16 Marzo 2009

La crisi in Olanda: anche i laureati a raccogliere pomodori?

La crisi in Olanda c’è, ma io non la vedo.
E’ ovvio che la mia situazione è del tutto particolare. Miracolata un anno e mezzo fa da un lavoro in un’agenzia dell’Unione Europea, per i prossimi cinque (o, volendo, nove) anni vivrò in un mondo fatato fatto di salari ridicolmente elevati, esenzione dalle tasse, 34 giorni di ferie l’anno (escluse le feste comandate che ammontano a 12) e assicurazione sanitaria che copre anche i weekend rigenerativi alle terme… E tutto ciò generosamente sponsorizzato da voi contribuenti europei.

C’è però chi, con genuina sorpresa, scopre che la crisi ha una discreta influenza anche sulla sua vita.
Gianni, per esempio, ha il contratto in scadenza e deve tornare in Italia.
Come qualsiasi persona in pieno possesso delle proprie facoltà mentali, preferirebbe ovviamente restare qua. Gianni é altamente qualificato, ha anni di esperienza nel settore in cui lavora, parla bene l’inglese e lo spagnolo. A settembre dello scorso anno, comincia a mandare curricula a diverse compagnie e agenzie interinali. Attenzione: le agenzie interinali qui sono serie e utili davvero. Il mio primo lavoro olandese l’ho trovato tramite agenzia in un paio di settimane.

Ma torniamo a Gianni.
Gianni riceve parecchi inviti a sottoporsi ad un colloquio e sceglie di incontrare i responsabili di un’importante banca internazionale.Visto che la posizione offerta é di un certo livello, i colloqui proseguono salendo via via tutti i gradini della gerarchia aziendale, fino ad arrivare, a febbraio, al megadirettore galattico. Il quale comunica a Gianni che la posizione é virtualmente sua ma che stanno aspettando il semaforo verde da qualcuno ancora più in alto. Finalmente, dopo un paio di settimane, arriva la tanto attesa telefonata dalle Risorse Umane. Una gentile signorina comunica a Gianni che purtroppo la posizione per il momento é “congelata” a causa della crisi e che, chissà, forse, casomai, lo ricontatteranno nel futuro.

John invece é l’uomo olandese con cui vivo nel peccato da tre anni.
Lui fa il network engineer (robe de computer, diria mia zia) e ha cambiato lavoro da poco perchè si era stufato di fare i turni. Dopo un’ora che il suo CV era su Monsterboard aveva ricevuto 20 email con offerte di lavoro.

La ditta olandese per cui lavora adesso appalta i servizi dei propri dipendenti ad altre compagnie che hanno bisogno di assistenza nei loro reparti IT. L’azienda ha continuato ad assumere a tutto spiano fino a poco tempo fa e normalmente solo il 25% degli ingegneri é in sede, mentre gli altri sono dislocati presso i clienti. La previsione per i prossimi mesi é che il 60% dei dipendenti sarà in sede, per mancanza di commesse. Se le cose non migliorano, presto cominceranno i licenziamenti.
La società che gestisce l’aeroporto di Schiphol, il terzo in Europa, ha annunciato un ridimensionamento del proprio organico dal 10 al 25%. NedCar, che assembla Smart e Mitsubishi, ha annunciato 220 licenziamenti su 1500 dipendenti.

In Olanda però esiste una buona “rete di sicurezza”, elaborata negli anni ’80 grazie alla concertazione di Governo, sindacati e associazioni dei datori di lavoro.
Quando si viene licenziati, se sono stati pagati i contributi per un sufficiente numero di anni (credo 2) si ha diritto al “WW uitkering”, ovvero al pagamento per il primo anno del 70% dell’ultimo salario al netto delle tasse. L’uitkering viene pagato regolarmente se si dimostra di rispondere ad almeno tre annunci di lavoro al mese.
Anche il UWV (Uitvoeringsinstituut Werknemersverzekeringen – L’istituto per la promozione dell’impiego… o una roba cussì) assiste il disoccupato con offerte di lavoro, corsi di formazione e di lingue. Dopo il sesto mese la cifra percepita si riduce lievemente, ma viene pur sempre erogata.

Con l’acuirsi della crisi però, stanno aumentando le preoccupazioni sulla sostenibilità di questo sistema.

Il parlamento, proprio in questi giorni, sta discutendo il piano del Ministero degli Affari Sociali che propone di rendere obbligatoria, per disoccupati in uitkering da più di un anno, l’accettazione di qualsiasi offerta di lavoro, anche se “inferiore” ai propri studi e alle proprie competenze.

Paul Ulembelt di SP (Partito Socialista) ha accusato il Ministro di favorire la sotto-utilizzazione delle capacità di lavoratori con un alto livello di educazione ed esperienza lavorativa, costringendo laureati a distribuire pubblicità porta a porta o a raccogliere pomodori in una delle innumerevoli serre olandesi.

Il Ministro cristiano democratico ritiene invece che zappare la terra potrebbe essere di grande giovamento per qualsiasi laureato che si trovi in una fase critica della propria vita.

Per la prima volta, e probabilmente l’ultima, concordo con una persona di centro-destra.

