22 Aprile 2010

In aumento i bambini di famiglia italiana che frequentano le scuole slovene

Piscologa-psicoterapeuta e ricercatrice, Susanna Pertot, parla della scelta – sempre più praticata da famiglie triestine di lingua italiana – di iscrivere i propri figli a scuole con lingua di insegnamento slovena.

Mi può raccontare il suo profilo e, in particolare, la sua esperienza con le famiglie di lingua italiana all’interno delle scuole e degli asili di lingua slovena?

Svolgo la libera professione di psicologa-psicoterapeuta nonché ricercatrice. Mi interesso dello sviluppo del linguaggio, dell’ educazione e dell’identità etnica in ambiente plurilingue. Ho al mio attivo numerose pubblicazioni divulgative e scientifiche, prevalentemente in lingua slovena, ma anche in italiano e inglese. Dal 2002 tengo degli incontri per gruppi di genitori che hanno i figli nelle scuole con lingua d’insegnamento slovena. Si parla dello sviluppo linguistico del bambino in ambiente plurilingue partendo dalle esperienze e dalle situazioni comunicative reali che i genitori vivono quotidianamente. Molti dei partecipanti sono genitori di lingua italiana che per i propri figli hanno scelto la scuola con lingua d’insegnamento slovena.

Quanto è grande questo fenomeno (dei bambini di lingua italiana negli istituti di lingua slovena) nella Regione Friuli Venezia Giulia?

Norina Bogatec, l’autrice del libro “La scuola statale slovena al microscopio” edito nel 2004 dallo SLORI -Istituto Sloveno di Ricerca, riporta i seguenti dati relativi: nell’anno scolastico 2002/2003 il 41% degli utenti delle scuole con lingua d’insegnamento slovena di Trieste e Gorizia erano figli di genitori sloveni, il 44% era invece nato da unioni interetniche prevalentemente tra sloveni ed italiani, il rimanente 15% era costituito da famiglie non slovene e per lo più italiane. Tra il 1995 e il 2003 il numero dei figli di genitori sloveni è diminuito del 20%, il numero di quelli nati da unioni interetniche è aumentato del 13%, mentre il numero di figli di genitori non sloveni, cioè in prevalenza figli nati da unioni tra italiani, è pressoché raddoppiato (dall’ 8% al 15%). Si dice che il numero dei bambini figli di genitori italiani sia in costante aumento, ma non si trovano dati pubblicati di recente.

Quali sono i problemi più grandi che questi bambini devono affrontare?

E’stato accertato che nell’infanzia il processo di apprendimento di una seconda lingua, dopo che la prima è stata già acquisita, dura dai sei ai sette anni. E’ vero che i bambini piccoli non “imparano” le lingue, bensì le apprendono attraverso il gioco e l’interazione con le persone che li circondano. Per questo motivo agli adulti sembra che questo avvenga in modo automatico e senza sforzo. Allo stesso modo quando il bambino “impara” a camminare gli adulti non colgono il suo sforzo per rialzarsi ogni volta che cade e si rimette in piedi. La nuova lingua in realtà rappresenta per il bambino uno sforzo cognitivo e emotivo.

Quali sono i problemi invece che affrontano i loro genitori?

Iscrivere il proprio bambino in una scuola dove si insegna in un lingua che in casa nessuno parla, richiede da parte della famiglia la capacità di tollerare che il bambino venga socializzato e scolarizzato in un contesto linguistico diverso da quello in cui sono stati socializzati i suoi genitori. Non potendo controllare del tutto il processo di apprendimento dei figli , alle elementari può essere ad esempio difficile aiutarli nei compiti a casa, bisogna avere o sviluppare la capacità di fidarsi e affidarsi alle insegnanti e confidare nelle capacità del bambino supportandolo psicologicamente piuttosto che aiutandolo concretamente, ad esempio nello svolgimento dei compiti.

Che strategie di comportamento suggerisce per i genitori?

