3 Aprile 2009

Crisi: cambio di sistema o misure ad hoc?

Discussione presso la Friedrich-Ebert-Stiftung (SPD)

Discussione presso la Friedrich-Ebert-Stiftung (SPD)

Sono di ritorno da una maratona di convegni “macropolitici”, nazionali ed internazionali, svoltisi a Berlino e devo dire innanzitutto che la crisi ha messo le ali ai cervelli di economisti e politologi ed ora non possiamo più lamentarci della mancanza di un sistema alternativo a comunismo e capitalismo. Non ha ancora un nome, ma il suo principale problema è che dipende dagli umori dell’elettorato e, per quanto riguarda la Germania, deve tener conto che il 27.09. si elegge il Parlamento Federale (Bundestag), in una situazione in cui i numeri renderanno indispensabili coalizioni molto creative, che quindi richiederanno “ampie intese”, che non fanno certamente bene ad un possibile cambio di sistema. Così si assiste giorno dopo giorno ad un cambio di toni, uno spostamento di priorità, un avvicinamento a questo o quel partner preferito.
Bene, non mi sono messo a scrivere questi articoli per raccontare una campagna elettorale, bensì per chiarire le linee fondamentali, teoriche, di un nuovo concetto macroeconimico. Mi atterrò ai testi originali, stralciando tutti i compromessi elettorali.

1. Chi sta disegnando il nuovo progetto? Soprattutto le due forze che si dividono la sinistra, Die Linke e SPD. La CDU/CSU è convinta che basti rappezzare qualcosa e spingere sulle centrali nucleari e tutto si risolverà da solo. Angela Merkel non condivide questa impostazione (è stata la prima a parlare di nazionalizzazione delle banche) e perciò i “grandi” del suo partito la stanno marginalizzando (“Merkel non può risolvere il problema perchè lei è parte del problema”). I liberali dell’ FDP sono in aumento in tutti i sondaggi (14-15%), ma sembra che i loro nuovi elettori siano quelli che non vogliono che nulla cambi, quindi nuove idee da quelle parti sono molto rare. Rimangono i Verdi Bündnis90-Die Grünen) che sono convinti che misure ad hoc siano più che sufficienti, ovviamente unite al “no” all’energia nucleare ed allo sviluppo di energie alternative a quelle fossili. Su quest’ultimo punto concordano anche le sinistre.
Data l’enfasi, anche della piazza, che viene posta sulla “fine del capitalismo” sarebbe logico aspettarsi un sonoro rialzo delle quotazioni delle sinistre. Invece avviene esattamente il contrario: le sinistre stanno comunicando da un paio d’anni che lavorano ad una riforna del sistema ed ora la gente comune ha paura che facciano sul serio. In un Paese scottato da due dittature l’uomo della strada preferisce una scarpa vecchia e logora, ma comoda, ad una nuova ed elegante, ma che potrebbe causare vesciche.

1. Differenze gravi tra le proposte di Die Linke e quelle dell’SPD.
Die Linke si oppone alla NATO, vuole il ritiro immediato delle truppe in Afghanistan e dice NO ai Trattati di Lisbona, in quanto cementerebbero l’EU neoliberale. L’SPD chiede un po’ di autonomia dentro la NATO, vuole mantenere forze di pace in Afghanistan e considera i Trattati di Lisbona come indispensabili per la costruzione europea. Inoltre, l’SPD non parla di “cambiare il sistema”, ma di “misure profonde, ma necessarie”. Però intendono (ancora) all’atto pratico riforme molto simili, che sarebbe complicato riempire qui di troppi “distinguo”, che tra l’altro sarebbero opportuni anche all’interno della stessa SPD. Per comodità qui ho considerato tesi SPD quelle della corrente DL21 (Nahles, Wowereit), dato che quelle di Müntefering/Steinmeier sono in evoluzione troppo rapida per essere fissate.

