12 Ottobre 2009

“Spegni il motor déi” – Diario della Barcolana 2009 – Parte I

Per me la vela era come il Golf.
Uno sport del cazzo.
Una di quelle velleità borghesi che riconosci subito come inutili e stupide
perché hanno un vocabolario tutto loro.
Tutte le cose che hanno una linguistica di nicchia e antipopolare vanno evitate come la peste, questo pensavo.

In più sono Veneto e da me chi si fa la barca di solito è uno stronzo parvenu.
In più avevo un compagno di classe che ai tempi del Moro di Venezia ha appeso a scuola il poster di Raul Gardini.
In più avevo un coinquilino che si distruggeva di cannoni quando alla RAI Luna Rossa non partiva per mancanza di vento
e mettevano i Pink Floyd di Syd Barret come sottofondo.

Poi le cose cambiano.
Perché io cambio.

Comincio a giocare a poker e scopro che il poker come nessun’altra disciplina vive di un vocabolario totalmente inaccessibile ai più.
Ma soprattutto grazie a un paio di gitarelle in barca quest’estate scopro la dimensione sociale, popolare e proletaria della barca.
E me ne innamoro.

DSCF0491Lo so non sono per nulla una persona coerente.
E dio benedica gli incoerenti sempre pronti a saggiare un’idea nuova quando ci sbattono contro.

La Barcolana 2009 è la mia prima Barcolana.
E la preparo come si deve.

ABBIGLIAMENTO
La sveglia è alle 7.
Faccio colazione con 250ml e 6 biscotti Enerzona.

Scelgo una maglia North Sails, una paio di Jeans Paul Smith con cintura Paul Smith e scarpe da vela Paul Smith.
Giubbotto senza maniche in stile Torben Grael e un cappellino dei Boston Red Sox.

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Partiamo.
L’arrivo a Grignano è qualcosa che non ci si crede.
Nonostante la giornata stupenda l’orizzonte è invisibile.
C’è una muraglia infinita fatta di barche, ognuno col suo nome più o meno originale.

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La nostra si chiama Spitz. Che è una roba quasi normale
se la paragoni a Bellatrix, la strega cattiva di Harry Potter.
O a Babayaga, altra strega, o a Picolit, del solito furlàn invidioso del mare.

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La prima cosa che imparo salendo in barca è qualcosa che conosco già.
Ovvero il principio di “triestinizzazione” del mondo.
Ovvero che qualsiasi sia il vocabolario di una particolare nicchia, il Triestino è sempre e comunque la lingua dominante
e ha come compito primario quello di colonizzare qualsiasi nicchia.
L’avevo scoperto col Poker, dove “devi andare allin…” diventava “te gà de smacar picia, sburta senza paura!!!”.
L’ho riscoperto con la vela dove “cazza” diventa “zuca”.
Che poi scrivendo l’articolo pare proprio che “zucar” derivi da un termine marinaresco “assucare”, “stringere”.

DSCF0514L’altra cosa che imparo a conoscere, è come possono sentirsi quei ritardati che insulto giocando online chiamandoli “donk”.
Appena salito in barca il donk sono io.
E nell’arco di 4 ore mi sono beccato una quantità di bestemmie, insulti e rimproveri che in nessun altro frangente sarei disposto a tollerare.
Qui invece, ne vado pazzo.

Pochi cazzi, sarà anche un evento dove la competizione ha un ruolo marginale,
ma vi assicuro che la gente ammazzerebbe per un passaggio di boa veloce,
o per una virata senza intoppi.

E così un “te son ritardà? te lo gò dito sei volte. te son ritardà?” non me lo leva nessuno.

Barcolana 2009

– Fine prima parte –

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24 commenti a “Spegni il motor déi” – Diario della Barcolana 2009 – Parte I

  1. Bibliotopa ha detto:

    a proposito di Triestinizzazion: il titolo Spegni el motor dèi.. un vero triestino direbbe Studa el motor, e un vecchio triestino Distuda el motor… “spegni” xe resentado..

  2. arlon ha detto:

    Disemo che xe un sport ben più proletario de quel che par vardando la tv..
    E anche che jeans e scarpe “finte de vela” xe meio lasarle a casa 😛

  3. Enrico Marchetto ha detto:

    infatti ha detto “spegni” perché secondo me,
    era incerto che l’altra barca capisse o meno
    “studa”.