Un atteggiamento positivo verso la lingua, il sostegno e l’interessamento dei genitori sono elementi chiave per lo sviluppo linguistico del bambino. E’ consigliabile che i genitori oltre al sostegno psicologico, cerchino di creare attorno al bambino un ambiente linguisticamente ricco anche fuori dalla scuola: devono offrirgli possibilità di incontrare persone che usano la lingua che essi non parlano. Oltre alle situazioni di socializzazione (circoli associativi, società sportive, ecc.) sono importanti anche i libri, i giochi linguistici, i video e cose di questo genere. Per i genitori un modo efficace per stimolare il bambino ad impadronirsi della nuova lingua è senza dubbio quello di impararla essi stessi. Se proprio non possono iscriversi ad un corso, possono adottare comportamenti meno “gravosi” dello studio come per esempio l’abitudine di usare la lingua che il bambino sta imparando nel salutare e ringraziare i parlanti questa lingua.

Per esperienza personale (i miei figli vanno ad una scuola materna di lingua slovena) vedo che gli sloveni al di qua del confine non sempre accettano ben volentieri che una proporzione molto elevata di scolari nelle scuole ‘slovene’ non sia di madrelingua slovena.

Alcuni genitori sloveni possono essere preoccupati che i figli non acquisiscano un’efficace padronanza dello sloveno. Ma sembra un timore infondato se si considerano i risultati di una recente ricerca su un campione rappresentativo di ragazzi di terza media delle scuole slovene. Infatti, i punteggi ottenuti nei test di competenza grammaticale e lessicale in lingua slovena dai ragazzi nati da unioni interetniche o tra italiani non differiscono da quelli ottenuti dai ragazzi figli di genitori sloveni. Tutti raggiungono dei risultati soddisfacenti, è solo questione di tempo.

C’è un rischio di ‘smarrimento’ dell’identità della comunità slovena in Italia, causato da questo fenomeno?

Nella società si stanno affermando nuove opzioni identitarie, trasversali a confini, tipologie, nazioni e caratteri di fondo; mettendo in questione la nozione, fondamentalmente statica, di identità. Come d’altronde succede in tutti i luoghi in cui vivono le minoranze, anche da noi le tradizionali identità etniche o nazionali , quella slovena e quella italiana, non predominano più mentre proliferano processi di ibridazione e contaminazione. Il cambiamento è dunque generale, riguarda la comunità slovena quanto quella italiana.

Cosa s’intende per identità ibrida?

Ibrida potrebbe essere definita ad esempio l’identità dei figli nati da matrimoni interetnici. Questi bambini non appartengono a una sola comunità, benché come singoli individui non rappresentino nemmeno la somma di entrambe le appartenenze, essi sono, invece, portatori di un qualcosa di »terzo«. Ma anche i genitori italiani che iscrivono i figli nelle scuole slovene stanno sovvertendo la tradizionale struttura binaria. Questo appare chiaro forse più ai bambini che agli adulti, come dimostra l’affermazione di uno scolaro di prima elementare: »Mio padre non parla lo sloveno, ma vede anche in sloveno«.

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36 commenti a In aumento i bambini di famiglia italiana che frequentano le scuole slovene

  1. Kaiman ha detto:

    Sono un sloveno, ho gia’ un’eta’ matura vi confermo che 30 anni fa, mai piu’avrei immaginato questa richiesta di genitori di madre lingua Italiana di avviccinare i propri figli nelle scuole slovene.
    Penso che abbiano pensato bene i genitori, dando ai propri figli la possibilita di apprendere un’altra lingua

  2. Antonio ha detto:

    Quando domandai a mio padre perché non mi avesse mandato in una scuola con lingua di insegnamento slovena lui mi rispose con tono un po’ stupito che “nianca ghe passava per la testa” o “quela volta se usava cussì”…
    Mi fa piacere sentire che c’è chi oggi fa questa scelta che io ritengo un’opportunità straordinaria che si può dare ai propri figli (a scanso di equivoci lo stesso discorso varrebbe per il tedesco o il coreano…). Parlare in un’altra lingua vuol dire anche pensare in maniera differente e se vogliamo fare un discorso squisitamente utilitaristico, più lingue si sanno e più opportunità si hanno.

