2 Ottobre 2009

Grass con gli occhiali rossi sbiaditi

Gunter_Grass

Ho aperto il Piccolo di oggi e mi sono trovato un’intervista a Günther Grass sui risultati delle recenti elezioni in Germania. Grass si era impegnato in prima persona nella campagna elettorale della “sua” ala dell’SPD, quella che aveva diluito il messaggio socoaldemocratico, per abbracciare il neocapitalismo, la globalizzazione, la ritirata dello Stato dalla funzione pubblica. Esattamente di quell’ala dell’SPD che è stata respinta dall’elettorato.

Grass inizia nonostante tutto esternando il suo orrore per un governo “di destra”, che Merkel sta formando, forte del risultato elettorale, guardandosi bene dallo specificare quale sia oggi in Germania, ed anche in buona parte dell’Europa, la vera “destra”, secondo me quella delle banche, del turbocapitalismo, della freddezza sociale, delle collusioni tra politica e finanza. Ma no, per Grass la destra della Merkel favorirà “i piccoli partiti estremisti e nostalgici”. Ma perchè mai? In Germania con quella definizione non si intendono certo partitini regionali, come il SSV (partito dei danesi in Schleswig-Holstein), ma soprattutto NPD e Republikaner, che si ispirano (vagamente) al Terzo Reich supercentralista, quindi all’esatto contrario di chi vuole tutelare le minoranze. Non mi risulta che nè Merkel nè Westerwelle abbiano mai dimostrato simpatie per quelle opinioni, però ricordo che alla vigilia delle elezioni precedenti Merkel aveva dovuto destituire il suo ministro dell’economia designato, Kirchhof, perchè i sondaggi mostravano che le sue teorie ultraliberiste, ma non certo neofasciste, erano sgradite all’elettore. Se poi Grass vede in Westerwelle, omosessuale dichiarato, un potenziale apologeta di quel nazismo che sterminava i gay, allora non lo capisco proprio. L'”essere di destra” di Westerwelle significa ridurre le tasse ai ricchi, negare l’introduzione di un salario minimo e favorire la capitalizzazione delle aziende. Nazismo?

Bene, ora Grass dichiara che la Germania unita gli fa paura e che all’Est ci sono povertà e disoccupazione, che portano ad un comportamento aggressivo nei confronti degli immigrati. Grass dice di vivere all’Est, ma sembra di non essersi accorto che la protesta della maggioranza dei disoccupati lì sfocia in un voto plebiscitario per Die Linke, che tutto sarà meno che nazista o xenofoba. Poi, dove vede Grass tutti questi immigrati all’Est? Basta passare il vecchio confine e non si vede una sola faccia non rigorosamente bianca. Che intendesse i polacchi, gli unici stranieri, peraltro ben integrati, presenti con una certa consistenza all’Est? Quelli sono comunitari, quindi sarebbe un’improprietà. Che extracomunitario sarebbe tanto scemo da sfidare Polizia e scafisti per andare in un posto dove il 28% della gente non ha un lavoro e le campagne si svuotano?

Parlando dei disoccupati che lottano contro gli immigrati in tutta Europa, Grass non manca di esecrare le espulsioni, soprattutto da parte di Italia e Spagna, per auspicare poi che possano essere accolti tutti gli immigrati. Evidentemente il problema della disoccupazione non ha mai toccato personalmente Grass.

Ora arriviamo all’affondo di Grass contro i “certi autonomismi mascherati da federalismi… che si saldano al razzismo”. Il riferimento alla Lega Nord è evidente, però, parlando di Germania, non è un’affermazione coerente, dato che lì i movimenti localistici, Baviera a parte, contano poco e non istigano contro gli immigrati. I partiti razzisti stranieri sono rigorosamente contro ogni forma di federalismo, per lo stato centralizzato ed onnipresente. Non dimentichiamo ol motivo per cui Germania ed Austria divennero repubbliche federali subito dopo la seconda guerra mondiale: proprio per contrastare il risorgere di una dittatura centralista.

Il Piccolo enfatizza volentieri, in schietta chiave politica nostrana, la collusione tra federalismo e razzismo. Che sia un caso che sopra all’intervista con Grass in Piccolo abbia pubblicato l’ennesima premiazione di Magris, che, in quell’occasione, ha pronunciato “un deciso NO ai micronazionalismi chiusi?

