9 Marzo 2009

La Lega contro “Trieste città d’arte”: penalizza lavoratori e commercianti

La Lega Nord attacca la maggioranza in Consiglio Comunale sulla delibera che fa di Trieste una “città d’arte” (vedi per esempio le dichiarazioni dell’Assessore Rovis sul suo blog). La delibera, secondo i leghisti, penalizzerebbe i lavoratori e gli stessi titolari di esercizi commerciali. Riceviamo e pubblichiamo:

Stamane ha avuto luogo un incontro tra il comitato delle commesse triestine del centro commerciale Torri d’Europa, il parlamentare Massimiliano Fedriga e il capogruppo della Lega Nord in Consiglio comunale Maurizio Ferrara. Sul tavolo di discussione la recente delibera che ha conferito a Trieste il nuovo status, secondo quanto consentito dal decreto 114/98, di “città d’arte”.

Tale iniziativa politica, avversata dalla Lega Nord a tutela del diritto al riposo delle impiegate nel settore commerciale, caricherebbe le commesse di un orario lavorativo iniquo senza generare al contempo il paventato aumento dell’indice di produttività delle diverse attività investite dalla manovra. Nessun beneficio dunque neppure per i titolari degli esercizi che verrebbero anzi danneggiati dall’obbligo di apertura qualora le loro attività insistessero in aree quali i centri commerciali.

«La Lega Nord intende portare avanti la battaglia contro la decisione assunta dall’amministrazione comunale –ha sottolineato il deputato Massimiliano Fedriga-, ritenendola del tutto illegittima in quanto la Regione non ha fissato parametri oggettivi per definire un centro abitato “città d’arte”. L’ambiguità normativa entro la quale si è mossa l’amministrazione comunale potrebbe infatti generare delle ricadute negative su tutto il territorio regionale, creando di fatto un precedente e consentendo a qualsivoglia Comune di investirsi autonomamente della suddetta denominazione. E’ dunque nostra intenzione agire in piena sinergia con l’Ente Regione per individuare una via d’uscita equa, che tuteli imprenditori e dipendenti.

Non è corretto –ha concluso il parlamentare- promettere ai cittadini durante la campagna elettorale regionale la riforma della “legge Illy” sulle aperture delle attività, salvo poi venir meno agli impegni presi in sede comunale. Va pertanto fatta chiarezza in maniera urgente e l’unico modo per poter giungere a una conclusione che metta tutti d’accordo è fissare dei riferimenti di carattere normativo che indichino gli esatti parametri –sempre secondo un criterio basato sull’oggettività- per poter mettere in pratica le disposizioni del decreto Bersani.»

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28 commenti a La Lega contro “Trieste città d’arte”: penalizza lavoratori e commercianti

  1. Julius Franzot ha detto:

    Comprendo in linea di massima la reazione della Lega, però mi sia permesso di esprimere come io risolverei la situazione.

    1. E’ verissimo che la domenica spetta al riposo ed alla famiglia, ma è altrettanto vero che ci sarebbero centinaia di commesse single ben felici di arrotondare. Il punto è che bisognerebbe proibire severamente (sotto pena di multe sui 3000 Euro/ora) di obbligare chi non vuole a fare straordinari.

    2. Mettiamo il caso che non si raggiunga un accordo, sarebbe logico non accettare nel conto economico di un’azienda i costi per il lavoro domenicale di chi non abbia presentato un apposito consenso da un notaio, segreto ed a costo del datore di lavoro.

    3. Se gli straordinari venissero pagati al quadruplo del salario ai propri dipendenti (ed a salario normale a non-dipendenti assunti ad hoc attraverso l’Ufficio del Lavoro) ci sarebbe un forte effetto positivo sulle casse famigliari di disocupati non-raccomandati over 50, pensionati al minimo e nuovi poveri che debbono la loro condizione al turbocapitalismo.

    Non si tratta di permettere o di proibire qualcosa: il modo democratico di pilotare le scelte è quello di rendere una politica aziendale remunerativa o non-remunerativa. Se si vuole il mercato, si deve spingere la gente a fare 4 conti.

    Se poi un’azienda fa mobbing per punire chi non vuole lavorare la domenica, che paghi in pieno le conseguenze, civili e penali.