  3. maja ha detto:

    Milič mi perdonerà se dico che secondo me ha omesso di porre una domanda fondamentale che riguarda la preparazione professionale degli insegnanti chiamati a gestire questo tipo di situazioni.

    Che tipo di strumenti e metodologie usano, per esempio, per alfabetizzare una classe nella quale metà dei bambini già parla correntemente la lingua veicolare, mentre l’altra metà non ne conosce neppure tutti i suoni?

    Seguono dei corsi professionali specifici? Adottano metodologie di insegnamento particolari? Come fanno?

  4. ufo ha detto:

    Interessante come analoghe considerazioni vengano fatte anche oltre confine ( http://www.edit.hr/lavoce/2010/100410/fvg.htm ). Colla differenza che nessuno ha tacciato il Nicolini di ghettizzazione per aver esternato, mentre quando un politico nostrano ha detto qualcosa di simile…

    Il fenomeno si presta anche ad una lettura alternativa: c’è, come evidentemente dimostrato dalle iscrizioni, una richiesta da parte del “mercato” di insegnamento dello sloveno, ma non c’è una contemporanea offerta di tale insegnamento da parte delle scuole in lingua italiana, che secondo logica dovrebbe esserne il fornitore naturale. La scomoda alternativa per i genitori e il dover scegliere tra il rinunciare a tale insegnamento oppure rinunciare alla possibilità di assistere i figli nello studio (dubito che la maggior parte trovi facile spiegare la radice quadrata, figurarsi se invece si trovano a spiegare il “kvadratni koren”). Le scuole della minoranza si trovano così a dover sostenere un onere improprio oltre a quanto già fanno normalmente, cioè supplire a quanto le strutture educative in lingua italiana non possono o vogliono fare – ed ovviamente senza che per questo ricevano adeguate risorse, anzi proprio nel bel mezzo dello sconquasso Gelmini.

    Altra considerazione è che forse dal punto di vista linguistico sta piano piano cambiando il concetto comune di “normalità”. Per tutto il XX° secolo e dintorni in questo isolotto provinciale si è considerato normale, quando non addirittura motivo di vanto, ignorare o affermare di ignorare una lingua parlata quotidianamente non in Mongolia ma a Servola, Roiano e S. Giovanni. Un alunno alla volta ci stiamo forse avvicinando ad una “normalità” meno disconnessa dalla realtà. Non è granché e non risolverà i problemi del porto o della Ferriera, ma colla carenza di segnali positivi che c’è in giro…

  5. Sara Matijacic ha detto:

    Io sono frutto di una scelta del genere. Nel 1995 (avevo quasi 9 anni) era una scelta che pochi genitori predevano, specialmente nel carso. Oggi posso solo ringraziarli. Imparare due lingue contemporaneamente mi ha permesso di impararne altre due: l’inglese e il croato.
    Dal 2008 al 2009 ho lavorato presso la scuola dell'”infanzia Delfino Blu” e mi sono trovata ad affrontare una realtà totalmente diversa da quella che avevo affrontato da piccola. Mentre nel mio caso ero l’unica bambina di madrelingua italiana, nella sezione slovena dove ho lavorato solo un paio di bambini aveva già una solida base linguistica. Tutti gli altri partivano praticamente da zero. Ciò nonostante alla fine del loro percorso triennale gli italofoni avevano fatto dei grandi progressi.
    è incredibile quanto i bambini riescano ad apprendere a quell’età. 🙂

  6. Luigi (veneziano) ha detto:

    La situazione della scuola italiana in Slovenia e Croazia ha raggiunto uno “step” successivo, che va capito adeguatamente onde evitare i problemi che affliggono la scuola della minoranza italiana.

