27 Marzo 2009

Daniele Damele ha il pallino del filtro internet

Il brillante blogger e pensatore friulano, Giorgio Jannis, ci invia questo suo contributo sulle recenti dichiarazioni del giornalista e ex Presidente del Corecom Fvg, Daniele Damele, a proposito di libertà di comunicazione in internet.

Appena la risacca delle news giornalistiche riporta ciclicamente verso riva qualche episodio recente sui rischi di internet, ecco che prontamente Daniele Damele erompe in sentitissime lamentazioni sul degrado morale e sociale del giorno d’oggi, e quale soluzione taumaturgica propone sempre quest’accrocchio tecnico del filtro a monte che protegge i minori durante la navigazione su web.

Un normalissimo filtro basato su blacklist, peraltro, dove un software confronta gli indirizzi di destinazione delle nostre ricerche su web con un elenco di siti segnalati come non appropriati ai minori, e nel caso inibisce la navigazione.

Quelli tra voi più addentro alle cose tecniche, staranno sorridendo, lo so.

Perché l’efficacia di un filtro basato su blacklist dipende appunto dalla completezza degli elenchi di confronto, i quali vengono a quanto pare aggiornati da centinaia di collaboratori volontari o dagli stessi genitori (gente che passa le giornate a guardare apposta siti pedopornografici e invocazioni al satanismo, immagino… qualcuno deve pur fare il lavoro sporco), ma di certo non può offrire nessuna fondata garanzia riguardo al fatto che sul vostro schermo non possa comparire qualche immagine sconveniente, al contrario di quanto millantato da Damele sul suo blog.

In queste settimane poi quelli della parte politica di Damele, a Roma e purtroppo al governo, stanno promuovendo squinternate proposte e disegni di legge (D’Alia, Carlucci, Barbareschi) da cui appunto si ricava come queste persone non conoscano né il funzionamento tecnico della Rete né abbiano chiarezza sulla portata dei propri effettivi poteri legislativi, ed è francamente spassoso (tristissimo, in realtà) vedere come vengano pubblicamente sbugiardati e ridicolizzati per la propria ignoranza e faciloneria anche dalla stampa internazionale e talvolta dagli stessi colleghi di corrente politica; vi rimando a Gilioli su L’Espresso per apprezzare l’ultimissima vis comica di Gabry Carlucci, mentre questo è il link dell’osservatorio giornalistico promosso da Apogeonline per tenere d’occhio gli sviluppi legislativi di queste cosiddette “leggi di internet”.

Da parte mia, sottoscrivo quanto scritto da Sergio Maistrello da Pordenone, sempre su Apogeonline: a parte l’insopportabile situazione di veder legiferare persone che non comprendono quello di cui stanno parlando né riescono a concepire le conseguenze deleterie di simili decisioni per lo sviluppo socioeconomico e culturale del Paese, la promulgazione di nuove leggi laddove sarebbero sufficienti quelle esistenti per perseguire penalmente qualsiasi tipo di reato venga compiuto a mezzo internet sembra proprio adombrare una volontà politica decisa a limitare pesantemente le nostre libertà individuali di accesso all’informazione e di libera espressione.

Ma torniamo agli accadimenti locali.

Prendendo la palla al balzo, Damele sul suo blog commenta la notizia del ddl Carlucci, dedicato peraltro all’anonimato e alla diffamazione in rete, e la utilizza come spunto narrativo per le sue personali perorazioni: innanzitutto, paladino della libertà, Damele sottolinea magnanimamente l’importanza di garantire l’accesso alla rete a tutti, poi con partecipazione tutta umana giunge al suo cavallo di battaglia, appunto il filtro alla navigazione per la tutela dei minori, da adottare da parte di famiglie e scuole.