A Berlino si direbbe: “Nachtigall, ick hör dir trapsen!”, “allodola, sento come saltelli”.

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25 commenti a Grass con gli occhiali rossi sbiaditi

  1. bulow ha detto:

    ma l’ articolo e’ di franzot o di luchetta?

  2. bulow ha detto:

    ho letto con interesse questo articolo, cosi’ come ho letto con interesse l’ intervista a grass. ci sto pensando sopra.
    per il momento, vorrei fare solo una piccola precisazione: io ho vissuto a rostock un paio di anni, e non e’ vero che ad est non ci sono immigrati. a rostock c’ erano parecchi cinesi, molti vietnamiti, una piccola comunita’ serba, una piccola comunita’ curda, e (sa va sans dire) una nutrita comunita’ turca.
    rostock e’ diventata tristemente famosa per le agressioni razziste del ’93 ai danni della comunita’ vietnamita.

  3. lànfur ha detto:

    Non mettiamo di mezzo il belpaesucolo quando parliamo di Germania.
    Se posso, consiglio vivamente l’intervista a Gorbaciov di Repubblica dello scorso 30 settembre. http://www.partitodemocratico.it/allegatidef/gorbaciov86971.pdf
    Grand’uomo se penso a quelli che lo hanno seguito. A volte mi corrono i brividi lungo la schiena a sapere che la valigetta con i codici ce l’aveva in mano uno come Eltsin:
    “Il leader russo Boris Eltsin fu trovato a tarda notte completamente ubriaco e in mutande nei pressi della Casa Bianca mentre cercava un posto dove poter mangiare la pizza.” (dalle memorie di Bill Clinton)

  4. Bibliotopa ha detto:

    “A Berlino si direbbe: “Nachtigall, ick hör dir trapsen!”, “allodola, sento come saltelli”.”
    Ma il Nachtigall non è l’usignolo?

  5. bulow ha detto:

    non so se la sinistra in europa perda perche’ ha abbandonato l’ impostazione socialdemocratica. quello che so e’ che io avrei preferito che non l’ abbandonasse. a questo punto non so se sia possibile un recupero di quell’ impostazione. il fatto e’ che la sinistra, accettando la frammentazione e la precarizzazione del lavoro, ha di fatto distrutto il suo blocco sociale di riferimento. da questo punto di vista, la mia critica alle scelte della sinistra europea negli ultimi venti anni e’ anche piu’ radicale di quella di julius franzot. anche piu’ sofferta, perche’ quella e’ la mia area culturale di riferimento.

  6. bulow ha detto:

    dopodiche’, ha ragione lanfur. la germania e’ molto diversa dall’ italia, se non altro perche’ non ha la sfortuna di avere papi presidente del consiglio.
    sui partiti autonomisti: e’ vero che molti sono progressisti o comunque sinceramente democratici, ma e’ altrettanto vero che molti sono profondamente reazionari e apertamente xenofobi, in italia ma non solo (si pensi al belgio). questo e’ un grosso problema, che non si puo’ far finta di non vedere.

  7. Andrea Luchetta ha detto:

    Franzot. L’ho pubblicato io e ho dimenticato di cambiare il nome

  8. bulow ha detto:

    Segnalo questa intervista a Massimo Salvadori, pubblicata su l’ unita’:

    Salvadori: «La Germania insegna, se il socialismo è di centro è destinato a perdere»
    di Bruno Gravagnuolo

    Le socialdemocrazie hanno inseguito un centro che non c’era più e si sono appiattite su posizioni moderate. Perciò sono in crisi. Ma di qui a stilare diagnosi di morte ce ne corre». Giudizio netto quello di Massimo Salvadori, tra i massimi storici del movimento operaio e della socialdemocrazia, oggi professore emerito di Storia delle dottrine politiche all’Università di Torino. E analisi imperniata su un dato: non è vero che nelle nostre società è sparito il lavoro dipendente, con trionfo di lavoro autonomo e ceti medi. Al contrario, sostiene Salvadori, «c’è stata una polarizzazione sociale, e un aumento delle diseguaglianze, proprio sotto la sferza della bufera finanziaria e liberista, oggi in preda allo tsunami ». Una dinamica che i socialisti europei non hanno compreso, fino al punto da smarrire la percezione della realtà, e quella della loro identità. Vediamo come e perché.