    In pratica, oggi la maggioranza degli iscritti alle scuole della Comunità Nazionala Italiana (CNI) è di madrelingua slovena o croata, e mentre la lingua utilizzata nella lezione frontale è sempre l’italiano standard, la lingua d’ambiente nella scuola è in modo nettamente prevalente lo sloveno o il croato, o ancora una nuova forma linguistica che mescola italiano, sloveno/croato e il dialetto veneto-istriano.

    Ciò si è tradotto in un fortissimo decadimento della qualità dell’apprendimento dell’italiano nelle scuole della CNI, che chiunque ha letto dei componimenti scritti in lingua italiana anche delle ultime classi della scuola dell’obbligo ha notato immediatamente. Gli errori d’ortografia e di grammatica sono alle volte madornali, e molto spesso riflettono la grammatica slovena/croata o forme dialettali.

    Siccome – ripeto – il fenomeno nelle scuole della CNI è molto più avanzato rispetto alle scuole slovene, già da tempo sono stati scritti dei notevoli studi in questione: uno fra tutti Nelida Milani, “La Comunità Nazionale Italiana fra diglossia e bilinguismo”, Trieste-Rovigno 1990.

    Nelida Milani – uno dei maggiori esperti al mondo di tutte queste questioni – dopo vent’anni è giunta a conclusioni drammatiche, proponendo addirittura una misura come l’esclusione dalle scuole della CNI di chi appartiene a famiglie croate. In pratica, potrebbero iscriversi alle scuole della minoranza solo i figli degli italiani o i figli delle coppie miste.

    La cosa poi ha un immediato riflesso sull’identità nazionale della minoranza. E non si creda (prevengo già le critiche di chi conosce queste storie solo per sentito dire) che siano questioni neo-irredentistiche o venute fuori in ambienti “italianissimi” in tempi recenti: fin dagli anni ’70 ne scrisse il prof. Antonio Borme, che paventava la sparizione della CNI pur in presenza di persone che parlavano in qualche modo l’italiano. In pratica, di fronte ad un atteggiamento aggressivo e oggettivamente discriminante da parte della maggioranza accompagnato ad un’eccessiva presenza slovena o croata nelle scuole della CNI, Borme affermava che sarebbero stati mantenuti solo i simulacri esteriori della tutela, svuotando poi il succo stesso dell’identità nazionale italiana, che costituisce il senso stesso dell’esistenza di una minoranza.

    Antonio Borme era all’epoca presidente dell’Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume (UIIF). Per queste sue prese di posizione, nel 1974 venne prima espulso dalla Lega dei Comunisti e poi defenestrato dalla presidenza dell’UIIF per ordine del Partito Comunista Croato (PCC), con l’accusa di sciovinismo. Dopo la sua defenestrazione, la CNI conobbe la più drammatica diminuzione della propria consistenza. Al censimento del 1981, in tutta la Jugoslavia furono 15.131 a dichiararsi italiani, con una riduzione di oltre il 30% sui dati di 10 anni prima. L’allora presidente dell’UIIF – Mario Bonita – piallato sulle posizioni del PCC dichiarò che i dati del censimento dimostravano la prosecuzione del percorso di sviluppo armonico della CNI nella Jugoslavia socialista.

    Luigi (veneziano)

  7. effebi ha detto:

    ma i bambini italiani che frequntano le scuole slovene sono più bravi dei bambini sloveni-croati che frequentano quelle italiane ?

    ma non si è sempre detto che sloveno-croato sono importanti perchè facilitano l’apprendimento di altre lingue ? ..boh !?

  8. effebi ha detto:

    oppure è una questione di qualità delle scuole e allora può essere che quelle slovene in italia siano migliori di quelle in slovenia-croazia.

    quindi l’italia si dovrebbe preoccupare di portare allo stesso livello, migliorandole, le scuole italiane in slovenia-croazia

  9. ciccio beppe ha detto:

    Cara maestra,
    un giorno m’insegnavi
    che a questo mondo noi
    noi siamo tutti uguali.
    Ma quando entrava in classe il direttore
    tu ci facevi alzare tutti in piedi,
    e quando entrava in classe il bidello
    ci permettevi di restar seduti.