  4. enrico maria milic ha detto:

    “triestinizzazione del mondo”
    : )

  5. DaVeTheWaVe ha detto:

    bel. speto la seconda parte.
    comunque l’abigliamento da barca xè de fighetti, altro che proletari… per questo te devi dir un mea culpa! =)

  6. Enrico Marchetto ha detto:

    E’ un mio limite: ho il culto del dress code.

  7. lànfur ha detto:

    Zuchen in tedesco non vuol dire strattonare?

  8. michele ha detto:

    “preferisco avere ragione che essere coerente”
    Winston Churchill

  9. Matteo Apollonio ha detto:

    1) El posto barca
    2) Andemo a pusčiar
    3) El parnzo alla velica
    4) I giuboti North Sails
    5) Le Timberland
    6) El carel per l’auto
    7) Far el fondo de la barca
    8) Elan o Bavaria?
    9) Spangher e la roba de Prada
    10) Le polo della Barcolana

  10. effebi ha detto:

    pezo ancora xe quei che disi:

    “…spengi el motor”

    ma, per meterse indosso quela roba de abigliamento, ghe vol saver l’inglese ?

  11. Milost ha detto:

    La Barcolana da terra. Mai pensato di finire sulle Rive in occasione della Barcolana. Poi mi capita. Bene, basta questa volta qui. Mi è parso un inno all’opulenza, una manifestazione di potenza economica ( nulla capivamo noi meschini della potenza velica)alla faccia della crisi e della cassa integrazione. Tranne alcune barche ed equipaggi evidentemente sportivi e agonistici, si esibivano barche lussuose, con occupanti lussuosi, messi da se medesimi in vetrina per la fiumana che sgomitando fluiva ammirandoli. Guardando contabilizzavo, occhio e croce, quanti ospedali pediatrici si potrebbero costruire in Africa con i denari rappresentati sopra la linea di galleggiamento. Il clou è stato il gruppo fintamente indifferente, su una barca infinita e carica di decori e dettagli non del tutto discreti, che brindava servita da apposito addetto con tanto di divisa da cameriere in finissime coppe scintillanti al sole, mentre noi spettatori, intruppati nell’immane ingorgo, avanzavamo lenti, ebbri della puzza di fritto che ci divideva irrimediabilmente dalla loro serena e studiatissima indifferenza. La Barcolana va vista da lontano, ben alti sopra la coreografia delle vele sul mare…

  12. Bibliotopa ha detto:

    per meterse indosso quela roba de abigliamento ghe vol soprattutto gaver el portafoglio pien , me par.
    e inveze no vedo una gialla, che in barca saria de tegnir, soprattutto se fussi come oggi.

  13. arlon ha detto:

    Credeme, maieta bianca e braghe de tela va straben 😀 North Sails & co. xe de solito per quei che usa al max la barca 5 volte al anno, magari gnanca quele.
    Unica spesa necesaria, i guanti boni che se no te se sbreghi le man.

  14. fluido ha detto:

    @milost
    podessi esser d’accordo, ma dovemo esser coerenti. penso che per venir alla barcolana te ga usado l’auto che ga brusado benzina che magari riva raffinada dalla nigeria (in parte) e pensa che con i euri de quel pien una famiglia in india vivi un mese, per scriver il tuo post magari te ga usado corente dell’enel che non penso sia totalmente idroelettrica e ecosostenibile e che non fa mal a nesun. non critico la tua posizion, ma dovemo esser consapevoli che ogni nostra azion fa mal ai paesi “sfruttadi” da noi purtroppo, no solo il barcon pien de italiani che non te sa come mai batti bandiera de antigua. se un vol pol aiutar le organizzazioni umanitare (come deduco e presumo te lo fa e questo te fa onor) ma non se pol obbligar tutti a farlo e nessun pol obbligar a “far el figo” con la barca figa, spero non te se sentivi de meno perché non te ga la barca coi contorni de oro (poi sta nell’inteligenza de un quanto se riva far inzinganar). se l’essere umano xe così, purtroppo no se pol far niente. that’s all

  15. Matteo Apollonio ha detto:

    … in piu’ se si son comprati la barca saranno anche fatti loro. In qualche maniera quei soldi se li sono guadagnati e se li spendono come vogliono. Io avendo soldi comprerei scampi crudi e ottimo bianco ogni giorno. Fare i conti cosi’ mi sembra di pessimo gusto, in piu’ non credo sia giusto farsi sensi di colpa o crearli a tempo pieno. Ognuno c’ha i suoi momenti di sfizio e liberta’. No?