Sulla tematica del filtro alla navigazione, non intendo dilungarmi: dal punto di vista tecnico come dicevo non offre nessuna garanzia di blocco di contenuti riprovevoli, ma soprattutto innesca alcuni comportamenti decisamente controproducenti; ad esempio, per i quindicenni aggirare le imposizioni genitoriali è uno scopo di vita, e saltare i proxy e disabilitare filtri è esattamente quello che già fanno quando devono usare i loro programmi peer-to-peer. Se imposti una battaglia con gli adolescenti a base di divieti e proibizioni, innanzitutto perdi gli scontri regolarmente, e inoltre contribuisci alla formazione di una mentalità nel minore decisamente orientata al “vaffa” e al cercare di fregare gli adulti, al segreto e alla menzogna (e han ragione i giovanissimi, sia chiaro: questione di sopravvivenza).

Per un genitore, sentirsi con la coscienza a posto perché “tanto ho installato un filtro sul pc di casa” potrebbe portare a evitare di controllare fattivamente cosa fa il figlio quando naviga, delegando a un dispositivo tecnologico alcune importanti funzioni genitoriali.

Un dirigente scolastico poi che utilizza dei denari pubblici per acquistare delle soluzioni informatiche che limitano la libertà di navigazione senza offrire alcuna sicurezza informatica come contropartita, magari facendo tutto di testa sua senza informarne il Consiglio d’Istituto, compie un atto sbagliato, in relazione al messaggio pedagogico di una scuola laica. Il singolo genitore può legittimamente dar fiducia al filtro Davide e acquistarlo, ma nel caso di istituzioni pubbliche il discorso cambia. E’ come se gli acquisti dei libri per la biblioteca di un Istituto scolastico statale avvenissero solamente da cataloghi o in negozi approvati dalla chiesa cattolica, e non è un esempio a caso.

Perché il filtro proposto da Damele, molte volte da quest’ultimo reclamizzato nel corso degli anni, è prodotto e promosso da un prete torinese che molti anni fa ha dato vita a una società commerciale di servizi internet, ovvero il provider di connettività Cometa Comunicazioni, la quale appunto vende il filtro Davide sostenendo al contempo l’eticità delle proprie iniziative tramite il sito dell’associazione onlus Davide.it, sempre presieduta dallo stesso prete. Qui trovate alcune informazioni aggiuntive, anche se non è ben chiaro se sia il provider Cometa o la onlus Davide a incassare i non pochi soldi che privati aziende scuole associazioni e biblioteche spendono per acquistare il filtro.

Il sito Davide inoltre comunica in modo piuttosto fumoso, soffermandosi parecchio su discorsoni di banale senso comune, ma senza portare delle prove concrete sull’efficacia delle proprie offerte informatiche: secondo voi la frase “la maggior parte dei filtri blocca al massimo il 65% dei siti non adatti ai minori. Davide.it ha un’efficacia fino al 95% con il più basso numero di errori” dice qualcosa di verificabile? Il 95% di cosa, di grazia?

Vi è poi un altro aspetto interessante: Damele si deve essere scocciato di ripetere sempre le stesse cose nel corso degli anni, quindi nel post in questione ritiene ormai superfluo citare la fonte delle sue affermazioni. Ma internet è simpatica, per queste cose. Così scopro che molte frasi del suo articolo sono letteralmente copiaincollate da Davide.it, ma nascondendo il furtarello. Giocate anche voi a smascherare l’inghippo, confrontando quanto espresso qui con quanto da Damele asserito sul suo blog (nel caso qualcosa cambiasse, ho gli screenshot delle pagine web in questione).

Nel caso concreto, mettiamo il caso che il figlio di Damele minorenne al parco pubblico scopra nell’erba una rivista pornografica oppure venga avvicinato da qualcuno con intenzioni losche: probabilmente avvertirà il genitore, il quale chiamerà giustamente la polizia, la quale a sua volta intraprenderà delle indagini su ordine di un magistrato e magari terrà sotto sorveglianza gli afflussi di persone, ma di certo non chiuderà l’intero parco alla cittadinanza, come si vorrebbe ora fare con le “leggi di internet” se qualcosa di simile capitasse nei territori digitali dove oggi noi abitiamo con dignità di cittadini. Tutti noterebbero l’incongruenza e lo sproposito della reazione, nel ledere il mio diritto di cittadino di usufruire del parco pubblico rispetto al perseguire penalmente chi si è macchiato di un singolo reato, che rimane grave ovunque venga commesso.