2. Economia
Die Linke vorrebbe introdurre una tassa sulle transazioni internazionali (0,1%), nazionalizzare le banche “rilevanti per il sistema”, mettendo nei CDA rappresentanti dello Stato educati al pensiero Keynesiano, mandare a casa tutti i manager falliti ora al potere, regolamentare l’attività delle banche, in modo che queste adempiano solamente al loro compito originario, prestare denaro all’economia reale, e non giochino più al Casinò. Si chiudano i paradisi fiscali, magari con sanzioni. Cancellare il debito dei Paesi in via di sviluppo, condizionando ciò a dei precisi impegni ambientali. Qui Die Linke innesta la vecchia (?) teoria di Montanelli sull’Italia da commissariare: se il Nord cancella il debito del Sud sub conditiones, la finanza nel Sud dovrà essere condotta da “neutral foreigners”. L’SPD concorda con lo spirito di queste impostazioni, però non entra nel dettaglio sulle politiche del Sud del Mondo.
Per quanto riguarda l’economia reale, sotto il fuoco dei riflettori si trova Opel, Die Linke sarebbe anche qui per statalizzazioni, mentre l’SPD si trova, pur internamente divisa, più vicina alle posizioni della CDU/CSU, che prevedono un contributo di GM e degli “investitori”, che lo Stato potrebbe garantire. Si esclude una diretta intromissione dello Stato negli affari correnti.

3. Politiche sociali, fiscali e del lavoro
Entrambe le sinistre concordano sulla necessità di aumentare la tassazione dei redditi più alti (oltre 500.000 Euro/anno circa), introdurre un’imposta sul patrimonio (1,5% su quanto eccede 1 Mio di Euro), tassare ad hoc i boni dei manager delle ditte che hanno ricevuto un aiuto statale, abbassare la tassazione dei ceti meno abbienti. Queste misure devono servire in primis a finanziare un forte aumento degli organici dei posti pubblici per portarli al livello della Svezia (155/1000 ab., vs 68/1000 in Germania), incrementando soprattutto i settori della sanità, assistenza ad anziani e disabili, intermediazione del lavoro (aumento numero e qualificazione dei collocatori pubblici) cultura ed educazione. E’ posizione unanime che l’istruzione e la preparazione professionale mirata siano la ricetta europea contro la disoccupazione a medio e lungo termine. L’ Europa non ha bisogno di operai generici, contadini, uscieri, passacarte, portaborse, ma di tecnici altamente qualificati, che siano capaci di far funzionare una società proiettata sui servizi e sulla ricerca e sempre meno sulla produzione.
Per quanto riguarda Hartz IV, il sussidio sociale dopo un anno di disoccupazione, Die Linke vuole abolire l’ultima riforma, ritornando all’assegno di disoccupazione ridotto praticamente fino alla pensione, mentre l’SPD vuole mantenere la riforma (figlia del “suo” Schröder 😉 ), elevando però gli importi (portarli a ca. 450 Euro/mese) e permettendo il possesso di più risparmi di quanti se ne possano avere oggi (2.650 Euro). Inoltre entrambi i partiti intendono introdurre il salario minimo (Mindestlohn), che de facto renderebbe meno attrattivi i rapporti di lavoro precari ed interimali, che entrambi, se potessero, proibirebbero. Entrambi i partiti distinguono tra lavoro e buon lavoro, con i significati correnti anche in Italia. Nahles (SPD) parafrasa la frase di Merkel (CDU) “sociale è ciò che produce lavoro” inserendo il buon lavoro. Il lavoro precario, con stipendi al di sotto dell’assegno sociale, è dannoso sia per lo standard di vita in età avanzata (Altersarmut), sia per la domanda interna. Le riforme sociali sono assolutamente necessarie per aumentare la domanda interna, ridotta al lumicino da stipendi in calo da 15 anni, precarietà, insicurezza, disoccupazione in aumento e salari bassi nel “secondo mercato del lavoro”. Il problema principale della Germania è la sua dipendenza dall’export in una situazione in cui la maggior parte dei “clienti” sta peggio del fornitore. Alla base si trova, a parole soprattutto da Die Linke, una rivalutazione di Keynes, per cui ogni Euro messo in circolazione è un Euro che produce ricchezza, mentre il neoliberismo (parametri di Maastricht, che però nessuno si azzarda a criticare) aveva predicato la “Schuldenbremse” (freno sui debiti), con la riduzione della spesa pubblica e, di riflesso, di quella privata. Se nessuno spende, nessuno compera, se nessuno compera, nessuno vende e se nessuno vende, nessuno produce. Il sistema del futuro ha come primo compito interrompere questo circolo vizioso.

A me questa impostazione, pur logica, dà da pensare: nell’ultimo decennio la massa monetaria mondiale è passata dal 120% al 600% della somma della capitalizzazione bancaria mondiale. Quindi ci troviamo in presenza di 5/6 del denaro che circola, giace sui conti, specula, gira da un PC all’altro, a cui non fa fronte nulla. Obama, Sarkozy, Merkel, un giorno forse anche Berlusconi, producono somme di denaro gigantesche per salvare intanto le banche. Ora la crisi inghiotte tutto, ma, se e quando sarà finita, chi ci salverà da un’inflazione a due cifre?