    (Luigi Tenco “Cara maestra”)

  10. effebi ha detto:

    sbagliava a insegnare che siamo tutti uguali, mi sembra che su questo non ci siano dubbi:
    maschi, femmine, alti, bassi, grassi, magri, sgai e sempi…

    quindi ?

  11. matteo ha detto:

    no non sono migliori delle scuole slovene in slovenia, questo lo so perche ho fatto tutte e due, sono migliori le slovene in quanto formazione scolastica migliore, per esempio nei anni 90 0 cera gia la classe con una ventina di pc al ora di informatica

  12. effebi ha detto:

    di quali “slovene” parli ?
    scusa ma non ti ho capito, riformulo il concetto:

    “oppure è una questione di qualità delle scuole e allora può essere che quelle slovene in italia siano migliori di quelle italiane in slovenia-croazia”

  13. alpino ha detto:

    Penso che al momento la polemica non serva, siamo di fronte alla possibilità di scelta da parte delle famiglie in merito al percorso di studi dei loro figli e lingue parlate, il mio miglior amico ha fatto le scuole slovene escluse le superiori perchè lì la qualità e le chanches in termini di preparazione per proseguo universitarie sono bassine, ad oggi è perfettamente bilingue..ci sono o c’erano delle carenze nell’insegnamento delle scuole elementari medie slovene di Gorizia, ma ciò da quanto si sapeva era dato dal fatto che queste scuole hanno difficoltà a reperire il corpo docente ad esempio maestro di matematica che parli sia lo sloveno che l’italiano..secondo me sono lacune che si possono superare
    Oggi questo mio amico si è laureato al Dams e guarda i casi della vita fa il docente a contratto nelle scuole slovene di Trieste, ha trovato lavoro immediatamente perchè a suo dire (verificandolo tutti i giorni) nelle scuole superiori slovene di trieste manca costantemente corpo docente bilingue come lui..
    Queste sono mancanze che con la buona volontà e soldini si possono ovviare l’importante è che rimanga viva la possibilità di scegliere..e xe lo digo mi che non son proprio filosloven..:-)

  14. matteo ha detto:

    le slovene in slovenia, non credere che poi sia cosi differente l’insegnamento nella scuola italiana in slovenia da quella slovena in slovenia

  15. jacum ha detto:

    finalmente una bela notizia, son contento.

  16. maja ha detto:

    Luigi, non ti preoccupare che pian pianino (ma neanche tanto) ci stiamo arrivando anche qui.
    Basta rileggersi il commento 5 di Sara per capirlo.

  17. effebi ha detto:

    14 – mi sembrava di aver capito che non è proprio così per le scuole italiane in slovenia-croazia dove sembra che alla fine nella preparazione, anche di base, in particolare proprio sulla grammatica italiana, ci sono parecchie lacune.

  18. enrico maria milic ha detto:

    scusate,
    ma non vedo il problema di cittadini che non sanno perfettamente la grammatica. vedo invece il problema di chi non riesce a comunicare o non capisce cosa dice quello che abita a 10 km di distanza o nella stessa città.

  19. effebi ha detto:

    …quindi basta el triestin e se capimo tuti ?

    evvvvai !!!

  20. enrico maria milic ha detto:

    effebi

    al contrario.
    come sai già quando non sei imborezzato dalla tua foga provocatoria,
    penso che italiano, sloveno e inglese dovrebbero essere insegnati sempre da una parte e dall’altra del confine.
    penso inoltre che il triestino dovrebbe essere riconosciuto in ambito pubblico e, perchè no, anche a scuola in alcuni casi.