Nell’intervento sul suo blog dal titolo Ecco cosa bisogna bloccare, ma dove ohibò la censura non c’entra per niente, Damele enumera i contenuti da filtrare a monte: si tratta di “documenti appartenenti alle seguenti categorie: pedofilia e pornografia con partecipazione di minorenni, suggerimenti e inviti al suicidio, istigazione all’uso di stupefacenti, gioco d’azzardo, satanismo con sacrifici cruenti di animali o persone, materiale nocivo ai minorenni, pornografia esplicita, satanismo, violenza, istigazione all’odio e/o ad atti violenti, razzismo, turpiloquio”… tutte cose che esistono da ben prima di Internet, e per le quali esistono già precise indicazioni legislative per la loro repressione per via giudiziaria, senza alcun bisogno di nuove leggi specifiche.

Teniamo presente che Daniele Damele è giornalista, ed è perfettamente libero di credere e di promuovere quello in cui crede, foss’anche riducendo la sua professione a quella di tragicomico acritico tamburino locale delle scelte politiche targate PdL, nel momento stesso in cui vengono promulgate qui in Italia leggi liberticide promosse da personaggi di nessuna credibilità e di nessun competenza.

Però Damele è stato anche presidente del Comitato Regionale per le Comunicazioni CoReCom, sugli stessi argomenti ha collaborato a Roma con commissioni interministeriali e dentro comitati di garanzia Internet&Minori, ha ricoperto o ricopre incarichi ufficiali da dirigente presso la Provincia di Udine, è docente universitario di “Etica e comunicazione” a Udine, e spero citi le fonti bibliografiche nelle sue dispense d’aula.

Capite quindi come quella di Damele sia una voce autorevole in virtù delle cariche pubbliche da lui ricoperte, ovvero in grado di orientare le coscienze di molte persone nella considerazione di queste tematiche etiche legate alle libertà individuali di opinione e di pubblicazione, indici sicuri del livello di civiltà raggiunto da una data collettività; a maggior ragione potrete comprendere come sia molto grave, per questi stessi motivi, che dal suo alto pulpito Damele continui da anni a reclamizzare (spero per lui in modo dichiaratamente remunerato, almeno) una determinata soluzione tecnica, di per sé palliativa e censoria quindi non educativa, quale risposta adeguata alla pericolosità dell’ambiente Internet per le giovani generazioni.

Giorgio Jannis

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8 commenti a Daniele Damele ha il pallino del filtro internet

  1. Nicola Davanzo ha detto:

    PERFETTAMENTE DACCORDO!

  2. Daniele Damele ha detto:

    Posso rimanere col mio pallino?

    Posso chiedere rispetto per le opinioni di tutti senza la necessità di dover offendere alcuno?

    Collaboro dalla nascita con davide.it e ho scritto/scrivo molte cose su quel portale: nessun copia/incolla!

    Una precisazione: non faccio parte della parte politica cui si allude.

    Buon tutto.

    Daniele Damele

  3. don ilario rolle ha detto:

    Non conosco Giorgio Jannis e non risulta dal suo scritto se abbia o meno provato il filtro davide.it, ma da quel che leggo, pare di no. Ignora totalmente il funzionamento e l’efficacia del filtro davide: non è una black list! E’ una rete di prevenzione fatta di persone prima che di software. Non è un palliativo censorio, non è una soluzione tecnica, ma un approccio educativo non solo per internet.

    Documentarsi è sempre importante. Se il Jannis vuole essere informato legga e studi, prima di sputare sul lavoro di migliaia di volontari qualificati in dieci anni di attività a fianco dei ragazzi. Volontariato il mio e quello del dottor Damele, così come quello di alcune decine di docenti universitari.

