29 Settembre 2009

Anti-schiamazzi, il testo completo della sentenza del Tar

I bar goriziani perdono la battaglia contro il Comune. Oggetto del contendere la delibera anti-schiamazzi, con cui la giunta Romoli ha limitato gli orari di apertura dei locali del centro cittadino.
A nulla è valso il ricorso presentato al Tar da un gruppo di esercenti goriziani. Ecco il testo completo della sentanza con cui il Tribunale amministrativo regionale ha dato ragione al Comune di Gorizia.

Sul ricorso numero di registro generale 160 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Dennis Macedonio, rappresentato e difeso dagli avv. Barbara Di Salvo, Raffaele Mauri, con domicilio eletto presso Antonio Cosmani Avv. in Trieste, via Coroneo 32;

contro

Comune di Gorizia, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Piccoli, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita’ D’Italia 7; Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia 3;

Sul ricorso numero di registro generale 161 del 2009, proposto da:
Perla Sas di Landi Angelo & C., Aenigma di Traini e Lenzini Snc, Sorelle Macuk Snc, Kubik Snc di Munarin Patrizia e Zanuel Massimo, Ma Che Bonta’ Srl, Bar Venezia Sas di Zotter G. & C., D.G.A. Sas, Caffe’ al Corso di Fornasin Lucio & C. Sas, Bar Tokio Sas di Gazzillo Concetta & C., Marino Vida, Federazione Italiana Pubblici Esercizi Provincia di Gorizia, rappresentati e difesi dagli avv. Barbara Di Salvo, Raffaele Mauri, con domicilio eletto presso Antonio Cosmani Avv. in Trieste, via Coroneo 32;

contro

Comune di Gorizia, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Piccoli, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita’ D’Italia 7; Ministero dell’Interno;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

quanto al ricorso n. 160 del 2009:

del provvedimento dd. 29.12.2008 emesso dal Sindaco del Comune di Gorizia, relativo all’apertura e chiusura degli esercizi pubblici…

quanto al ricorso n. 161 del 2009:

del provvedimento emesso il 29.12.2008 dal Sindaco del Comune di Gorizia, relativo all’orario di apertura e chiusura degli esercizi pubblici..

Visti i ricorsi ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Gorizia;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Gorizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 08/07/2009 il dott. Vincenzo Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso notificato il 27.2.2009, n. 160/09, MACEDONIO Tennis, in qualità di titolare del pubblico esercizio denominato “Bar Fly”, corrente in Gorizia, Piazza Municipio n. 6:

1) ha impugnato la ordinanza del Sindaco di Gorizia Prat. 03.03.03/116 del 29.12.2008, con la quale è stata prorogata la efficacia delle ordinanze del medesimo Sindaco prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008 (quest’ultima modificativa della prima, in senso più favorevole per gli esercenti) in materia di orario di apertura e chiusura degli esercizi pubblici ubicati in alcune zone della città;

2) ha chiesto l’accertamento dell’illegittimità ai fini del risarcimento del danno delle suindicate ordinanze del Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008, con le quali sono state dettate delle prescrizioni restrittive in tema di orario di apertura e chiusura degli esercizi pubblici ubicati in alcune zone della città;

3) ha chiesto il risarcimento dei danni asseritamene subiti dai suddetti provvedimenti.

Il ricorrente sig. Dennis Macedonio è titolare di un esercizio pubblico, il bar “Fly”, in Gorizia, piazza del Municipio n. 6.

Con il ricorso n. 161/09 – di cui si dirà più avanti – gli atti suindicati sono stati impugnati anche da altri dieci titolari di esercizi pubblici di Gorizia e dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi della Provincia di Gorizia.

Va, subito, sottolineato che il contenuto sostanziale dei due ricorsi è del tutto analogo, salvo alcune differenze legate al risarcimento dei danni asseritamene patiti ed alla peculiarità della posizione del Macedonio.

Ciò posto, occorre premettere che i provvedimenti impugnati sono stati assunti dal Sindaco di Gorizia in forza dell’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 (i provvedimenti prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008 sono stati assunti nella vigenza dell’art. 54 antecedente le modifiche introdotte dall’art. 6 del D.L. 23 agosto 2008, n. 92; la ordinanza del Sindaco di Gorizia Prat. 03.03.03/116 del 29.12.2008 è stata assunta nel testo ora vigente), per fronteggiare una complessa e grave situazione relativa alla salute pubblica, all’igiene, all’ordine pubblico, al decoro urbano, alla sicurezza della circolazione. situazione che si era venuta a creare nelle ore notturne nella zona centrale della città, e, segnatamente, in una zona compresa tra i due corsi, via Garibaldi, via Diaz, via Nizza, il contiguo tratto iniziale di corso Italia, la vicina piazza del Municipio e – in misura ridotta – il corso Verdi.

Trattasi di una situazione che coinvolge diversi esercizi pubblici.