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10 commenti a Crisi: cambio di sistema o misure ad hoc?

  1. arlon ha detto:

    Molto interessante, grazie.
    Mi ha fatto (ulteriormente) deprimere davanti alla scena politica della penisola.

  2. asem ha detto:

    Chi sta disegnando il nuovo progetto? Soprattutto (le due forze che si dividono la sinistra) Die Linke e (SPD).

    – Die Linke si oppone alla NATO, vuole il ritiro immediato delle truppe in Afghanistan e dice NO ai Trattati di Lisbona (come l’estrema destra), in quanto cementerebbero l’EU neoliberale. cosa c’è di nuovo?
    -statalizzazioni (come l’estrema destra) cosa c’è di nuovo?
    -aumento delle tasse (come l’estrema destra) cosa c’è di nuovo?
    – ecc. ecc. insomma cosa c’è di tanto nuovo?

  3. arlon ha detto:

    Se non altro, nei metodi.
    Che c’è chi nella politica certe cose le articola e spiega (o almeno ci prova) e chi se ne esce con una o più leggi farsa/palliative al giorno, la maggior parte delle quali boutade pro-mediatiche.
    Se sembra poco.. think again.

  4. Julius Franzot ha detto:

    @ asem:

    1. E’ vero che sia destra che sinistra non approvano NATO ed EU neoliberale, ma lo fanno con in mente due progetti opposti. L’ NPD vuole sostituire al neoiberalismo la Volksgemeinschaft, di hitleriana memoria, che, sul piano europeo, si traduce con “Festung Europa”, quindi uscita dall’ Euro ed economia nazionale gonfiata con denaro virtuale, che consenta, al momento opportuno, di cacciare tutti gli stranieri e di mettere a disposizione quelle capacità monetarie (costruite, come nel neoliberismo, sul nulla) a disposizione dei soli europei (poi non so se la definizione “Europei” in realtà abbia un significato più ristretto). L’ NPD inoltre propaga un rapporto privilegiato con la Russia. Se non fossero LORO a proporlo, non avrei nulla in contrario, ma, così, mi ricorda troppo Ribbentrop e quello che aveva in mente e che si è puntualmente avverato. Io sarei molto cauto a tracciare certi paralleli, che, in apparenza sono sensati, ma prescindono dalla storia di Die Linken (composto da WASG, ala dell’ SPD, che si oppose all’ Agenda 2010 di Schröder – riduzione all’osso dello stato sociale- e dal PDS di Gysi, partito della nostalgia della DDR, ora ala moderata, ma, non dimentichiamolo, successore legale dei beni dell’ SED, partito “socialista” della DDR. Quindi se qualcuno ha verso di loro il dubbio che siano ex-comunisti, può avere le sue ragioni, ma metterli sullo stesso piano dei neonazisti non ha senso). Non dimenticare inoltre che da un’attenta lettura del mio articolo risulta che Die Linke ed SPD hanno tra di loro anche notevoli differenze, soprattutto sulla politica internazionale. Se non fosse per quelle (e per la percezione – emozionale – di certi elettori che Die Linke in fondo vuole di nuovo la DDR) sarebbe chiara una futura coalizione Rosso-Rosso-Verde, che spopolerebbe. Però, almeno per il momento non è possibile, in quanto ci sarebbe troppa gente anziana che vedrebbe l’anticamera del partito unico, come già successo in tutta l’ Europa sovietica.

    2. L’ estrema destra non vuole le statalizzazioni

    3. L’ aumento delle tasse è imprescindibile per chiunque voglia cambiare il sistema, sia di destra che di sinistra. Un cambiamento porta con sè la creazione di nuovi comparti e la Costituzione tedesca proibisce esplicitamente di sottoporre al Parlamento leggi che prevedano nuove spese senza spiegare con che soldi saranno coperte

    Secondo me le novità ufficiali (ce ne sono anche altre, ma verranno fuori solo dopo le elezioni) sono la demolizione del precariato, la possibilità di statalizzazione di imprese, lo stop alla privatizzazione, l’aumento massiccio della quota statale, il riconoscimento che certi servizi, come istruzione e sanità, non sono monetizzabili, la sostituzione delle energie fossili con quelle rinnovabili. E’ troppo poco?