  21. matteo ha detto:

    anche nelle scuole italiane in italia ci sono lacune in grammatica

  22. sandro giombi ha detto:

    Bravissimi, finalmente! W Trieste con il bilinguismo integrale, unico modo per far terra bruciata attorno ai maledetti nazionalisti, seminatori d odio di questa e quell’ altra parte; Trieste ha contato qualcosa nel mondo quando, come città libera e cosmopolita ospitava decine di gruppi etnici, nel 1910 uscivano una sessantina tra fogli e giornali, compreso l albanese ed il rumeno (Trieste-Ara/Magris)… Trieste/Trst deve diventare come Strasburgo, dove tutti parlano e scrivono sia il francese che il tedesco.

  23. effebi ha detto:

    a parte che italiano, sloveno e inglese sono già insegnati da un parte e l’altra del confine

    (ma poi, che confine !? emm… proprio tu…)

    ma anche il triestino a scuola ?

    1 ora italiano (o sloveno)
    1 ora inglese
    1 ora friulano
    1 ora sloveno (o italiano)
    e poi tutte le materie in tutte e 4 le lingue…

    mi penso che sti fioi ne darà una piada in tel cul (devo tradurre ?)

    poi pensiamo al figlio di un immigrato, (es. serbo) o per un ragazzo della comunità greca.

    in effetti dovremo essere pronti a tollerare qualche sbavatura grammaticale.

    (viva l’esperanto !)

  24. jacum ha detto:

    ma cosa sucedi ogi!!!???!!!

    QUOTONE A EMM!!!!

    sono ncora più contento 🙂

  25. alpino ha detto:

    bon adesso no stemo allargarse non parliamo di bilinguismo in toto ma solo di scuole presso le quali le faiglie italiane che lo volessero possano portare i loro figlioletti..se da na man e se ciapa tuto el brazo 🙂 subito lanciadi col bilinguismo 🙂

  26. effebi ha detto:

    un certo mio individualismo eremitico mi porta a non voler essere obbligato a diventar bilinguista …nè trilinguista.
    mi iscriverò ad un corso di esperanto e rinnegherò bollandoli come mali assoluti tutte le altre lingue e dialetti.

    “Esperanto !? Bona ideo !” (xe anche facile, ciò….)

  27. Liborio ha detto:

    Ma perchè a Trieste si vuole il bi-tri-quadri linguismo e noi sardi non possiamo insegnare il sardo nelle nostre scuole?

  28. AnnA ha detto:

    Se c’è un motivo per cui mi dispiace di non aver avuto figli, è proprio quello di non averli potuti mandare in una scuola con lingua diversa dalla mia, offrendogli quindi una tale opportunità.

  29. era ha detto:

    penso che i vantaggi per chi fa questa scelta siano enormi, non a caso sempre più famiglie prendono questa strada per i loro bambini

  30. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ enrico 18
    Il problema della scarsa conoscenza della grammatica non è grave, fino a quando la scarsa conoscenza della grammatica non è grave.

    Parlando sempre delle scuole della minoranza italiana in Croazia, però devo notare che la conoscenza della grammatica e della sintassi può arrivare a livelli veramente imbarazzanti. Tu leggi dei compiti dove si mescolano forme croate italianizzate (“trapperizze”, “referato”, “il citato”), errori ripetuti della stessa specie (“familia”, “sbaliato”, “asomilia”), errori dovuti all’inserimento di una lettera croata “traslitterata” (quale per esempio la š) in una parola italiana (“pesse”, “nassita”, “sendere”, “conosevamo”), errori dovuti al calco lessicale o morfosintattico croato in una frase italiana (“I genitori sono già in nota per le vacanze”, “Non dubitavo in questo”, “La situazione è qualcosa diversa per mia sorella”). Alle volte, tu vedi delle vere e proprie sovrapposizioni di due lingue (“andiamo u školu”).

    Anche l’influenza dell’istroveneto è in certi casi evidente (“Chi lo vuole cior, ghe resti questo”).

    A ciò aggiungici l’utilizzo di un vocabolario estremamente ridotto, di non più di 2-300 parole, che spesso obbliga i ragazzi ad utilizzare delle perifrasi per descrivere un oggetto del quale non si ricordano il nome (per parlare del microfono: “Quella cosa che si può parlare e gli altri sentono”).