Questa situazione – causata dal comportamento incivile di numerosi frequentatori di locali pubblici di vario genere, bar (tra cui il “Bar Fly”), pub o discoteche, che stazionavano all’esterno dei suddetti locali – era risalente nel tempo, ma aveva progressivamente raggiunto nei mesi antecedenti il maggio 2008 livelli tali da non poter più essere affrontata con gli strumenti ordinari, e, segnatamente, con accordi tra Comune e organizzazioni di categoria degli esercenti (la ASCOM innanzitutto e, all’interno di questa, la F.I.P.E.) e con la richiesta di un massiccio controllo da parte delle forze dell’ordine.

Va sottolineato che il Prefetto, in sede di Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica (C.P.O.S.P.), si era detto convinto della necessità di un significativo intervento della pubblica Autorità, onde porre termine alla situazione.

Il cennato comportamento – che ha formato oggetto di numerosissime segnalazioni e di esposti da parte di cittadini alle competenti Autorità e di ampi resoconti sulla stampa locale – era costituito – in particolare – da rumori, schiamazzi, sgommate, autoradio a tutto volume, uso improprio dei citofoni nel cuore della notte, blocchi stradali, danneggiamenti, vandalismi, bisogni corporali fatti ovunque, vomiti, sudiciume, bottiglie e bicchieri rotti, atteggiamento arrogante e provocatorio di molti avventori, costituito anche da minacce.

Come si è accennato, la situazione è andata peggiorando nel tempo, malgrado l’interessamento costante delle competenti Autorità.

Il Comune interveniva in data 5.9.2006 attraverso una prima ordinanza, con la quale si ponevano dei limiti all’intrattenimento musicale.

Tuttavia, i problemi permanevano.

Il Questore di Gorizia, con nota del 31.8.2007 – tra l’altro – riferiva che:

“L’intersezione stradale sopra individuata [quella tra i due corsi, via Diaz, via Garibaldi e via Nizza] costituisce il vero e proprio centro dell’area in cui si evidenziano le criticità in questione, poiché, com’è noto, in quell’area si concentrano e si ripetono le situazioni più sensibili in specie sotto il profilo della sicurezza della situazione veicolare e pedonale, nonché quello dell’ordine e della sicurezza pubblica. Per quanto attiene a quest’ultimo profilo, la zona in questione, ed in particolare la via Nizza [dove ha sede il bar Aenigma] è stata, in questi ultimi anni, teatro di ripetuti reati contro la quiete pubblica ed il patrimonio e di episodi apprezzabili sotto il profilo dell’igiene pubblica e del buon costume. E’ significativo, in tale contesto, rilevare che l’attività istituzionale svolta dal personale in servizio di polizia a seguito dei numerosi interventi su richiesta dei cittadini, nonché quella d’iniziativa, ha consentito di deferire più volte all’A.G. sia i titolari di alcuni esercizi sedenti nell’area per disturbo del riposo delle persone, sia alcuni avventori resisi responsabili di condotte antigiuridiche. Complessa ed articolata è stata anche l’attività svolta da questo Ufficio su delega dell’A.G. conseguente ad alcuni esposti con i quali cittadini residenti nella zona, riferendosi a “situazioni esasperate ed insopportabili”, lamentavano patiti danneggiamenti ad edifici ed autovetture in sosta od in transito nelle vie interessate dalla presenza dei locali in parola, nonché il frequente disturbo del riposo delle persone arrecato anche dagli avventori che sostano al loro esterno. Tuttavia il fenomeno costitutivo della problematica di cui trattasi, riconducibile alle modalità di conduzione degli esercizi cui si fa riferimento, risulta essenzialmente il cospicuo afflusso di avventori che, sostando abitualmente all’esterno dei locali, occupano buona parte dell’intersezione stradale; talché in più occasioni è stata contata la presenza di oltre seicento persone intente a consumare bevande, per lo più alcoliche, anche sedute od addirittura sdraiate sulla carreggiata, molte delle quali in evidente stato di ebbrezza, con conseguenti e non rare evacuazioni corporee effettuate sulla pubblica via che provocano inevitabili esalazioni maleodoranti. Degno di considerazione appare un ulteriore elemento consequenziale ai cennati comportamenti è rappresentato dall’abbandono sulla sede stradale, sui marciapiedi e talvolta sulle vetture in sosta, di bottiglie e bicchieri in vetro che normalmente si frantumano costituendo pericolo per gli stessi astanti. Non sono rari, peraltro, gli episodi in cui, nel corso di interventi di polizia, gli appartenenti alle forze dell’ordine vengono aggrediti verbalmente poiché anche il solo protocollo di identificazione dei presenti, attuato nell’esercizio della potestà di polizia di prevenzione, riesce a scatenare l’animosità dei destinatari. Per le evidenti ragioni di pubblica sicurezza, tale prerogativa, specie in presenza di folti gruppi di avventori, deve essere giocoforza calibrata a scongiurare ipotesi di rischiose compromissioni dell’ordine pubblico

