27 Gennaio 2010

“Più giovani alla laurea, più regolari negli studi”, i neodottori a Trieste

(foto di ivan doglia) L’articolo è di Lorenza Masè
Trieste “Più giovani alla laurea, più regolari negli studi e con maggiori esperienze di stage nel curriculum”. È questo l’identikit dei neodottori triestini tracciato da Almalaurea. L’indagine – che ha coinvolto i 3.342 laureati usciti dall’Università di Trieste nel 2008 – ha fotografato, a otto anni di distanza, gli effetti della riforma universitaria del 3+2. Nel 2008, gli studenti dell’ateneo giuliano hanno raggiunto il traguardo della laurea all’età di 27,1 anni che scende a 25,5 anni per i laureati di I livello. Prima della riforma (dati 2001), l’età media alla laurea era di 31 anni, dunque molto più alta. Inoltre la riforma segna un punto a favore della mobilità sociale: il 70% dei laureati dell’ateneo giuliano ha entrambi i genitori non laureati. Il titolo accademico che entra per la prima volta in famiglia dimostra un allargamento dell’accesso agli studi universitari a fasce di popolazione meno avvantaggiate. L’indagine segnala però anche una debolezza della riforma: a causa della riduzione del percorso di studi, rispetto ai laureati del vecchio ordinamento i neodottori di Trieste, hanno meno esperienze di studio all’estero: nel 2008, solo l’8% dei laureati è partito con l’Erasmus, contro il 10,6% del 2001.
Dopo il traguardo della laurea di primo livello un’altissima percentuale di giovani, il 79,3%, intende proseguire gli studi. Quasi tutti puntano alla laurea specialistica, alcuni scelgono un master universitario.

(foto di ivan doglia)

Giovanna è una dottoranda ventisettenne triestina che sogna un “posto” all’università ma “per avere migliori opportunità di carriera – ha detto – credo sarò costretta a lasciare l’Italia, sto valutando l’opzione Stati Uniti”. “Nel nostro paese non ho alcuna chance di ottenere un giorno una cattedra e – ha proseguito – temo di diventare uno dei tanti precari della ricerca in attesa di una stabilizzazione”. Un’altra ragazza, laureata nel 2008 alla Scuola Interpreti e Traduttori di Trieste e con un master appena concluso, racconta la fatica di entrare nel mondo del lavoro. “Sono ancora disoccupata e sto facendo uno stage non retribuito. Dopo tanti anni di studio e i titoli che ho acquisito mi aspettavo di più: mi hanno offerto soprattutto lavori sottopagati o non affatto retribuiti con la scusa che il mercato richiede dei profili sempre più poliedrici e bisogna pertanto continuare a formarsi”. “Il mio futuro è instabile – ha concluso – e sta crescendo un senso di frustrazione”. Insomma, più dolori che gioie. La vita dei “bamboccioni” di casa nostra non è poi così facile. Il precariato sta plasmando le abitudini, le aspettative e i sogni di una generazione dal futuro incerto.

un ringraziamento a Libretto.com, giornale universitario di Trieste, per la collaborazione

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