  2. apu ha detto:

    sono pienamente d’accordo con julius.
    la questione è mal posta, perchè tutela dei lavoratori e aperture domenicali non dovrebbero essere due elementi in competizione a somma zero.
    Ragionando sulle aperture domenicali non possono essere non considerati tutti i fattori legati alla nostra posizione di confine, dove in quindici minuti si va da Trieste a Capodistria oppure in tre minuti da Gorizia a Nova Gorica.
    E’ normale quindi che non solo chi ha voglia di shopping domenicale ma anche chi ha bisogno di fare acquisti la domenica vada molto semplicemente in Slovenia.
    A volte mi sembra che tutto venga letto solo come una deriva consumistica, ma invito a tenere presente anche delle necessità di famiglie o singoli per il quale l’apertura domenicale è una maggiore comodità o addirittura una necessità rispetto al loro lavoro settimanale.
    Al di là degli interessi degli imprenditori (e al di là di altre riflessioni sul commercio di prossimità, ma non è questo commento lo spazio giusto), allora ritengo che la strada seria da seguire sarebbe quella di garantire la maggiore flessibilità per i consumatori e i clienti e allo stesso tempo garantire i diritti dei lavoratori e delle commesse. Queste due questioni non possono essere messe in competizione tra loro.

  3. furlàn ha detto:

    La legge sul commercio regionale è semplicemente idiota.
    Cosa dovrebbero dire le migliaia di lavoratori e lavoratrici che passano le domeniche a lavorare negli ospedali e nelle fabbriche? E’ stata una semplice (e stupida) mossa elettorale.

  4. pierpaolo ha detto:

    Mi permetto di ricordare che la legge regionale prevede la chiusura obbligatoria per sole 29 domeniche l’anno, il che consente, da una parte, 23 domeniche di riposo per commesse e dipendenti dei centri commerciali, dall’altra, il fatto che almeno un centro commerciale rimanga aperto per lo “shopping domenicale”.
    La critica mossa dalla Lega sta nel fatto che la delibera sulla città d’arte appare, a questo punto, una forzatura che non si capisce quale vantaggio porti a chi.
    Ancora più preoccupante è che si svilisca la definizione di città d’arte per un mero interesse di botteghe senza pensare a nessun progetto di più ampio respiro.

  5. apu ha detto:

    scusami pierpaolo, capisco le tue motivazioni, ma io continuo a trovare poco logica la legge per la nostra realtà.

    invece concordo sull’ultimo punto. perchè allora non farlo, il progetto di più ampio respiro?

  6. Julius Franzot ha detto:

    @ Pierpaolo

    Capisco il tuo ragionamento sugli orari, però vorrei esporti perchè io penso che Trieste abbia più un futuro da città d’arte che uno come centro industriale (come vorrebbe Cosolini) o grande porto.
    Dato che non abbiamo gli spazi (v.Ferriera) ed il sistema ecologico che ci permetta di costruire fabbriche, credo che la via dell’industria si commenti da sola. Il porto dà lavoro a poca gente, anche se funziona: tutto è fatto da macchine e gli armatori privati risparmiano fino all’osso sul personale. Figurati poi un porto come TS, che in decenni di destri e sinistri nessuno è riuscito a far funzionare a regime! E guardati i collegamenti ferroviari che sono in uno stato pietoso!

    Ora, a meno che qualcuno deturpi le rive con una gigantesca ostrica di cemento o con costruzioni indiscriminate sulle colline di una città con il numero di abitanti in calo, l’opportunità di TS sarà, accanto al terziario, proprio il turismo: si sistemi la baia di Siatiana, si costruisca la metropolitana leggera, si facciano treni per Lubiana, Monaco, Vienna e Budapest (come c’erano anni fa), si regolarizzi la navigazione per Grado e l’Istria… ed ora si osservi che aspetto ha Trieste centro. Si tratta di uno dei più perfetti esempi in Europa centrale di città sette-ottocentesca omogenea, con intatti teatri, caffè storici ed il Castello di San Giusto, ormai ad un passo da trasformarsi in un luogo di divertimenti serali di alto livello, come lo era prima degli interminabili lavori.
    Visto in quest’ottica, il titolo di “Città d’arte” può servire al futuro, per rendere un giorno possibili certe decisioni e certi interventi veloci a vantaggio di una Trieste turistica.
    Se un giorno verrà al potere un’amministrazione pubblica lungimirante ed avrà i mezzi economici per farlo, il rilancio di Trieste culturale è più che possibile e, più la si stacca dalla burocrazia borbonica con qualsiasi etichetta (“città d’arte” a me sta benissimo), più sarà facile il miracolo.