L’esame degli atti in possesso e dei fatti con esso documentati, evidenzia, senza alcun dubbio, la sussistenza di un nesso causale tra le modalità di conduzione degli esercizi in parola e gli eventi che vi si verificano. Infatti, l’apertura protratta sino a tarda ora, diffusa a volume ancorché moderato, nelle ore notturne e sino alla chiusura degli esercizi, nonché all’interno di edifici storici non isolati propagandosi con maggiore ampiezza, non può che essere percepita dai residenti se non come fonte di grave disturbo; mentre gli stessi oggettivi elementi vengono percepiti dai giovani come richiamo ed aggregazione e con eccitazione degli animi dovuta, anche, all’effetto dell’alcol. Da ciò conseguono le riferite situazioni di dissolutezza che, talvolta, danno origine ad episodi di malcostume fino ad integrare comportamenti antigiuridici. A supporto della tesi che pone in relazione le modalità di gestione dei predetti esercizi con gli elementi di criticità di cui trattasi, è utile osservare come nelle giornate di chiusura al pubblico degli stessi esercizi, questi elementi siano totalmente assenti: mentre gli esercizi adiacenti che osservano orari di chiusura più limitati sono sostanzialmente estranei ai fatti sopra illustrati”.

Questo il significativo intervento del Questore di Gorizia.

Per quanto riguarda, in particolare, il bar “Fly” di piazza del Municipio; dalla documentazione versata agli atti del processo emerge che di solito moltissime persone (centinaia) stazionavano all’esterno, in piazza Municipio, in attesa di darsi il cambio con quelle che erano già riuscite ad entrare nel locale: persone che sovente creavano quella situazione di cui si è detto sopra e che veniva segnalata alle competenti Autorità.

Seguiva la impugnata ordinanza del Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 (successivamente, modificata in senso favorevole per gli esercenti dalla ordinanza prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008), con la quale sono state introdotte delle anticipazioni nell’orario di chiusura degli esercizi pubblici ubicati in determinate zone.

Nelle premesse dell’ordinanza viene riferito delle relazioni e delle valutazioni della Questura, delle innumerevoli segnalazioni e proteste dei cittadini, delle discussioni in sede di C.P.O.S.P., di tutto quanto riportato in merito alla questione dalla stampa, di quanto visionato attraverso le telecamere di sicurezza, dei filmati amatoriali comparsi su internet, delle complesse problematiche conseguenti (danni alla salute per patologie derivanti da stress e mancanza di adeguato riposo, rischi per l’incolumità, danni economici a beni pubblici e privati, ordine pubblico, nocumento alla libertà e alla sicurezza della circolazione, pubblica decenza, igiene pubblica), dei contatti avuti in proposito con l’ASCOM a partire dal protocollo d’intesa del 2003 in poi, dell’ormai accertata insufficienza dello stesso a fronteggiare la situazione e dell’inesistenza di proposte alternative serie ed efficaci da parte delle associazioni di categoria.

L’ordinanza in esame prende in considerazione anche le osservazioni contrarie formulate dall’ASCOM e dagli stessi esercenti, rese note attraverso la stampa dopo la pubblicazione degli esiti del C.P.O.S.P. del 29.4.2008, le quali, afferendo esclusivamente temi economici di carattere privato (minori guadagni, possibili ricadute negative sull’occupazione), non sono state ritenute prevalenti rispetto agli interessi pubblici connessi alla tutela della quiete e della salute pubblica, alla sicurezza ed alla libertà di circolazione, all’igiene pubblica, nonché all’ordine ed alla sicurezza: interessi che trovano una tutela (diretta od indiretta) nella Carta Costituzionale.

Non va sottaciuto, in questa ottica, che l’art. 41 di quest’ultima, al secondo comma, prevede significativamente che l’iniziativa economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Quanto al bar gestito dall’attuale ricorrente, va ricordato che in più occasioni la Polizia operava dei controlli, in relazione agli schiamazzi ed alla musica ad alto volume proveniente dal locale stesso.

Ciò posto, a sostegno del gravame il ricorrente ha dedotto tre mezzi, con i quali ha denunciato:

– la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;

– il difetto di motivazione, la violazione del principio di proporzionalità, la mancata comparazione degli interessi ed il difetto di istruttoria;

– la violazione della normativa regionale sull’orario dei pubblici esercizi e la mancanza dei presupposti per l’adozione delle ordinanze sindacali impugnate, alla luce del vigente quadro normativo.

Con motivi aggiunti notificati il 7.5.2009 Macedonio Dennis ha impugnato il provvedimento del 5.3.2009, Prat. N. 04.06.08/37-013, con cui il Comandante della Polizia Municipale di Gorizia ha disposto la revoca immediata dell’autorizzazione rilasciatagli dal suddetto Comandante ex artt. 68 ed 80 del T.U.L.P.S. per l’esercizio di attività di intrattenimento e pubblico spettacolo nel locale all’insegna “Fly”.