  16. Milost ha detto:

    Sai, Fluido, prima della coerenza arriva la consapevolezza. E io non invocavo la coerenza degli altri – ognuno ne risponde alla propria coscienza – solo condividevo con voi blogger fatti di costume di cui ho avuto consapevolezza. Che nello specifico mi hanno infastidito:mi sarebbe bastato non vedere sui volti delle schiere di appiedati come me tanta ammirazione, tanto ingenuo stupore, tanto desiderio. E così sperare un collettivo percorso di consapevolezze. P.S.Ho una assoluta diffidenza per il mare, figurati se lontanamente desidero una barca!

  17. effebi ha detto:

    confesso, no soporto i velisti, ma se la voia de spender per tute quele inutili monade (che lori ritien necessarie per quel passatempo) “me attiva un mercato” e un giro economico che i fazi pur.
    se inveze volemo cambiar sistema economico alora parlemone, ma ghe vol cambiar la testa de tanti, no solo dei velisti, forsi anche la nostra.
    intanto “l’addetto con tanto di divisa da cameriere” se ga ciapado la giornada… e de sti tempi no xe poco…

  18. Bibliotopa ha detto:

    xe velisti e velisti. Quei che ga el mariner che ghe tien la barca e quei che se la cura de soli, come la più parte dei lussignani.. e po xe quei furbi che no ga barca ma ariva sempre a farse invitar dei amici cola barca. Quei che va fora co xe vento e quei che co xe vento ga paura, quei che va in giro a motor e quei che se no xe vento speta, prima o dopo el se alzerà, quei che va far la Barcolana e quei che va fora in barca el giorno dela Barcolana per vederla del mar….

  19. Enrico Marchetto ha detto:

    Non so.
    piccola premessa: io ho rinunciato a scrivere da tempo sul mio blog.
    L’ho fatto morire con coscienza.
    Perché volevo trasfermi qui con la sicurezza di portarmi dietro il mio intero bagaglio narrativo: stile, contenuti, etc.

    Il name dropping dei vistiti è un mio marchio di fabbrica. Che tra le altre cose è mutuato da Ellis, scrittore americano.
    E che, aggiungo, trovo ridicolo dover star qui a spiegare. Perché chi ha bisogno di note di solito o è sfigato o ha un pubblico di sfigati. Decidete voi.

    Però tutto mi aspettavo di leggere su questo blog, tranne che quando vado in barca devo pensare ai negri africani affamati.
    Terrible.

    O che devo rendere conto a qualcuno di come cazzo mi vesto.
    Del resto vivete nella città più orrendamente casual d’Italia, e se vi trovate a vostro agio coi giubbotti Slam di certo non vi vengo a rompere i maroni.

    mi fermo qui ma solo per non riesco a continuare schiacciato dal genio del nesso:

    baracca de cotto in crosta de Masé = fame nel mondo.

    Nemmeno impegnandomi sarei riuscito a fare tanto.

    P.s. aboliamo il Natale

  20. effebi ha detto:

    “Del resto vivete nella città più orrendamente casual d’Italia”
    no se finissi mai de scoprir i propri limiti
    (son davanti al armadio verto e no so se rivarò dormir stanote con sto pensier…)

  21. massimiliano ha detto:

    marchetto idolo

    “…E così un “te son ritardà? te lo gò dito sei volte. te son ritardà?” non me lo leva nessuno….”

    solo questa frase val el nobel.

  22. maja ha detto:

    La Betty Moore de noaltri!

    Bentornato.

  23. pierpaolo ha detto:

    Grande Enrico!
    in barca mia ierimo in 4 mi compreso. penso che l’insulto migliore che xè uscì dalla mia bocca xè stà:”te son ritardà?? te sta ribaltando el vin!”
    comunque el bagno imbriaghi all’arrivo senza ricordarse de andar zo de randa non ga prezzo..

  24. Milost ha detto:

    Enrico Marchetto,non solo non pensarci quando vai in barca, alla fame nel mondo, ma non occupartene proprio, non c’è davvero bisogno del tuo contributo.

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