10 Febbraio 2009

Rumiz sulle rimozioni nella memoria storica in Italia

Prendiamo in prestito l’intervento di Paolo Rumiz sul Piccolo di oggi che era già stato preso in prestito dal Consigliere Regionale e blogger Igor Gabrovec.

A due settimane dal Giorno della Memoria, il 10 febbraio – oggi – ritorna il Giorno del Ricordo dedicato agli esuli d’Istria e Dalmazia e ai morti nelle foibe. Torna con la sua carica di emozioni forti e il suo seguito di dispetti diplomatici fra Italia, Slovenia e Croazia. Ogni volta la stessa storia. Quasi un tormentone a orologeria.
Come noto, per metterci una pietra sopra, Roma chiede a Lubiana e Zagabria di concordare un atto simbolico di omaggio ai due luoghi contrapposti della barbarie: le foibe appunto, e la Risiera di Trieste, unico forno crematorio nazista in terra italiana. Un doppio atto catartico, si afferma. Una contrizione equanime e simmetrica, come i due piatti di una bilancia.
Ma è qui il punto. So bene che molti non saranno d’accordo, ma a mio avviso quella tra le foibe e il Lager triestino è una falsa simmetria. Mi spiego. Noi chiediamo ai nostri vicini di riconoscere una colpa loro, e in cambio offriamo di dolerci di una colpa niente affatto nostra. La Risiera è un simbolo pesante. Ma ha un difetto: venne gestita da tedeschi, e Trieste era territorio del Reich.
È difficile che funzioni. È come saldare un debito con moneta altrui. Perché non si cerca altro? Strano che l’Italia antifascista non ci pensi. Di luoghi alternativi ce n’è d’avanzo. Per esempio l’infame e italianissimo campo di concentramento di Gonars in Friuli, dove civili sloveni e croati furono fatti morire di fame; o il villaggio di Podhum sopra Fiume, una Marzabotto firmata Italia del ‘42, con cento civili fucilati, incendio e deportazione dei sopravvissuti.

Sarebbe facile, ma temo che se le nostre controparti ci dicessero davvero “offriteci un pentimento un po’ più italiano”, saremmo colti da amnesia collettiva. Da troppi anni il Paese evita il nodo del pentimento; si genuflette ad Auschwitz ma sorvola sui delitti del Ventennio. Squalifica i liberatori, li trasforma in occupatori, minimizza quel regime che pure Fini ha dichiarato “male assoluto”, e anziché chiedere scusa si limita a costruire un’agiografia di “fascisti buoni” salvatori di ebrei, o dedica strade a propagandisti del Ventennio.

Ma questo crea un rischio concreto: che il 10 febbraio vada in collisione col 27 gennaio, o addirittura lo neghi. L’equivalenza criminale tra foibe e lager triestino sembra fatta per tirarsi dietro un’equivalenza politica: nazifascismo=comunismo, mali assoluti entrambi. Ma come possiamo sostenerlo senza negare proprio l’evento fondativo del Giorno della Memoria, e cioè che il 27 gennaio a entrare ad Auschwitz fu l’Armata Rossa?

Non basta. Il 10 febbraio lascia intendere che pure noi italiani abbiamo avuto la nostra Shoah. Le nostre vittime, si dice, furono “martiri”. Ma il termine indica l’accettazione della morte in nome di un’idea, cosa che non fu, tanto è vero che non viene applicato nemmeno ai morti di Auschwitz. Difendere questa parola non rischia di sminuire l’orrore incommensurabile dell’Olocausto?

Da noi tutto è soggetto a lifting, dalla faccia dei primi ministri alle leggi finanziarie: figurarsi il Ventennio. In questa cosmesi Trieste ha una funzione-chiave. Qui i liberatori dell’Est e dell’Ovest andarono a scontrarsi e la ferocia vendicativa dei primi si scatenò come sappiamo. Ciò ne fa una piazza irrinunciabile per la Destra. Il posto ideale per equiparare i partigiani ai briganti e riciclare i fascisti come difensori della frontiera minacciata dal comunismo.
Ma se questo è il fine, allora il 10 febbraio e il 27 gennaio rischiano entrambi di svuotarsi di senso e ridursi a un’autoassoluzione. In fondo la colpa dei forni crematori è tedesca, quella delle foibe slava, e dunque possiamo sempre concludere: innocenti noi, barbari loro. Deponiamo corone d’alloro e torniamo a casa contenti di essere stati, ancora una volta, italiani “brava gente”.

Pensiamoci un attimo. Siamo l’unica nazione europea che ha ben due giorni dedicati alla Memoria. E siamo anche gli unici a servircene non tanto per chiedere scusa quanto per esigere scuse da altri. Ma allora a che serve questo nostro 10 febbraio? A celebrare morti e confortare profughi, come è doveroso, oppure ad assolvere gli stessi squadristi che plaudirono alle leggi razziali?

L’Italia ignora che quelle leggi furono proclamate settant’anni fa proprio a Trieste ed ebbero un tragico preludio nella repressione contro sloveni e croati fin dal 1920, con diciotto (!) anni di anticipo sulla Notte dei Cristalli. E pochi sanno che i “nostri” ebrei furono portati a morire sulla base di liste tutte italiane, accuratamente redatte nel ’39 dall’ufficio “anagrafe e razza”. Perché non lo si dice chiaro?