Il Macedonio ha chiesto, altresì, il risarcimento dei danni asseritamene arrecatigli dal provvedimento impugnato.

A sostegno dei motivi aggiunti sono stati dedotti tre mezzi, incentrati sulla violazione di legge e sull’eccesso di potere sotto vari profili.

Con ulteriori motivi aggiunti notificati il 7.5.2009 il Macedonio ha sviluppato un mezzo dedotto con il ricorso principale, sulla base di nuovi elementi asseritamene emersi nel corso del giudizio.

In buona sostanza, il costrutto attoreo ruota intorno alla affermazione che il Comandante della Polizia Municipale avrebbe inserito nell’impugnata ordinanza del 29.12.2008, “senza neppure preavvertire il Sindaco, anzi in aperto contrasto con gli ordini impartitigli, una tipologia di locali, in particolare quelli di “intrattenimento e svago” di cui all’art. 67, lett. B, L.R. 29/2005” (locali non contemplati nelle prime due ordinanze di cui si è detto).

Il ricorso n. 161/09 è stato presentato dai seguenti soggetti:

PERLA S.A.S. DI LANDI ANGELO & C., con sede a Gorizia in via Morelli n. 6, titolare del pubblico esercizio denominato “CAFFE’ HAUS”, corrente a Gorizia in corso Italia n. 40, in persona del legale rappresentante p.t. Angelo Landi;

AENIGMA DI TRAINI E LENZINI S.N.C., con sede a Gorizia in via Nizza n. 2, titolare del pubblico esercizio ivi ubicato, denominato “BAR AENIGMA”, in persona del legale rappresentante p.t. Emanuele Traini;

SORELLE MAKUC S.N.C., con sede a Gorizia in corso Verdi n. 100, titolare del pubblico esercizio ivi ubicato denominato “BAR GALLERIA”, in persona della legale rappresentante p.t. Maria Sibilla Makuc;

KUBIK S.N.C. di MUNARIN PATRIZIA E ZANUTEL MASSIMO, con sede a Gorizia in corso Verdi n. 51/53, titolare del pubblico esercizio ivi ubicato denominato “BAR KUBIK”, in persona della legale rappresentante p.t. Patrizia Munarin;

MA CHE BONTA’ S.R.L., con sede a Gorizia in via Diaz n. 3, titolare del pubblico esercizio ivi ubicato denominato “MA CHE BONTA’”, in persona del legale rappresentante p.t. Tas Kemal;

BAR VENEZIA S.A.S. DI ZOTTER G. & C., con sede a Gorizia in corso Verdi n. 82, titolare del pubblico esercizio ivi ubicato denominato “BAR VENEZIA”, in persona del legale rappresentante p.t. Gianluca Zotter;

D.G.A. S.A.S., con sede a Gorizia in corso Italia n. 80, titolare del pubblico esercizio ivi ubicato denominato “BAR TORINO”, in persona del legale rappresentante p.t. Guido Malfatti;

CAFFE’ AL CORSO DI FORNASIN LUCIO & C. S.A.S., con sede a Gorizia in corso Italia n. 46, titolare del pubblico esercizio denominato “CAFFE’ AL CORSO”, ivi ubicato, in persona del legale rappresentante p.t. Lucio Fornasin;

BAR TOKIO S.A.S. DI GAZZILLO CONCETTA & C., con sede legale a Gorizia in via Monte Calvario n. 68/2, titolare del pubblico esercizio denominato “BAR TOKIO”, corrente a Gorizia in via Diaz n. 3, in persona della legale rappresentante p.t. Concetta Gazzillo;

MARINO VIDA, titolare del pubblico esercizio denominato “METROQUADRO” di Marino Vida, corrente a Gorizia in Corso Italia n. 26;

FEDERAZIONE ITALIANA PUBBLICI ESERCIZI – PROVINCIA DI GORIZIA, con sede a Gorizia in via Locchi n. 14/1, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t. Gianfranco Zotter.

I ricorrenti:

1) hanno impugnato la ordinanza del Sindaco di Gorizia Prat. 03.03.03/116 del 29.12.2008, con la quale è stata prorogata la efficacia delle ordinanze del Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008 (modificativa della prima)in materia di orario di apertura e chiusura degli esercizi pubblici ubicati in alcune zone della città;

2) hanno chiesto l’accertamento dell’illegittimità ai fini del risarcimento del danno delle suindicate ordinanze del Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008, con le quali sono state dettate delle prescrizioni restrittive in tema di orario di apertura e chiusura degli esercizi pubblici ubicati in alcune zone della città;

3) hanno chiesto il risarcimento dei danni asseritamene subiti dai suddetti provvedimenti.