  5. StripedCat ha detto:

    Julius
    grazie per la panoramica. Concordo con Arlon, e’ un approccio molto diverso dall’italico wishful thinking governativo…annegato nel teatrino mediatico dei politici nei talkshow, il Titanic con i soliti noti gia’ seduti in scialuppa che ordinano all’orchestra di suonare piu’ forte.
    Stripedcat

  6. Armando ha detto:

    Molto interessante, ma non capisco come possa funzionare.
    L’idea degli economisti di questi ultimi anni è stata: chiudiamo il 90% delle aziende agricole, licenziamo metà degli operai e concentriamoci nelle attività ad alto valore aggiunto.
    Il problema è la collocazione da trovare a milioni di persone espulse dal mondo del lavoro.
    Probabilmente in Germania si è partiti da un livello di tecnologia e di capitale umano molto avanzato, con la possibilità di spendere di più in servizi sociali per riassorbire i lavoratori in soprannunero.
    In Italia queste risorse non esistono e non a caso si parla di declino: una continua emorragia di posti di lavoro che comporta minori entrate per lo Stato, già indebitato e comunque impossibilitato a intervenire su qualsiasi politica.
    Date le premesse – fra cui l’idea sbagliata degli economisti che gli aggiustamenti sono velocissimi e dai costi risibili – non vedo come si possa uscire dal pantano politico europeo, dove la sinistra ha perso terreno dappertutto da quando ha accettato i fondamenti del pensiero neoliberale.
    Il sistema che funzionava (pur con molti difetti) c’era già prima. E’ il sistema che ha coniugato i più alti tassi di crescita economica di sempre – sia nei paesi sviluppati che nei paesi in via di sviluppo – ad una discreta, o buona, condivisione dei benefici della crescita a tutti gli strati sociali.
    Quel sistema è stato smantellato negli ultimi 25 anni. Bisognerebbe partire da qui, da un minimo di onestà intelletuale nel riconoscere che questo nuovo sistema, fondato sul lento progressivo smantellamento delle protezioni assicurate alle fasce più deboli, ha fallito.
    Ma nessuno lo fa.
    E senza questo briciolo di onestà intellettuale, pensare di mettere in piedi nuovi sistemi è come minimo molto dubbio.
    Su cosa dovranno pronunciarsi gli elettori, che non sono stati interpellati in passato quando gli è stato distrutto sotto il naso il loro sistema di protezione?
    Perché dovrebbero votare a sinistra se la sinistra non è in grado di porsi come alternativa alla destra?
    Se nessun uomo politico di sinistra ha il coraggio di dire: vi ricordate come si stava vent’anni fa? Bene, tutto quello che avevate allora e vi è stato tolto lo dovete alla destra, alla loro retorica sulla modernizzazione, sulla fine naturale del fordismo e altre simili balle.
    In questi ultimi 25 anni loro hanno aumentato i loro patrimoni, e voi siete rimasti fregati.
    Il cambio di sistema che si è visto finora è stato stampare denaro per darlo in primis ai banchieri e poi un po’ ai poveracci, nuova versione del “panem et circenses” ma altrettanto squallida, con gli stessi economisti neoliberisti che ieri tuonavano contro lo Stato impegnati a chiedere a gran voce soldi, soldi e ancora soldi, per loro e i loro amici.

  7. Julius Franzot ha detto:

    @ Armando

    1. Mi sembra molto condivisibile la tua affermazione che 25 anni fa c’era già un sistema valido, che penso si possa chiamare socialdemocrazia o economia sociale di mercato. A mio avviso, oltre che essere l’espressione di un elementare buonsenso, tale sistema si reggeva anche come via intermedia al capitalismo ed al socialismo reale, nel senso che suggeriva al popolo che era meglio avere un po’di socialismo reversibile che una dittarura comunista irreversibile. Alla caduta del comunismo reale venne a mancare un’alternativa-spauracchio e così le forze turbocapitaliste poterono annunciare che avevano vinto la storia e pertanto non erano più disposte a fare compromessi per “il male minore” (secondo loro).

    2. I soldi per salvare le banche sono puro pragmatismo: immaginati cosa succederebbe se non li elargissero e le principali banche chiudessero per fallimento, come sarebbe inevitabile: oltre alla diminuzione dei posti di lavoro dei bancari, si assisterebbe o alla perdita dei risparmi o alla corsa allo sportello per ritirare tutto e metterlo nel materasso. Dato che il “denaro” in circolazione è 1/6 della copertura bancaria, i curatori dei fallimenti delle banche potrebbero rimborsare solo 1/6 dei depositi. Inoltre, la funzione principale delle banche è di provvedere liquidità al settore produttivo: se questa manca, le ditte sono costrette a chiudere, si ha una disoccupazione di massa e rimane solo la via prettamente marxista della statalizzazione di tutta l’economia. Penso che siano in pochi a volerla.