    Professor Salvadori, «campane a morte per il socialismo europeo», dicono un po’ tutti, progressisti moderati in prima fila. Davvero il socialismo si sta estinguendo, come titola l’« Herald Tribune»?
    «Per tutto il 900 hanno risuonato quelle campane, per l’una e l’altra forza politica, salvo assistere a impreviste rinascite. La condizione del socialismo europeo è certo allarmante, ma non sappiamo se siamo in fase terminale. Anche il liberismo fu dato per spacciato e invece è ritornato alla grande. La Spd e il Psf oggi sono alle corde? È vero, ma è già iniziata una forte discussione interna. In Germania comunque c’è il 23 %della Spd, e il 12,7% della Linke: sintomo di una forte richiesta di sinistra. Quindi ci vuole cautela, perché i numeri dicono che una base politico-sociale esiste per un’opposizione programmatica».

    Michele Salvati ha scritto: c’e stata l’ondata neoliberista e la socialdemocrazia doveva assecondarla, ma verranno tempi migliori. Condivide?
    «Ma allora perché col neoliberismo in crisi non c’è stata la risalita delle forze socialiste? Invece abbiamo visto il contrario. In realtà c’è stato un appannamento del ruolo socialista. Sicché l’Spd, che ha giocato sul fronte moderato, ha perso. Mentre la Linke, che è stata radicale, ha avuto successo. No, non credo che i socialisti dovessero per forza cavalcare l’ondata neoliberista. Credo all’opposto che proprio tale scelta moderata, in Europa, abbia portato alla sconfitta, alla mancanza di presa. Perché se si tratta di fare i “centristi”, questo sanno farlo molto meglio altri partiti. Blair ha trasformato Londra nella seconda Wall Street delle oligarchie finanziarie, illudendosi di espandere il benessere. Così non è stato, e oggi il Labour è allo stremo. I socialisti si sono “confusi” con i conservatori su terreni cruciali, a cominciare dalla deregulation finanziaria, denunciata da Obama. Neè derivato unosmarrimento di identità, una perdita della ragion d’essere».

    E il paradosso è che la destra assume in proprio certe ragioni di sinistra, a cominciare dal governo dell’economia…
    «Ovvio. Le forze di centrodestra hanno imbracciato subito l’intervento pubblico, malgrado le maledizioni del passato, e a proposito di campane a morto…Nessun imbarazzo nel salvare le banche, con regole prima reputate mortifere. Ora è evidente che senza catturare il centro non si vincono le elezioni. Però un conto è puntare alla conquista di quella zona sociale, altro appiattirsi su di essa, inseguendo il fantasma di un ceto medio che non c’è più, e che si è impoverito. Dinanzi a questo, dinanzi alla finanza trionfante, la sinistra non ha saputo leggere le “implicazioni di processo”, rinunciando così a un programma che partisse dagli interessi veri: ceto medio minacciato, precarietà, disoccupati, e lavoro dipendente ancora maggioritario. È passata un’analisi falsa, che ha frainteso le diseguaglianze di reddito crescenti, ed enfatizzato la realtà- spesso miserevole – dello stesso lavoro autonomo, largamente minoritario. Conclusione: la sinistra deve mobilitare e riorganizzare tutte queste realtà. Certo, non secondo una visione vetero-classista e polarizzante che non tiene più – la “centralità operaia” -main base a unageografia sociale aderente alla realtà. Il che significa che i diritti sociali – l’altra gamba della democrazia assieme ai diritti politici – devono diventare strategici perun programma di governo».