  7. pierpaolo ha detto:

    julius

    Non mi trovi certamente d’accordo sulla vocazione portuale.
    Per quanto riguarda la città d’arte condivido pienamente, mi chiedo solo cosa abbia a che vedere la “domenica alle Torri” con l’arte e la cultura ed il turismo.

  8. furlàn ha detto:

    Dev’essere una domanda retorica. Perchè con il termine città d’arte si possono tenere aperti tutti i negozi in città. Non solo quelli del ‘centro storico’ evidentemente.

  9. Julius Franzot ha detto:

    @ Pierpaolo

    La “città d’arte” è solo una specialità, che in un futuro, speriamo non remoto, potrà servire o a gestire le risorse turistiche più in proprio, o ad attirare fondi di UE, Italia, Euroregione, Padania… per favorire un tale sviluppo. Ovviamente non c’entra nulla, almeno nel mio pensiero, con la “domenica alle torri”, che io non passerò mai, dato che quel posto mi fa venire in mente i più turpi scenari di un’America consumistica e proletarizzata.

  10. Paolo Rovis ha detto:

    Per chiarezza.

    Il tema si divide in tre argomenti ben distinti.

    1. Città d’arte “in quanto tale”.
    2. Determinazione orari e giornate di apertura delle imprese del commercio.
    3. Lavoratori del commercio.

    Punto 1. La qualifica di “città d’arte” potrebbe consentire di richiedere fondi specifici destinati alla valorizzazione e riqualificazione del patrimonio storico. Vi sono due DDL già presentati al Senato in questo senso. Nascono dal presupposto che le località dotate di edifici storici, tra le altre cose, sono costrette a spendere più di altre per la loro manutenzione. Esempio: se al posto del Carciotti ci fosse un palazzone di cemento armato degradato, lo si sistemerebbe con 1-2 milioni. Posto che – per fortuna – abbiamo uno splendido palazzo neoclassico, occorrono 50-60 milioni.

    Punto 2. La qualifica di “città d’arte” NON ha come conseguenza i negozi sempre aperti. Qualcuno mi dica dove sta scritto e gli pago la cena 🙂 Consente invece all’esercente di determinare liberamente orari e giornate di apertura. Mi pare una bella differenza.

    Punto 3. Trovo corretto e “democratico” che il lavoratore del commercio che vuole lavorare la domenica e riposare in un giorno feriale (peraltro guadagnando di più) possa farlo se il negozio per cui lavora opta per tenere aperto.
    Altrettanto corretto e “democratico” è che il lavoratore che vuole riposare la domenica o nei festivi possa farlo, senza che per questo il negozio sia obbligato a rimanere chiuso per legge.
    Soluzione? Accordo sindacale: i festivi (o parte di essi) possono lavorare soltanto i dipendenti che si rendono esplicitamente disponibili a farlo. Gli altri stanno legittimamente a casa.
    E l’imprenditore che vuole tenere aperto, ma i suoi dipendenti non sono disponibili a farlo? Assume personale part-time, che lavora solo nei festivi. Se gli conviene comunque, bene, altrimenti non aprirà. Accade così in Francia. L’avevo proposto fin da ottobre dell’anno scorso, ma evidentemente per sindacati e associazioni del commercio era troppo faticoso accordarsi in tal senso: meglio chiudere tutto…
    Ognuno soddisferebbe le proprie esigenze, si creerebbero posti di lavoro anziché distruggerne con le chiusure obbligate, il consumatore avrebbe a disposizione un’ampia rete vendita locale ogni giorno e magari eviteremmo di spingerlo in Slovenia.

    Grazie per l’ospitalità, un saluto.

    Paolo Rovis

  11. Pierpaolo ha detto:

    Paolo, purtroppo quello che dici è verissimo: la delibera non obbliga il commerciante del “centro storico” ad aprire la domenica, invece obbliga, di fatto, il negozio del centro commerciale a tenere aperto.

  12. furlàn ha detto:

    Mi sembra che la legge regionale sul commercio sia chiara sulla libertà di apertura dei negozi per le località turistiche (Lignano e Grado). Il ragionamento è semplice ed evidentemente quelli della Lega lo hanno fatto anche loro: se una città diventa ‘città d’arte’ è chiara la sua vocazione ad essere una località turistica. Ergo…
    My 2 cents please.