A sostegno del gravame n. 161/09 i ricorrenti hanno dedotto tre mezzi, con i quali sono stati denunciati i seguenti vizi:

– la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;

– il difetto di motivazione, la violazione del principio di proporzionalità, la mancata comparazione degli interessi ed il difetto di istruttoria;

– la violazione della normativa regionale sull’orario dei pubblici esercizi e la mancanza dei presupposti per l’adozione delle ordinanze sindacali impugnate, alla luce del vigente quadro normativo.

In data 22.4.2009 questo Tribunale ha respinto le istanze cautelari presentate in entrambi i ricorsi.

Questi ultimi sono stati introitati dal Collegio e sono passati in decisione nella pubblica udienza dell’8.7.2009.

Evidenti ragioni di connessione inducono il Collegio a riunire i due gravami, rubricati ai nn. 160/09 e 161/09, onde deciderli con unica sentenza.

Il primo ricorso – rubricato al n. 160/09 – va dichiarato irricevibile – conformemente alla eccezione sollevata dal resistente Comune – nella parte in cui sono state impugnate le ordinanze del Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008 (modificativa della prima), che costituiscono l’antecedente logico della ordinanza del Sindaco di Gorizia Prat. 03.03.03/116 del 29.12.2008 – anch’essa impugnata – ma che si atteggiavano sin dal momento della loro adozione ad atti direttamente ed immediatamente lesivi della sfera giuridica del ricorrente: il quale – come risulta dal ricorso e dagli atti di causa – era tempestivamente venuto a conoscenza delle suddette ordinanze e della loro lesività.

Vero è che, come dichiarato nel ricorso (pag. 22), il ricorrente – pur conscio, ripetesi, del pregiudizio arrecatogli dalle ordinanze – ha fatto acquiescenza, non insorgendo contro di esse in sede giurisdizionale; tuttavia, gli è, chiaramente, precluso adesso contestare giudiziariamente (o, tampoco, chiedere una pronuncia incidentale di illegittimità) – sia pure ai fini della tutela risarcitoria – dei provvedimenti che sono oramai divenuti inoppugnabili.

Inoltre, va detto che la domanda risarcitoria connessa all’”accertamento della illegittimità” delle due ordinanze presupposte si appalesa infondata, atteso il principio della pregiudiziale amministrativa: “In base a tale principio, infatti, la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento non impugnato (o tardivamente impugnato) è ammissibile, ma è infondata nel merito, in quanto la mancata impugnazione dell’atto – fonte del danno -consente a tale atto di operare in modo precettivo dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l’osservanza ai consociati ed impedisce così che il danno possa essere considerato ingiusto od illecita la condotta tenuta dall’Amministrazione in esecuzione dell’atto inoppugnato o tardivamente impugnato” (in questi termini Cons. St., VI Sezione, 3 febbraio 2009, n. 587; id., IV Sezione, 31 marzo 2009,n, 1917).

Il ricorso si appalesa, invece, infondato nella parte in cui è stata impugnata la ordinanza del Sindaco di Gorizia Prat. 03.03.03/116 del 29.12.2008, che si configura come provvedimento di proroga a tempo indeterminato delle due precedenti ordinanze del Sindaco di Gorizia prot. n. 03.03.03/116 dell’8.05.2008 e prot. 03.03.03/1116 del 22.05.2008: provvedimento emesso sulla base del nuovo testo dell’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000, il quale prevede che le ordinanze sindacali non debbano più, necessariamente, assumere i connotati della contingibilità e della urgenza; corollario di ciò è che le questioni sollevate dal ricorrente in ordine all’urgenza e al termine finale si appalesano infondate, in quanto si riferiscono ad un diverso assetto normativo, non più attuale.

La ordinanza del 22.05.2008, sulla base di comprovate esigenze prevede – in particolare – la chiusura dei locali pubblici alle ore 24 in quattro sere alla settimana, e all’una per le rimanenti sere (mercoledì, venerdì e sabato sera), facendo salva però l’ora prevista per il cosiddetto sfollamento, durante la quale – in pratica – l’attività prosegue limitatamente ai clienti presenti all’interno del locale.

Venendo alle singole censure, non merita ingresso quella relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento.

Deve ritenersi, infatti, che parte ricorrente sia venuta a conoscenza del procedimento per cui è causa (conclusosi con i tre provvedimenti impugnati) ed abbia potuto interloquire con l’Amministrazione procedente, rendendo così concreto, nella fattispecie, il principio del contraddittorio sancito dalla legge n. 241 del 1990.

Si previene agevolmente a questa conclusione se si considera che il Sindaco di Gorizia, sin dall’estate del 2007 aveva pubblicamente ammonito gli esercenti, l’ASCOM e la FIPE a proporre dei rimedi efficaci alla situazione di disturbo e di degrado che era in atto ormai da tempo, avvisando esplicitamente che in caso contrario avrebbe emanato un provvedimento di anticipazione dell’orario di chiusura: di qui tutta una serie di incontri e di dibattiti sulla delicata e grave problematica per cui è causa.