    Dunque, governo dell’economia, diritti sociali, redistribuzione, qualità dello sviluppo e democrazia industriale devono ridiventare cruciali per i socialisti?
    «Naturalmente.Senza queste ragioni il divario delle socialdemocrazie con il loro retroterra e con quello sociale più ampio – inasprito da crescenti diseguaglianze – è destinato ad approfondirsi. Fino alla cancellazione del loro ruolo». C’è una lezione da trarre anche per l’Italia, dove il Pd appare solcato da una discussione proprio su identità e rappresentanza? «Sono convinto che il Pd manchi di un’identità, sulle questioni di fondo. Ci sono posizioni opposte e minacce di secessione da una parte e dall’altra. È in corso bene o male un congresso, chiamato a dare una risposta. Bersani ha detto con chiarezza due cose: il Pd sarà un partito nuovo, che deve tenersi la propria tradizione di sinistra. E ancora: la categoria della sinistra non può essere esclusa dall’identità del Pd. Sappiamo però quanti nel partito rifiutino una vocazione di sinistra…».

    Tenersi quest’identità è un contributo alla crisi italiana, nonché alla crisi delle socialdemocrazie?
    «Penso proprio di sì. Anche in virtù di una considerazione più generale, estesa al contesto internazionale più vasto. Ebbene, senza dubbio alcuno, i centrodestra europei sono più moderni e dignitosi di quello italiano. Però dobbiamo chiederci. Se i partiti socialdemocratici sono ormai qualcosa di residuale, davvero il centrodestra è in grado di offrire una risposta ai problemi sul tappeto? Le destre hanno sul serio un programma espansivo, capace di assorbire e includere le domande che vengono da una società a forte disoccupazione, dal ceto medio così impoverito e così bisognoso di sicurezze? C’è nel centrodestra un paradigma di valori, e di cultura economica e politica, stabilizzante, dinanzi alle emergenze presenti, tale da poter far morire la sinistra?».

    Francamente questo pericolo esiste, almeno sul piano demagogico immediato, e fino al punto da far smottare la sinistra. Non le pare?
    «Il centrodestra potrebbe sfondare, ma solo a condizione che sappia replicare incisivamente a tutti quei problemi che hanno sempre costituito la grammatica della sinistra: dall’immigrazione, al lavoro, alla precarietà, alla sicurezza sociale, all’ambiente. Ma che siano in condizione di farlo, sino a far smottare le basi sociali della sinistra, io non lo credo ».

    Insisto, il rischio è concreto, e se ne vedono le avvisaglie in Europa.
    «D’accordo, non sarebbe la prima volta che la sinistra viene messa in ginocchio. Eppure non è morta, ed è risorta. Vedremo come va a finire. In passato si diceva: è il secolo del fascismo, è il secolo del liberalismo, è il secolo della socialdemocrazia, del comunismo. Che questo sia il secolo del conservatorismo e del centrosinistra io non lo credo. Oltretutto nel mondo ci sono realtà progressiste e di sinistra al governo, in India, in America Latina, e c’è Obama. Il che accresce il paradosso europeo, della destra sugli scudi malgrado la crisi liberista. Ma accresce pure le speranze ».

  9. Julius Franzot ha detto:

    Bibliotopa, forse hai ragione (uccelli canori sono comunque, non credere che, se li vedo, li distinguo), ma… conosci Beckmesser?

  10. Julius Franzot ha detto:

    @Bulow

    In certe parti condivido l’analisi di Salvadori. Però vorrei aggiungere che la sinistra di oggi in Europa non ha nulla a che fare con la sinistra pre-Gorbatschow. Quella volta c’era un’implicita voglia di Baffone e di lotta di classe. Ora, prendiamo solamente le due sinistre più importanti in Europa, Royal e Lafontaine, la partita si gioca sulla solidarietà, ecologia e de-monetarizzazione di funzioni pubbliche essenziali (tipo Sanità, vedi anche Obama). Nessuno mette in discussione il diritto alla proprietà privata, che in passato era lo scoglio più duro di resistenza del’elettorato.
    Ora, in Germania e anche, seppure in modo più attenuato, in Francia, io vedo socialdemocrazie che hanno perso le elezioni,ma hanno colto l’occasione per chiedersi internamente dove vogliono andare, con discorsi programmatici seri, che erano difficili da fare in campagne elettorali eterne, in cui (Germania) si era costretti a sostenere un candidato appartenente all’opposizione interna più odiata (Steinmeier). Sia in D che in F il centrodestra ha reagito alla crisi economica con un ibrido: dare soldi pubblici ale aziende in crisi, ma non entrare nella politica aziendale, pur essendo de facto azionista di maggioranza. Questo ha fatto sì che la socialdemocrazia fosse costretta a spingersi apertamente sul terreno minato di “quanto Stato è opportuno e quanto Stato è dannoso”. All’opposione è naturalmente più facile fare discorsi interni di ampio respiro, senza soggiacere alla necessità di racimolare maggioranze parlamentari.
    A mio avviso una tale discussione manca completamente nella sinistra italiana, che si chiami PD o Rifondazione: qui si tratta esclusivamente di persone, non di idee. E sappiamo che le idee delle persone elette in quanto persone sono soggette alle leggi del clientelismo. Non farà miracoli chi “muove la piazza” o “riceve più preferenze di Berlusconi”, ma chi paradossalmente sarà capace di anullare la propria personalità a favore del cambiamento radicale della politica che lui/lei appoggia.
    Non bendiamoci gli occhi, come vorrebbero i media: la nostra epoca è un’poca di transizione, come lo è stata la caduta dell’Impero Romano o la Rivoluzione Francese, ma purtroppo ai più non è chiaro cosa succederebbe se vincessero.