  13. Pierpaolo ha detto:

    furlan

    No, mi dispiace, ma non hai capito affatto, anzi, hai capito l’esatto contrario.
    Non sto entrando nel merito della vocazione di Trieste e se si decide cha la sua naturale debba essere quella turistica ben venga.
    Mi chiedo a questo punto però: serve avere i centri commerciali della periferia aperti 12 ore al giorno 365 giorni l’anno ed i musei del centro che i lunedì son chiusi e la domenica all’una esatta abbassano le serrande?
    Se questa è la concezione che avete di città d’arte, che punta al turismo, sono assolutamente contrario.

  14. furlàn ha detto:

    Allora mi spieghi che c’azzecca tutto il discorso del deputato che mescola ‘città d’arte’ con le commesse delle Torri e la legge sul commercio? Paura che anche Tavagnacco o Villesse possano chiedere lo status di ‘città d’arte’?

  15. Pierpaolo ha detto:

    Che ne so, forse c’entra con il fatto che l’arte con quella delibera non ha nulla a che fare, il turismo men che meno e che per una manovra spot ci rimettono delle commesse che saranno costrette a lasciare i loro figli nei famosi asili o nelle famose scuole aperte 52 domeniche l’anno!

  16. Marisa ha detto:

    Scusate, ma c’è una domanda che vi vorrei fare. Lo sapete “QUANTE” città d’arte ci sono in Italia? Credo non ci sia città italiana, o quasi, che non possa pretendere il titolo di “citta d’arte”. In Regione, sicuramente sono città d’arte: Cividale del Friuli, Palmanova, Venzone, Udine, Gemona, Gorizia, Spilimbergo, ecc. ecc. E non parliamo poi di Aquileia o Grado.

    Il titolo di città d’arte chi lo assegna? E’ il comune stesso che si autodefinisce “Città d’arte”?

    Se Trieste è una città con struttura urbanistica del 1800, lo sapete quante città in Regione hanno conservato la struttura medioevale, con annessi palazzi storici del 1200-1300? Palazzi ovviamente adeguatamente affrescati sia all’esterno che all’interno…..
    E lo sapete quanto costa la conservazione dei soli affreschi? E lo sapete che ogni volta che si mette mano a questi Palazzi (o castelli) “saltano fuori” nuovi affreschi del 1100-1200-1300, ecc. che fanno aumentare i costi della ristrutturazione/manutenzione?

    Se Trieste è “città d’arte”, tale titolo lo possono tranquillamente pretendere il 90% delle restanti città italiane e regionali…..

  17. furlàn ha detto:

    Marisa hai perfettamente ragione ma qui penso che sotto ci sia qualche bega interna alla maggioranza su una legge fortemente voluta da una componente ma altrettanto avversata dalla maggioranza comunale di Trieste. Un motivo in più per dire che la legge è stupida stà prorpio nel fatto che le località turistiche vengono definite non si sa secondo quale criterio (Lignano e Grado si, Tarvisio e Cividale no). Si arriva all’assurdo che i ‘centri storici’ (dove i negozi godono di maggiore libertà di apertura nei giorni festivi) vengono definiti dalla regione (e non dai comuni!). Risultato? Il negozio di 450 mq che sta da una parte della strada deve tenere chiuso mentre il negozio di 1000 mq dall’altro lato (ma rientrante nel centro storico) può fare quello che gli pare.

  18. Pierpaolo ha detto:

    Furlan

    Per quanto riguarda le beghe non credo tu possa vederle nella Lega che ha tenuto lo stesso comportamento sia in consiglio regionale che in quello comunale.
    Bisognerebbe ora capire cosa accade nel resto della maggioranza..

  19. Julius Franzot ha detto:

    Nella pausapranzo alla Fiera del Libro di Lipsia mi e capitato sotto gli occhi quanto scrive Marisa e la risposta di Paolo Rovis (= non esistono altre citta d’arte in regione).
    Forse non sarebbe uno sbaglio se Marísa considerasse che stavolta e` stata Trieste a fare una furbata, che dopo tutto non va ai danni del Friuli.
    Chi ha fatto il guappo con Ausa-Corno, chi lo fa con la citta` d’arte.
    In questo paese il mondo e` dei furbi, non si devono sprecare le poche occasioni.