    Il dott. Damele collabora da sempre con il portale davide.it evidenziando sensibilità non comuni sul tema. Suoi scritti sono costantemente presenti sul portale davide. Egli partecipa a convegni e corsi di formazione ed i suoi interventi sono sempre accolti con grande attenzione.

    Purtroppo la nostra associazione non lo può ripagare per tanto lavoro, come non paga gli altri volontari.

    Abbiamo fede in un’altra ricompensa…

  4. Giorgio Jannis ha detto:

    Provo a rispondere per punti, restando sul piano dei fatti, sperando in tal modo di contribuire a ripulire il testo da posizioni ideologiche poco utili a coloro che volessero partecipare al dibattito.

    1. Sul blog di Damele si trovano frasi *uguali* a quelle reperibili sul sito davide.it, punteggiatura compresa. Delle due, una: o Damele copiaincolla i suoi testi, firmandoli, da davide.it, oppure davide.it copiaincolla i testi di Damele, senza specificare comunque la fonte.
    Nel nostro caso, vista la successione temporale, si sarebbe detto che Damele avesse copiaincollato i testi da davide.it.
    Per un banale motivo di etica della comunicazione, per una ecologia di questo web che tutti amiamo, mi piacerebbe veder ridotte le quote di confusione: se Damele avesse scritto di aver collaborato ai testi di davide.it, se quest’ultimo indicasse il vero autore dei testi sul proprio sito, tutto sarebbe pulito e coerente, in entrambe le circostanze, senza bisogno di nascondere nulla e successive giustificazioni.

    2. Anche Rolle continua a intorbidare le acque della discussione, asserendo cose non vere. Qual è il sistema tecnico del funzionamento del filtro davide.it? Come spiegato nell’articolo e sullo stesso sito davide.it, si tratta appunto di un dispositivo del tipo blacklist, dove o su computer locale o in remoto sul webserver del provider Cometa ogni indirizzo digitato dagli utenti viene confrontato con una “lista nera” di siti ritenuti o acclarati essere luoghi inadatti ai minori, e nell’eventualità viene inibita la navigazione.
    Questa affermazione, Rolle, non è confutabile, ne dia qui atto per amor di conversazione e di verità.

    Il fatto che la lista dei siti pericolosi sia compilata da esseri umani (non solo da dispositivi software che procedono ad esempio per rilevamento automatico di parole-chiave), oppure che una “pagina di cortesia” (la quale dovrebbe essere ulteriore garanzia di approccio educativo e non repressivo? mah) appaia all’utente nel momento in cui la navigazione pericolosa venga impedita, nulla ha a che vedere con il meccanismo tecnico della blacklist, in quanto “filtro a monte” delle mie scelte.

    Come privato, come genitore, potrei dare la mia fiducia alla sua persona e alla sua istituzione, e accettare per giunta pagando di veder limitata la mia libertà di accesso alla Rete. Non sono d’accordo nel caso in cui, come dicevo nell’articolo, questa soluzione venga adottata da istituzioni pubbliche ad esempio scolastiche, senza dibattito partecipativo all’interno degli organi democratici presenti in ogni scuola (Consiglio di Istituto).
    Senza poi poter avere serie garanzie sull’efficacia dello strumento adottato.

    Perché nessun gruppo di persone, nessun filtro umano può “star dietro” al proliferare dei siti in internet, può monitorare in tempo reale ciò che avviene in Rete, sì da prontamente aggiornare la blacklist; si tratta qui di ovvie considerazioni statistiche rispetto alle centinaia di migliaia o ai milioni di siti dai contenuti illeciti che quotidianamente nascono e muoiono su web: siamo veramente nel caso di chi intende o pretende di svuotare il mare con un cucchiaio.

    Quindi le affermazioni di “assoluta garanzia” espresse da Damele o da davide.it rispetto all’efficacia tecnica del filtro sono dichiarazioni mendaci.