  11. bulow ha detto:

    “E sappiamo che le idee delle persone elette in quanto persone sono soggette alle leggi del clientelismo.”

    e’ esattamente questo il punto. aggiungo anche che io sono a dir poco perplesso su tutto il meccanismo delle primarie messo in piedi dal pd. le primarie vanno bene per scegliere i candidati alle elezioni, ma io trovo assurdo che vengano usate anche per l’ elezione dei segretari e degli organismi direttivi. un partito dovrebbe proporre una politica e sottoporla agli elettori. invece le primarie danno l’illusione di risolvere tutto con l’ elezione degli organigrammi e finiscono per esonerare il partito dal suo compito principale, che dovrebbe essere quello di elaborare una proposta politica organica.

  12. StripedCat ha detto:

    non so…ho vissuto all’estero con governi di destra sia in francia che in uk negli anni 90 e devo dire che – sebbene non fosse la mia “parte” – erano governi rispettabili. c’erano manifestazioni, pluralismo e anche l’opposizione.

    quindi ribadisco anch’io, non mischiamo la germania con l’italia.

    aspetto con ansia un articolo che confronti il confrontabile, l’italia ed il kazachistan di nursultan nazarbayev, ad esempio

    love from astana

  13. Bibliotopa ha detto:

    Sì, Julius, so bene chi è Beckmesser :-), ma ricordo pure in Giulietta e Romeo il dialogo dei due amanti all’alba se fosse il canto dell’allodola o dell’usignolo..è un classico.E la fiaba dell’usignolo dell’imperatore di Andersen me la fecero leggere in tedesco da piccola.
    Non mi azzardo a scrivere di politica, dove non ne so abbastanza, ma un piccolo contributo , da correttore di bozze, lo porto anch’io dove posso.

  14. arlon ha detto:

    A Salvadori direi che anche l’Italia ha ben insegnato la stessa lezione, e per decenni 😀

  15. bulow ha detto:

    arlon

    diciamo che l’ italia fa tendenza 🙂
    i miei amici tedeschi sono anche terrorizzati dall’ idea che il berlusconismo prima o poi tracimi in tutta europa, come aveva fatto il fascismo.

  16. Julius Franzot ha detto:

    Con Westerwelle al potere purtroppo il pericolo è reale. E’ anche pericoloso il fatto che, a differenza di Berlusconi, bisognerebbe aspettare troppo a lungo per una soluzione biologica.

  17. StripedCat ha detto:

    sull’italia come leading indicator dei casini ecco un ottimo articolo della sueddeutsche zeitung.

