le idee di questo signore paiono copiate dal quotidiano “La Padania”.

    mandi

  173. chinaski ha detto:

    @ ng

    poi bisogna tener presente che oltre alla narrazione e ai miti ufficiali, che poi sono quelli del potere, sono sempre esistiti altre narrazioni e altri miti, che sono una specie di fiume carsico.

    http://it.wikipedia.org/wiki/Il_formaggio_e_i_vermi

  174. effebi ha detto:

    Il prossimo anno la comunità nazionale italiana in Slovenia e Croazia sarà nuovamente posta di fronte alla difficile prova dei censimenti. I rilevamenti statistici del 2011 si svolgeranno in condizioni completamente mutate.
    In Slovenia, infatti, per la prima volta il censimento sarà basato esclusivamente sui registri anagrafici. L’Ente nazionale di statistica sloveno, abbandonando definitivamente i metodi di rilevamento adottati sinora, non condurrà più un censimento di tipo tradizionale, ma si limiterà a consultare, come già avviene in alcuni Paesi scandinavi, i registri e gli archivi anagrafici, incrociando le informazioni di tutte le “banche dati” (circa una trentina) esistenti in Slovenia.
    Le voci rilevabili solo attraverso una diretta “dichiarazione di volontà” dei censiti, come ad esempio l’appartenenza nazionale o religiosa, la lingua materna o la lingua d’uso, saranno inevitabilmente soppresse. In Slovenia, dunque, il prossimo anno, per la prima volta nella storia dell’area ex jugoslava, non sarà più censita la “nazionalità”.
    L’introduzione di questo nuovo metodo non è solo il frutto di un mutato approccio verso le minoranze quanto, più banalmente, una conseguenza della sempre più pressante esigenza di contenere le spese.
    I censimenti basati sui registri, facilitati dalla completa informatizzazione e digitalizzazione dei dati anagrafici, costano infatti molto di meno. Possono essere attuati senza mobilitare migliaia di rilevatori e senza dover provvedere all’organizzazione di una complessa e capillare opera di rilevazione di casa in casa.
    Hanno il vantaggio di poter essere ripetuti frequentemente ed un unico, ma rilevante svantaggio: quello di dipendere dall’affidabilità dei registri anagrafici e amministrativi, e cioè dalla validità dei metodi di raccolta e di gestione delle informazioni da parte di vari enti ed organi statali.
    La Slovenia condurrà il censimento del 2011 in base alle disposizioni del Regolamento n. 733 del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea relativo ai censimenti della popolazione e delle abitazioni del 9 luglio 2008 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’UE il 13 agosto 2008). Il regolamento europeo autorizza gli Stati membri ad adottare vari tipi di censimento, fra cui quello esclusivo basato sui registri (tra i vari modelli vi sono i censimenti tradizionali, i censimenti “a registro”, i censimenti “a rotazione” – ovvero indagini con campioni a rotazione – e varie combinazioni tra questi). La data di riferimento sarà il primo gennaio del 2011.
    I dati “sensibili” sull’appartenenza nazionale, etnica e linguistica potranno essere comunque rilevati in Slovenia con inchieste e sondaggi periodici a campione.
    Il punto nevralgico è proprio questo: le indagini a campione e le ricerche demoscopiche condotte in Slovenia nel passato per sondare la situazione e le dinamiche di sviluppo delle minoranze sono risultate, nella gran parte dei casi, lacunose, inadeguate o comunque tali da non riflettere correttamente la realtà e le problematiche delle comunità nazionali autoctone.
    È indispensabile, dunque, che nella preparazione e nella realizzazione delle prossime indagini a campione siano coinvolte direttamente le istituzioni della comunità italiana. Va inoltre rilevato che in Slovenia poco o nulla è stato fatto sinora a livello politico per cercare di porre rimedio al drammatico calo numerico degli italiani registrato nel 2002. Ricordiamo che otto anni fa si erano dichiarati di nazionalità italiana in questa Repubblica 2.258 persone, 701 in meno rispetto al censimento del 1991, con un decremento – uno dei più pesanti mai registrati nella storia della comunità in Slovenia – di quasi il 24 p.c. (il 23,69 per cento, che però raggiungeva il 26,2 p.c. tenendo conto anche dei residenti assenti per più di un anno, rilevati del 1991 ma non nel 2002).

    ezio giuricin, la voce del popolo

  175. effebi ha detto:

    cercando “minoranza” su bora.la curiosamente si trovano esclusivamente post che riguardano la minoranza slovena in italia
    rarissimi se non addiritura nulli quelli riguardanti la minoranza italiana in slovenia e/o croazia.
    il censimento del 2011 potrebbe essere una buona occasione per riequilibrare… chissà.

  176. effedici (FDC) ha detto:

    Censire le minoranze non è degno di un Paese rispettoso dei diritti naturali e civili. Una minoranza va tutelata a prescindere da quanti individui ne facciano parte.

  177. dimaco ha detto:

    effebi forse perchè non esiste?

  178. Julius Franzot ha detto:

    @178

    Una maggioranza deve essere censita, altrimenti vengono 2 Mongoli o 2 Eskimesi e bisogna riconoscerli con tutte le con$eguenze che ne derivano.
    Però il censimento deve essere onesto e non – come fatto a TS nel 1997 – ignorare del tutto le persone che si sarebbero dichiarate di una nazionalità sgradita.

  179. Julius Franzot ha detto:

    pardon: “una MINORANZA”

  180. effedici ha detto:

    Julius, che a ts ci sia una maggioranza italiana ed una minoranza slovena è lapalissiano. Non serve un censimento.
    Che questa minoranza STORICA ed AUTOCTONA (sono lì da 1.200 anni…) sia composta da 3 persone o da 30.000 persone non importa. Va tutelata perché è una componente culturale della città. E’ un monumento della città.
    Che poi questa minoranza fosse maggioranza fino a 200 anni fa è un altro paio di maniche.

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