    Non posso qui non riportare quanto espresso dal Parlamento europeo, vedi http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-2009-0194+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT oppure sul Corriere della Sera http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/09_marzo_27/internet_niente_disconessione_b544081e-1ad1-11de-b646-00144f486ba6.shtml proprio nei giorni della pubblicazione del mio articolo qui su Bora.la; in sintesi sul «rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet» è stata approvata una Raccomandazione con una schiacciante maggioranza di 481 contro 25 dove nel testo viene indicato chiaramente che:
    1) Internet «dà pieno significato alla definizione di libertà di espressione»;
    2) «può rappresentare una straordinaria possibilità per rafforzare la cittadinanza attiva»;
    3) il monitoraggio del traffico web «non può essere giustificato dalla lotta al crimine»;
    4) l’accesso a internet «non dovrebbe essere rifiutato come sanzione dai governi o dalle società private» e
    5) le ricerche in remoto, dove previste dalla legislazione nazionale, devono essere condotte «sulla base di un valido mandato delle autorità giudiziarie competenti» e devono sempre preferirsi le ricerche in diretta a quelle in remoto visto che queste ultime “violano il principio di legalità e il diritto alla riservatezza».

    A onor del vero la Raccomandazione propone anche alle case produttrici di software di predisporre degli strumenti per la tutela dei minori, ma appunto viene lasciata all’utente finale la scelta e la modalità sul loro utilizzo. Personalmente non sono contrario, per motivi pragmatici, all’utilizzo di un filtro alla navigazione ad esempio presso le scuole primarie: semplicemente gradirei simili soluzioni venissero illustrate con chiarezza e trasparenza, sottolineando la fallibilità dei ritrovati tecnici e appunto l’importanza di formare innanzitutto gli educatori dando loro competenze digitali capaci di guardare al di là delle solite misure censorie.

    Nel 1999 ho personalmente progettato e promosso presso l’ambito socioterritoriale di Codroipo il “Progetto Mediateca”, ex-lege Turco 285/97, dove per tre anni ho personalmente provato a diffondere consapevolezza riguardo l’uso critico degli strumenti informatici e telematici, attraverso migliaia di ore di presenza nelle scuole e decine di interventi territoriali sul ruolo moderno della genitorialità all eprese con nuove problematiche educative.
    Ho contribuito personalmente a organizzare e a invitarvi a parlare a tre convegni dove potesse essere pubblicamente dibattuta l’opportunità di provvedere alla popolazione di riferimento degli strumenti critici per la comprensione del fenomeno “computer + internet + minori” allora nascente, e mi ricordo nettamente di come la vostra posizione già allora tenacemente concentrata sulla necessità di provvedere scuole e famiglie di filtri tecnici alla navigazione si fosse già allora scontrata con le posizioni degli altri relatori, tra cui il sottoscritto, nonché con l’approccio educativo complessivo emerso dai convegni stessi.
    Ecco i collegamenti al convegno del 2001 http://www.mediateca-codroipo.it/convegni1.html e a quello del 2002 http://www.mediateca-codroipo.it/convegno2.html.

    Trasparenza e cultura della Rete, null’altro cordialmente chiedo.

  5. Daniele Damele ha detto:

    Spiace molto rilevare che il signor Jannis offende e denigra le opinioni altrui. Pazienza.
    Il signor Jannis ritiene, inoltre, di avere la verità in tasca e in virtù di questo lancia sentenze.
    Non è possibile confrontarsi in questo modo. Peccato.
    Non replicherò più augurando buon tutto al signor Jannis.

    Daniele Damele

  6. Macchinista ha detto:

    E no sig.Damele, la verità fa male ma non offende. Replichi al sig.Jannis e lasci a noi giudicare.

    Il suo atteggiamento sembra quello di chi è stato colto con le mani nella marmellata e fa comunque finta di niente. Lo stesso vale per Don Rolle. Spieghi a fondo il funzionamento del filtro, no pensi a priori che quelli che leggono sono “mona” e non capiscono. Capiscono, a volte anche troppo.

    Bruno Santin

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