    http://italiadallestero.info/archives/7777

    detto cio’, spero che wowi non segua la funesta parabola veltroniana…e che il voto di protesta di tanti amici che non hanno votato SPD porti ad un vero rinnovamento nel palazzo dai vetri a specchio

    comunque I’m not worried for germany, even with the Biene Maya Koalition…

  18. bulow ha detto:

    striped cat

    io non sono cosi’ ottimista, ma non sulla germania in particolare, piuttosto sull’ europa nel suo complesso. ho l’ impressione che nei prossimi anni le politiche neoliberiste continueranno, e se possibile si inaspriranno ulteriormente. se non ci sara’ una sinistra vera in grado di dare rappresentanza ai ceti impoveriti, questi si riverseranno sulle destre estreme. prevedo un aumento della xenofobia. so gia’ che qualcuno prendera’ la palla al balzo e dira’: proprio per questo deve essere la sinistra a stringere sull’ immigrazione. ma bisogna stare molto attenti. l’ impoverimento e la disoccupazione sono una conseguenza delle politiche neoliberiste e antisindacali. ogni politica di restringimento dei diritti degli immigrati non fa che aumentare la quota di lavoro nero, e di conseguenza produce ulteriore impoverimento per tutti. anche in questo l’ italia e’ all’ avanguardia.

  19. arlon ha detto:

    Proprio per questo deve essere la sinistra a stringere sull’ immigrazione, è esattamente quello che penso.
    Non per questioni di razzismo, ma per semplice capacità di assorbimento e di adattamento del sistema sociale europeo, ora al limite.
    Lo si vuole veramente superare? (come in certe zone d’Italia e non solo già si è fatto)

    Occhio, che gli stessi che hanno chiesto gli immigrati (industriali), sono quelli che a livello politico vi si scagliano contro.
    Guadagnano due volte, e senza risolvere nulla.

  20. arlon ha detto:

    E trovo l’articolo del Süddeutsche degno.. degli articoli del Süddeutsche 😀

    Paragonare l’appoggio ad AN con quello a Die Linke mi sembra totalmente assurdo, nei fatti e nei tempi, e strumentale.

    Sono ben altri, i parallelismi a mio avviso fondati (SPD-PD, e in prospettiva futura Westerwelle-Fini)

  21. bulow ha detto:

    arlon

    “Occhio, che gli stessi che hanno chiesto gli immigrati (industriali), sono quelli che a livello politico vi si scagliano contro.”

    io la penso cosi’: gli industriali (certi industriali) vogliono immigrati-senza-diritti. per questo vi si scagliano contro. per me la sinistra dovrebbe battersi perche’ gli immigrati abbiano diritti. sia per una questione di giustizia, sia perche’ ci guadagnerebbe la societa’ nel suo complesso. ma credo che su questo sia d’ accordo anche tu. il problema pero’ e’: bisogna fissare delle quote? mi rendo perfettamente conto che la questione non e’ semplice, e mi mette in conflitto con me stesso. ma su una cosa ho le idee chiare. le quote (che sono state introdotte dal centrosinistra, peraltro) devono tener conto della reale domanda di manodopera. e’ assurdo che si fissi una quota, mettiamo, di diecimila operai meccanici, quando si sa che c’e’ bisogno di ventimila. cosi’ si alimenta il lavoro in nero. ma forse e’ proprio quello che vogliono certi industriali. e poi c’e’ il discorso dell’ incontro tra domanda e offerta: non e’ pensabile che avvenga a distanza. ma ne avevamo gia’ parlato.

  22. bulow ha detto:

    arlon

    ti faccio un esempio concreto. la questione della cubatura degli alloggi. quando mia moglie aspettava il secondo figlio, al consultorio ha conosciuto una donna serba disperata, perche’ il suo appartamento, secondo la normativa, era troppo piccolo per ospitare due figli. se non fosse riuscita a trovare un appartamento piu’ grande, avrebbe perso il permesso di soggiorno. una normativa del genere non mi risulta sia mai stata applicata a cittadini italiani. cui prodest? ma potrei farti mille esempi di piccole vessazioni, che finiscono per impedire l’ integrazione, quando invece ci sarebbe bisogno di promuoverla.

  23. bulow ha detto:

    cambiando argomento, io non vedo un parallelismo tra spd e pd (per fortuna della spd). la spd ha fatto degli errori, e li ha pagati. il pd invece E’ un errore.

  24. abc ha detto:

    E allora che rimedio proporresti a questo errore?

  25. bulow ha detto:

    a questo punto non ne ho la piu’ pallida idea. tornare indietro non si puo’, andare avanti e’ come andar di notte… cosi’, d’ istinto, io mi butterei a sinistra…

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