    3. La sinistra come alternativa alla destra in Germania sta risorgendo a grandi passi ed anche certa “destra” (Angela Merkel) ora comincia ad agire (non necessariamente a pensare) come dovrebbe fare una sinistra socialdemoreatica classica. Il problema di avere una sinistra tradizionale al potere in Germania è duplice: da una parte ci sono forti divergenze in politica estera tra le sinistre, dall’altra persiste lo spettro della DDR, che basta agitare come uno spauracchio per far fuggire potenziali elettori di sinistra verso “vie di mezzo”. In Italia, ho l’impressione che il cambio da Veltroni a Franceschini sia un passo nella direzione giusta.

    4. Non credo sia praticabile ritornare ad una fotocopia della socialdemocrazia dei primi anni 80: oggi la globalizzazione, a mio avviso inarrestabile, spinge a prediligere la creazione di posti di lavoro stabili e dignitosi all’assistenzialismo, che in Germania proprio negli anni 80 era tale, da togliere alla gente la voglia di lavorare. Un sistema oggi praticabile dovrebbe aprire all’aumento massiccio dell’impiego nel settore pubblico (venerdì nel prossimo articolo spiago come questo sia già realtà a Berlino, con la coalizione tra SPD e Die Linke), finanziato sia dall’aumento della domanda interna (keynesianesimo), sia da aumenti fiscali sui redditi milionari ed, eventualmente, da una Tobin Tax sulle transazioni internazionali fuori dall’area Euro.

  8. Armando ha detto:

    1. Siamo d’accordo

    2. Hai ragione sulla necessità di salvare le Banche. Volevo solo sottolineare il fatto che gli stessi economisti che fino a ieri consideravano lo Stato il problema oggi chiedono il suo intervento in funzione anticiclica per sostenere la domanda aggregata. Da neoliberisti a neokeynesiani, dalla sera alla mattina.

    3. Interessante quello che dici. In Italia c’è una propaganda martellante che descrive la Germania ormai in mano alla destra, con i socialdemocratici in agonia. Se le cose sono diverse non posso che rallegrarmi.

    4. Su questo punto dissento. Non solo la globalizzazione è arrestabilissima, ma il problema è proprio che l’attuale fase di instabilità – che rischia di trasformarsi in caos sistemico non più governabile – è la conseguenza della globalizzazione. Già nel 2002, con la liberalizzazione dei movimenti di capitale instaurata o imposta da diversi anni, si erano contate circa 9 crisi finanziarie piuttosto serie, seppure su scala nazionale o regionale. La più importante, quella asiatica del 1997, ebbe un impatto enorme su milioni di persone, ma i media ne parlarono pochissimo.
    In ogni caso, il nocciolo del problema è che lo stato sociale difficilmente potrà sopravvivere alla globalizzazione.
    Negli Usa, non c’è problema.
    Ma in Europa è diverso. Il contratto sociale funziona perché c’è uno Stato che riesce a mediare e conciliare le diverse istanze.
    Se il contratto sociale viene sciolto, viene meno anche l’ethos su cui si fondano le istituzioni politiche e sociali europee.
    A mio avviso, non siamo molto lontani. Basta vedere un paese come l’Italia, che ormai assomiglia sempre più al Principato di Monaco, un paese da operetta.

  9. Giorgio Ciaravolo ha detto:

    Buongiorno Armando,
    solo due appunti:
    1. I socialdemocratici tedeschi sono in uno stato confusionale paragonabile a quello della sinista italiana oramai da anni; come ovunque al mondo questo spaventa un elettorato sano che sia alla ricerca di un governo che sappia dare risposte. Non favorisce il sapere che l’ex cancelliere Schröder, finito il suo mandato, sia diventato “impiegato” della russa Gazprom. Al contrario dell’Italia la democrazia è molto evoluta e sia il centrodestra che il centrosinistra hanno cuore il futuro della propria nazione (vedi il cancelliere Merkel).
    2. Riguardo al conflitto globalizzazione e stato sociale non condivido affatto le tue affermazioni: la Germania è da anni uno dei principali global player sia per volumi complessivi dell’export, sia per il PIL generato con tale export, eppure nessuno parla di smantellare lo stato sociale. Negli USA non c’è il problema dello stato sociale perchè lo stato sociale non esiste.
    In realtà l’Italia è stata finora (politicamente) marginale nella globalizzazione (commercialmente va meglio: abbiamo ancora un buon export da media impresa) e chiudersi al mondo non le gioverà affatto.

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