Occorre, al riguardo, dire che l’art. 7 legge n. 241 del 1990 ha inteso attuare una democratizzazione ed una trasparenza nell’esercizio della attività pubblica, al fine di consentire, attraverso il principio del contraddittorio, una efficace tutela delle ragioni del cittadino e contestualmente di apprestare a vantaggio della P.A. elementi di conoscenza utili nell’esercizio dei poteri discrezionali. La disposizione in parola al comma 1 prescrive, dunque, la comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento «ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento» stesso. La giurisprudenza ha precisato la portata della norma, chiarendo, in particolare, che l’obbligo di comunicare l’inizio del procedimento non ha natura formale, nel senso che non sussiste la violazione tutte le volte che, in concreto, l’interessato abbia comunque avuto notizia del procedimento o abbia comunque avuto modo di parteciparvi, evidenziando i fatti e gli argomenti che ritenga di addurre a suo favore (Cfr. Cons. St., V Sez., 6 settembre 1995, n. 1364 e IV Sez. 2 gennaio 1996, n. 3; T.R.G.A., Bolzano, 30 dicembre 1996, n. 378; T.A.R. Campania, Salerno, 10 marzo 1999, n. 57).

Ciò posto, il Collegio osserva che l’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, aggiunto dall’art. 14 (Annullabilità del provvedimento) della legge 11 febbraio 2005, n. 15 così recita: “1. È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. 2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Nel caso di cui alla presente controversia non è revocabile in dubbio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Ed invero, il provvedimento stesso reca una motivazione puntuale circa le esigenze di assoluto rilievo, connesse al quieto vivere civile, che hanno indotto il Sindaco – permanendo una situazione di precarietà, sia pure ridotta in seguito alle misure introdotte con le prime due ordinanze – a prorogare la efficacia delle medesime: entrano in giuoco nello schema dei provvedimenti sindacali in parola diritti, esigenze ed interessi – pubblici e privati – di assoluto rilievo, apprezzati anche a livello costituzionale, quali il diritto alla salute, il diritto alla quiete, la sicurezza e la libertà di circolazione, il decoro e l’igiene urbana, la tutela della proprietà pubblica e privata nei confronti di danneggiamenti ed atti vandalici, l’ordine e la sicurezza pubblici.

Tanto basta per ravvisare l’inconsistenza della censura relativa alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

Per quanto riguarda specificatamente la ordinanza del 29.12.2008 – ossia la ordinanza recante la proroga delle due precedenti ordinanze, divenute, come si è visto, oramai inoppugnabili – va detto che essa è da ricondursi al paradigma delle ordinanze in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana disciplinate dal nuovo art. 54 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Circa la lamentata violazione del principio di proporzionalità, per mancanza di idoneità, necessarietà e adeguatezza, per mancata comparazione degli interessi e per difetto di istruttoria., il Collegio osserva che l’ordinanza del 29.12.2008 è stata motivata, sulla base di una adeguata attività istruttoria, con il permanere, sia pure in forma molto più contenuta, di una situazione di criticità e delle correlate esigenze di assoluto rilievo di cui si è detto e che erano state puntualmente indicate nella ordinanza originaria del 22.5.2008: esigenze connesse al diritto alla quiete, alla sicurezza ed alla libertà di circolazione, al decoro ed all’igiene urbana, alla tutela della proprietà pubblica e privata nei confronti di danneggiamenti ed atti vandalici, all’ordine ed alla sicurezza pubblici.

L’ordinanza è stata, poi, motivata con la necessità di “evitare che una prematura cessazione delle misure adottate, determini il riproporsi delle criticità evidenziate”.

Il surriferito bagaglio motivazionale – ritiene il Collegio – si sottrae ai rilievi attorei in quanto è adeguatamente rappresentativo delle ripetute esigenze e si colloca nello spettro applicativo del novellato art. 54 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Le decisioni assunte, poi, non si appalesano manifestamente illogiche, irrazionali o, tampoco, sproporzionate, anche e soprattutto in relazione agli interessi pubblici e privati che entrano in giuoco, avuto riguardo al fatto che nel caso di specie il Comune ha agito avvalendosi di poteri discrezionali, eppertanto, non sindacabili se non nel ristretto ambito – perimetrato dalla giurisprudenza – entro il quale è sindacabile la discrezionalità amministrativa.

Inutile dire, in questo contesto, che nessun pregio ha il riferimento attoreo all’art. 41 Cost., posto che questa disposizione, al comma 2, stabilisce che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

Quanto all’adeguatezza del provvedimento relativo alla anticipazione dell’orario di chiusura, è sufficiente considerare che la misura imposta non appare ictu oculi palesemente vessatoria per gli esercenti: la chiusura – come si è già accennato – è infatti prevista alle ore 24 in quattro sere alla settimana ed all’una per le rimanenti (mercoledì, venerdì e sabato sera), facendo salva però l’ora prevista per il cosiddetto sfollamento, durante la quale – in pratica – l’attività prosegue limitatamente ai clienti presenti all’interno del locale.