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4 commenti a La crisi in Olanda: anche i laureati a raccogliere pomodori?

  1. Armando ha detto:

    Articolo interessante, ma perché mai i laureati dovrebbero andare a raccogliere pomodori?
    Semmai è il contrario: chi raccoglie pomodori si specializza e diventa ingegnere.
    Almeno, il processo di integrazione economica internazionale (globalizzazione) è stato venduto così.
    I Paesi ricchi migliorano le loro ragioni di scambio specializzandosi nella parte “alta” della produzione, mentre la parte “bassa” viene demandata ai paesi dove il capitale umano è relativamente più scarso.
    Possono avere problemi paesi come l’Italia, dove il capitale umano non è al top, ma non paesi come l’Olanda. Almeno questo è quello che pensano e dicono gli economisti, che vivono in un mondo dove contano più i modelli della realtà. Infatti, una delle più grandi acquisizioni dell’economia moderna è, appunto, che non esiste disoccupazione se non volontaria.

  2. Julius Franzot ha detto:

    @ Armando

    Hai sicuramente ragione quando scrivi che non ha senso che i laureati vadano a raccogliere i pomodori, dato che l`evoluzione naturale pretende il contrario. Pero devi pensare che l`Italia e un`isola infelice, in cui dopo qualche mese il disoccupato puo andare a morire sotto i ponti, piu o meno come in Africa. In tutto il resto d`Europa, Olanda compresa, chi resta senza lavoro e mantenuto (piu o meno riccamente) dallo Stato finche non ne trova un altro. Di qui la spinta degi altri Stati a far rimanere a casa i disoccupati meno possibile. Pensa che a Wiesbaden (220.000 abitanti) l`ufficio statale di collocamento conta 400 impiegati…
    Quindi, se la collettivita si fa carico del disoccupato, e interesse pubblico che questi ritorni occupato prima possibile. Percio, se in Olanda manca gente che raccoglie pomodori, lo Stato (=la collettivita di tutti i cittadini) ha tutto l`interesse a che dei disoccupati vadano a fare quel lavoro, cosi almeno i pomodori saranno raccolti e lo Stato non paghera piu assegni sociali a quelle persone. In Germania da decenni si sta discutendo qualcosa di simile, che per ora esiste solo sulla carta. Si chiama “Zumutbarkeitsklausel” e prescrive che un disoccupato da oltre un anno debba essere disposto ad accettare qualsiasi lavoro proposto dal collocamento. Nel primo anno puo rifiutare fino a 2 proposte, se sono troppo distanti dal suo profilo professionale. In pratica questa clausola si applica molto raramente e le persone con un diploma vengono piuttosto mandate a fare corsi di aggiornamento (sulla cui utilita ho molti dubbi, dato che insegnano quasi solo “soft skills”, ma hanno i pregi di far sparire la persona dalla statistica dei disoccupati – importante prima delle elezioni – e di non mandare ingegneri a raccogliere pomodori, che sarebbe una macchia indelebile nel loro curriculum e precluderebbe loro il rientro nella loro professione. Senza contare che i corsi sono a mezza giornata e lasciano quindi il tempo di aggiornarsi con cose che servono veramente.)
    Ora all`Italia: non credo che qui una cosa del genere abbia senso. Se il disoccupato viene comunque lasciato morire di fame, che stimolo c`e a cercargli un lavoro? E se mandano i laureati a raccogliere pomodori, li dovranno pagare al giusto salario. Ora i pomodori sono raccolti da albanesi e marocchini illegali, che vengono pagati in pomodori e bruschetta. La soluzione olandese in Italia non converrebbe a nessuno.

  3. furlàn ha detto:

    Zappare la terra in una serra olandese sarebbe il sogno di tanti laureati italiani. Credetemi 😉

  4. Armando ha detto:

    Volevo solo sottolineare come certi eventi vadano nella direzione opposta da quella prevista delle teorie economiche in auge.
    Un esempio è il flusso di capitali: la teoria dice che dai paesi dove sono abbondanti devono dirigersi verso i paesi in cui sono (relativamente) scarsi, cioè i paesi in via di sviluppo, mentre nella realtà accade il contrario.
    Un’altra “perla” della teoria è che con il libero scambio tutti ci guadagnano, perché con una parte del surplus si possono indennizzare i perdenti, e ciononostante resta ancora della ricchezza prodotta in più di cui beneficia la società nel suo insieme.
    Quello che la teoria non si chiede è se effettivamente i vincenti vogliono indennizzare i perdenti.
    Il discorso da fare sarebbe lungo. Io personalmente penso che l’Europa rischia di disgregarsi proprio su questo punto. Cioè il creare una classe di esclusi, se può funzionare benissimo in un sistema come quello Usa, può risultare per l’Europa esiziale.
    Finora non si è trovato di meglio che attaccare i singoli individui (i disoccupati che vivono di ricche prebende alle spalle di chi lavora) e i singoli paesi (Italia e Grecia, cioè il Sud, più i paesi dell’est inquinati dai liquami del comunismo) ma non so fino a quando questo giochetto riuscirà a tenere.

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