    Abbinato a tutto ciò, il fatto che in italiano si svolgono tutte le lezioni, mentre il croato è studiato come L2 (l’italiano essendo L1), e a questo punto un ragazzo rischia di uscire dalla scuola della minoranza non conoscendo l’italiano e non conoscendo nemmeno il croato, con una povertà lessicale che di fatto lo emargina culturalmente e in certi casi anche socialmente.

    Certo: non credo che questa sia la situazione degli scolari/studenti sloveni d’Italia. E’ da anni però che la situazione dell’apprendimento dell’italiano per la minoranza di nostri connazionali in Slovenia e Croazia è sotto la lente.

    Ad oggi, non si è riuscita a trovare una soluzione.

    Luigi (veneziano)

  31. alpino ha detto:

    che vi siano dei vantaggi non vi sono dubbi ma ne parlate come se fosse l’occasione della vita, persa irrimediabilmente per chi non le frequenta..parliamo di scuole normali dove si insegna anche un’altra lingua mica dell’ingresso alla Normale di Pisa, o MIT di Boston

  32. arlon ha detto:

    @ alpino: sì, xe la ocasion de la vita. Per el semplice fatto che entro i 7 anni te ga una certa capacità de aprendimento, entro i 18 un altra ancora, e oltre i 25/30 xe longhi.

    Quindi xe una scelta de far in una precisa fase dela vita, che (in quele modalità) la vien persa proprio irimediabilmente.

  33. alpino ha detto:

    certo è come dici tu son d’accordo, ma parliamo comunque dell’apprendimento di una lingua pseudo locale, un’altra occasione è iscirvere il bimbo ad una British School sin da piccolo affinchè magari l’inglese sia una seconda lingua..questo darebbe ancor più valore aggiunto

  34. clax ha detto:

    certo. per esempio ti puoi trasferire laddove l’italia confina con l’inghilterra e puoi iscrivere tuo figlio alla britisc scul. valore aggiunto.

  35. arlon ha detto:

    @ Alpino: co’ te sa 2 o 3 lingue ben (e raramente sucederà con l’inglese, almeno a TS/in Italia per come vien gestido desso), le altre te le impari veramente sai facile anche de adulto, e xe praticamente indiferente quali lingue te impari come prime, a patto che le sia bastanza diverse tra de lore (per dir, talian e spagnolo no val 😀 ma col tedesco o sloven, sì).

    Se a questo ghe zontemo che cmq saver almeno 2 parole nela lingua de chi che sta a 1km de casa nostra xe bona educazion, oltre che utile per lavor e vita, el sloven pol eser per un muleto una ottima base de partenza per pensar multilingue, cussì come el italian per un croato, etc.

    Credo però che col tempo ghe debi eser dele scelte de tipo qualitativo: el muleto (italian in scola slovena o sloven/croato in italiana, xe uguale) che dopo asilo e un per de anni de elementar dimostra de no rivar a parlar la lingua veicolar.. devi eser invitado a andar nela scola dela lingua madre (ma ga de eser basado solo sui risultati/meriti, sicuramente no a caso o su base familiar).

    Dopo, l’ideal saria che nela scola nela sua madre lingua el rivasi a trovar un corso magari de 1h ala setimana del altra lingua, in modo da no perderla. E in modo che anche quei che no vadi in scola slovena, sapi dir do parole.

    Dopo questo, inglese tedesco russo & co vien facili.

    Cmq, volendo far un discorso serio, se meti subito insieme i ministeri croato sloven e italian, e se parla de organizar la question linguistica in maniera paritaria in tute le zone de confin. Volendo far un discorso serio. Ma nisun vol, in alto, me par.

  36. alpino ha detto:

    @Clax le British ci sono anche in Italia Trieste compresa..

    Go capì el succo del discorso se mio fio impara lo sloven diventa genio in tutte le lingue e non solo, se non lo studia resta mona come el pare

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