La chiusura anticipata è volta – de plano – ad ottenere la riduzione delle conseguenze negative dell’assembrarsi (anche in misura massiccia) di clienti al di fuori dei locali pubblici nelle ore notturne, con tutte le conseguenze negative di cui si è ampiamente detto: trattasi – oggettivamente – di una misura congrua (già sperimentata positivamente in altre realtà nazionali) in relazione all’estremamente probabile riproporsi della pregressa situazione.

Non meritano accoglimento neppure i dedotti vizi di violazione di legge, difetto di competenza, eccesso di potere, carenza di presupposti e di motivazione, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, istruttoria carente, insufficiente ed incongrua.

Il Collegio ricorda, all’uopo, che l’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 è stato profondamente innovato dall’art. 6 del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con importanti modificazioni, con la legge 24 luglio 2008, n. 125 ed ispirato all’esigenza di predisporre uno schema normativo particolarmente rigoroso in tema di ordine pubblico: in base alla nuova lettura della norma ai Sindaci è consentita l’emanazione di provvedimenti, anche non contingibili e urgenti, senza uno specifico limite temporale, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.

Il decreto del Ministero dell’Interno del 5.8.2008 – applicativo dell’art. 54 – così recita per quanto riguarda i poteri sindacali: “Ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, il sindaco interviene per prevenire e contrastare: a) le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili e i fenomeni di violenza legati anche all’abuso di alcool; b) le situazioni in cui si verificano comportamenti quali il danneggiamento al patrimonio pubblico e privato o che ne impediscono la fruibilità e determinano lo scadimento della qualità urbana; c) l’incuria, il degrado e l’occupazione abusiva di immobili tali da favorire le situazioni indicate ai punti a) e b); d) le situazioni che costituiscono intralcio alla pubblica viabilità o che alterano il decoro urbano, in particolare quelle di abusivismo commerciale e di illecita occupazione di suolo pubblico; e) i comportamenti che, come la prostituzione su strada o l’accattonaggio molesto, possono offendere la pubblica decenza anche per le modalità con cui si manifestano, ovvero turbano gravemente il libero utilizzo di spazi pubblici o la fruizione cui sono destinati o che rendono difficoltoso o pericoloso l’accesso ad essi”.

A mente deI medesimo decreto – va soggiunto – per “incolumità pubblica” si intende “l’integrità fisica della popolazione”, mentre per “sicurezza urbana”, si fa riferimento a “un bene da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.

In buona sostanza, lo spirito del novellato tessuto normativo in materia di ordine pubblico va letto nel senso che la tutela della sicurezza urbana deve garantire alla persona la libera esplicazione della propria individualità, che non può venire conculcata da comportamenti contra legem: di qui l’attribuzione ai Comuni, e, per essi, ai Sindaci, di un ampio spettro operativo da esercitarsi secondo i moduli della discrezionalità amministrativa.

Alla luce delle suesposte coordinate normative il Collegio esprime l’avviso che la situazione di Gorizia – de plano – possa venire sussunta nel paradigma del decreto ministeriale testè richiamato, in quanto evidenzia i postulati ivi previsti.

Va nuovamente precisato, in questo contesto, che il provvedimento di proroga trova la sua giustificazione nel fatto che il quadro complessivo della situazione era obbiettivamente migliorato, ma non si era del tutto rasserenato, eppertanto, si rendeva necessario non vanificare i risultati comunque conseguiti nel semestre iniziale di operatività.

Il provvedimento stesso – contrariamente a quanto opina la parte ricorrente – si appalesa congruo anche in relazione al suo ambito territoriale di applicazione, posto che ha riguardato solo le aree “sensibili”, ossia le vie e le piazze centrali della città (comprese via Nizza, Corso Italia – ossia la principale arteria cittadina – nel suo tratto iniziale, nonchè la piazza del Municipio), ove vi è una particolare concentrazione di locali (più d’uno dei quali tiene aperti i battenti fino a tardissima ora).

In definitiva, il ricorso va respinto in quanto destituito di fondamento.

Vanno, invece, dichiarati inammissibili (con l’assorbimento della eccezione comunale di difetto di legittimazione attiva del Macedonio, per avere egli in data 27.1.2009 alienato il locale de quo alla società Aliseo s.a.s.) – i motivi aggiunti notificati il 7.5.2009, con i quali Macedonio Dennis ha impugnato il provvedimento del 5.3.2009, Prat. N. 04.06.08/37-013, con cui il Comandante della Polizia Municipale di Gorizia ha disposto la revoca immediata dell’autorizzazione rilasciatagli dal medesimo Comandante ex artt. 68 ed 80 del T.U.L.P.S. per l’esercizio di attività di intrattenimento e pubblico spettacolo nel locale all’insegna “Fly”.

Il Macedonio ha chiesto, altresì, il risarcimento dei danni asseritamene arrecatigli dal provvedimento impugnato.