  20. Marisa ha detto:

    Grazie del suggerimento: lo stiamo passando a TUTTE le numerose citta d’arte friulane!

  21. Julius Franzot ha detto:

    Sarei ben lieto che anche p.es. San Daniele divenisse citta d arte, basta che non ci mettano anche Cordenons o Latisana…

  22. Scusate la leggo solo adesso questa discussione.

    1. Cosa c’entra la definizione città d’arte con i centri commerciali? Nulla se non per il fatto che la legge sulla città d’arte serve ESCLUSIVAMENTE per dare una deregulation all’apertura degli esercizi commerciali.

    2. I negozianti all’interno dei centri commerciali non hanno convenienza ad aprire tutte le domeniche dell’anno, anzi. L’unico interesse è della proprietà dei complessi che prendono una parte dell’affitto sul fatturato del singolo negozio (non sull’utile!).

    3. I negozi nei centri commerciali sono OBBLIGATI ad aprire altrimenti vengono assegnate multe.

    4. Non si può dire che sarà il lavoratore a scegliere quando lavorare!!! Sappiamo come funziona: quando si fanno i colloqui di assunzione. Si dice “o lavori la domenica o rimani a casa sempre!”. Per la felicità delle mamme…

    Mi domando di cosa si stia parlando… meglio essere chiari con tutti e dire che si vuole proteggere le proprietà della grande distribuzione.

    Ciao e grazie a tutti dell’attenzione

  23. Julius Franzot ha detto:

    @ Massimiliano

    Giustissimo quanto scrivi sul lavoro forzato alla domenica. Però se i sindacati o chi per loro volessere arginare quel tipo di soprusi, basterebbe che facessero imporre un supplemento salatissimo sul salario nel caso di lavoro domenicale. Chi ha bisogno di quei soldi e magari non ha famiglia sarebbe ben felice di quadagnare extra, mentre le mamme non riceverebbero pressioni imbarazzanti.

  24. pierpaolo ha detto:

    julius

    andrebbe benone, il problema però lo passi ai commercianti che, pur non avendo nessun beneficio nell’apertura domenicale, sarebbero costretti ad aprire viste le clausole contrattuali.

    non c’è soluzione, o bastoni i commercianti o bastoni le commesse, in ogni caso fai la felicità della proprietà del centro commerciale!

  25. max ha detto:

    Salve Paolo Rovis purtroppo Trieste non è una Città d’arte, non è una città turistica, e non è una Città industriale. “Trieste è la Città del non se pol” Per tenere gli esercizi aperti devono girare soldi ma come stiamo vedendo mese dopo mese negozi che chiudono negozi vuoti su tutti i settori che vuoi tenere aperto! é tutto una catena. punto 1 Una Città dovrebbe almeno avere il 40%di industrie per far girare l’economia non è il caso della nostra bella città del non se pol. punto 2 turistica non abbiamo Attrazioni per i turisti non abbiamo spiagge i locali notturni sono quelli che sono poi non parliamo di orari per la musica. Ma che turistica per piacere. punto 3 Città d’arte per 2 castelli che abbiamo e cinque musei piccoli ma dai , Trieste è una bella Città per fortuna ancora vivibile Grazie alle forze dell’ordine + numerose di altre Città Italiane:TRIESTE PURTROPPO é MORTA DA ANNI ORMAI E NESSUNO NON FA NIENTE DI NIENTE SIAMO BUONI SOLO PER PAGARE LE TASSE Ciao PAOLO

  26. max ha detto:

    E adesso rispondo anche alla Lega contro la Ferriera DI TRIESTE SONO STATI FATTI TAVOLI REGIONALI COMUNALI DAL 2002 AD OGGI PIANO GAMBARDELLA 148.000 MILA EURO PAGATI DAI CITTADINI I 100 GIORNI DI ROMA ,ALTRO PIANO SONO PASSATI 200 E NON SI SA NIENTE LUNICA COSA CHE ABBIAMO PERCEPITO SARANNO ALTRI 500 OPERAI SENZA LAVORO.Come volete che l’economia giri forse con i pochi soldi dei pensionati?

  27. max ha detto:

    per chi non lo sa in Slovenia alla Domenica i centri commerciali chiudono alle ore 13e30 basta andare a Capodistria

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