A sostegno dei motivi aggiunti sono stati dedotti tre mezzi, incentrati sulla violazione di legge e sull’eccesso di potere sotto vari profili.

Il Collegio rileva che la formula dei motivi aggiunti non è, nella specie, giuridicamente praticabile in quanto essi non riguardano un provvedimento “adottato tra le stesse parti” (le impugnate ordinanze sono state adottate dal Sindaco, mentre il provvedimento in esame è stato adottato dal Comandante della Polizia Municipale), come stabilito dall’art. 1, comma 1 della legge 21 luglio 2000, n. 205, che ha modificato l’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 e, inoltre, non si inserisce nella stessa sequela procedimentale di quello inizialmente impugnato, inerendo, in realtà, ad altro e distinto procedimento (Cfr. Cons. St., V, 21 novembre 2003, n. 7632 e T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 26 gennaio 2004, n. 35).

Si appalesano infondati, invece, gli ulteriori motivi aggiunti notificati il 7.5.2009, con i quali il Macedonio ha sviluppato un mezzo dedotto con il ricorso principale, sulla base di nuovi elementi asseritamente emersi nel corso del giudizio.

In buona sostanza, il costrutto attoreo ruota intorno alla affermazione che il Comandante della Polizia Municipale avrebbe inserito nell’impugnata ordinanza del 29.12.2008 “senza neppure preavvertire il Sindaco, anzi in aperto contrasto con gli ordini impartitigli, una tipologia di locali, in particolare quelli di “intrattenimento e svago” di cui all’art. 67, lett. B, L.R. 29/2005” (locali non contemplati nelle prime due ordinanze di cui si è detto).

Questa tesi è del tutto inconsistente se solo si pone mente alla circostanza che l’impugnata ordinanza del 29.12.2008 è stata sottoscritta dal Sindaco di Gorizia, e, quindi, non può essere messo in dubbio – in questa sede – la circostanza che l’atto sia stato effettivamente adottato in quei precisi termini: ciò sulla base del principio generale per cui la paternità di un atto – con tutte le relative conseguenze – va fatta risalire esclusivamente al sottoscrittore.

Il ricorso n. 161/09, avente il medesimo oggetto del ricorso n. 160/09, va in parte dichiarato irricevibile e in parte va respinto sulla base delle medesime considerazioni svolte in sede di esame del ricorso n. 160/09 (salvo – ovviamente – quelle che riguardano specificatamente la posizione del Macedonio).

Come già si è detto, il contenuto sostanziale dei due ricorsi è del tutto analogo, tranne alcune differenze legate al quantum delle domande risarcitorie ed alla peculiarità – per l’appunto – della posizione del Macedonio.

In questo contesto occorre sottolineare che anche gli attuali ricorrenti – al pari del Macedonio – avevano fatto sostanziale acquiescenza alle prime due ordinanze impugnate (v. pag. 17 del ricorso), di talchè anche sotto questo profilo possono riproporsi – mutatis mutandis – le osservazioni svolte in sede di esame del ricorso n. 160/09.

Alla luce delle complessive argomentazioni che precedono il ricorso 160/09 in parte va dichiarato irricevibile e in parte va respinto; i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili, il ricorso 161/09 in parte va dichiarato irricevibile e in parte va respinto.

Le spese dei due giudizi seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale del Friuli – Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sui ricorsi e sui motivi aggiunti in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione,

li riunisce;

in parte dichiara irricevibile e in parte rigetta il ricorso 160/09; dichiara inammissibili i motivi aggiunti; in parte dichiara irricevibile e in parte rigetta il ricorso 161/09.

Quanto al ricorso n. 160/09, condanna il ricorrente al rimborso delle spese e competenze giudiziali nei confronti delle Amministrazioni resistenti, che liquida in complessivi euro 1.500 (millecinquecento), oltre agli accessori di legge, a favore di ciascuna Amministrazione.

. Quanto al ricorso n. 161/09, condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese e competenze giudiziali nei confronti della Amministrazione resistente, che liquida in complessivi euro 1.500 (millecinquecento), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 08/07/2009 con l’intervento dei Magistrati:

Saverio Corasaniti, Presidente

Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore

Rita De Piero, Consigliere

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4 commenti a Anti-schiamazzi, il testo completo della sentenza del Tar

  1. bubez goriziano ha detto:

    Ben fatto, una giusta sentenza.

  2. ely ha detto:

    Non sono d’accordo. Limitare le possibilità di lavorare (già nulle) dei locali di una città non è corretto. Nemmeno nei confronti dell’investimento in denaro fatto da tutte queste persone.

  3. erika ha detto:

    Vergognoso è il fatto che il comune, quando organizza qualcosa, sospenda il decreto a propria discrezione.

  4. Fabio ha detto:

    beh mi pare il minimo che almeno in determinate circostanze,in accordo con l’ascom, si sospenda! E pensare che basterebbe un minimo di civiltà da parte degli avventori dei locali per buttare l’ordinanza!!

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