Perché quel giorno infausto, di cui è appena trascorso il settantesimo anniversario, è stato ricordato in tono minore? Perché non s’è detto chiaro che quel tragico annuncio in piazza Unità ebbe in risposta non un silenzio attonito ma sette – ripeto, sette – ovazioni? C’è chi dice che le leggi razziste dipesero dall’influenza tedesca, ma Mussolini fu esemplarmente chiaro: “Coloro i quali credono che noi abbiamo obbedito a imitazioni – disse – sono poveri deficienti cui non sappiamo se dirigere disprezzo o pietà”.

Oggi in Italia si bruciano barboni, le ronde vanno a caccia di “musi neri”, nelle banlieues è scattata l’emergenza etnica, la presidenza del consiglio invece di unire il Paese lo spacca drammaticamente. Lo stesso Fini e parte della Destra sono preoccupati. Ma non è proprio questo che li dovrebbe obbligare a tener desta la memoria per evitare derive balcaniche al Paese? I Balcani non sono forse una tragedia etnica costruita sul cattivo uso della memoria?

Invece l’antislavismo resta un pregiudizio vivo a Nordest, e Trieste continua a essere un tappo formidabile sulla Ostpolitik italiana. Il Muro è caduto vent’anni fa, il confine con la Slovenia è caduto, ma la “svendita dell’italianità” è ancora il termine insultante con il quale certa nostra imprenditoria, per invocare protezionismi, bolla in nome della patria ogni tentativo di accordo di frontiera, lasciando così in apnea il porto di Trieste.

Non si capisce una cosa ovvia. La potenza tedesca si basa su un pilastro: l’aver chiesto scusa. È questo che ha dato credibilità all’espansione economica di Berlino a Oriente. Noi – che con tutta evidenza ci siamo macchiati di colpe minori – non l’abbiamo fatto, con la conseguenza che l’allargamento dell’Unione europea a Est va a due velocità. A Nord arriva alle porte di Pietroburgo; a Sud non arriva a Punta Salvore.

Lo chiamano ricordo, ma quante rimozioni! Non si dice che nel ’19, dopo i bei Ragazzi del Novantanove, sulla frontiera arrivarono uomini neri a portare arroganza, sopraffazione e morte. Si omette che decine di migliaia di austriaci se ne andarono da Trieste a guerra finita perché l’Italia aveva chiuso le loro scuole, dopo che Vienna aveva lasciato fiorire la lingua italiana.

Si dice che Trieste fu “redenta”, ma non aveva nulla da cui redimersi. Il porto funzionava, Vienna investiva cifre enormi nello sviluppo, la rete ferroviaria era al top. Il fascismo invece castigò l’Adriatico: la flotta passò al Tirreno e Genova con Napoli saldarano il conto della sconfitta navale di Lissa, inflitta 50 anni prima dagli istro-dalmati sotto il vessillo dell’aquila bicipite.

Perché oggi si dedicano discorsi persino ai papalini uccisi a Porta Pia, ma non agli istriani, dalmati, goriziani e triestini che morirono sul fronte russo per obbedire al loro imperatore? Per essi nemmeno un fiore sui Carpazi. Vanno dimenticati solo perché disturbano l’immagine di Trieste italianissima? Quanta storia inghiottita da un buco nero.

Giampaolo Pansa fa le pulci alla Resistenza. Benissimo. La storia va sviscerata senza paura. Il problema è che pochi fanno le pulci al fascismo. Chi parla delle repressioni nella Trieste operaia, degli assalti agli sloveni e della loro lingua negata? Chi dei cognomi italianizzati in massa, o dei lager del Duce dove tanti bambini stranieri morirono di stenti tra il ’41 e il ’43? Silenzio indecente su tutto, anche sui 300 criminali di guerra mai passati in giudicato, o sugli squadristi riabilitati nel dopoguerra.
È dal ’45 che la Destra persegue coerentemente questa rilettura. Ora ha in gran parte raggiunto il suo obiettivo. A furia di insistere ha ottenuto di fissare il Giorno del Ricordo al 10 febbraio, data del “tradimento” (il trattato di pace che ha ceduto terre a Tito) che mi pare scelta apposta per fomentare revanscismi. Nulla è più pertinace della memoria dei Vinti.

Il risultato è che oggi l’Italia accetta di celebrare le foibe evocando solo la barbarie slava e ignorando quella italiana. Onestà vorrebbe che nel gioco delle scuse incrociate si sostituisse la falsa simmetria con una simmetria autentica. Solo così il dopoguerra, a mio avviso, potrà dirsi finito sulla frontiera. Senza onestà la memoria resta zoppa, e il giorno del Ricordo potrà creare tensioni ancora a lungo. A meno che non sia proprio questo che si vuole.

PAOLO RUMIZ

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23 commenti a Rumiz sulle rimozioni nella memoria storica in Italia

  1. enrico maria milic ha detto:

    12:32 – giorno ricordo:napolitano,conosciamo responsabilita’fascismo

    (ANSA) – ROMA, 10 FEB – Giorgio Napolitano ha celebrato il Giorno del Ricordo al Quirinale affermando che ”la memoria che coltiviamo innanzitutto e’ quella della dura esperienza del fascismo e delle responsabilita’ storiche del regime fascista, delle sue avventure di aggressione e di guerra”. Questo ci fa ricordare ”le sofferenza inflitte alla minoranza slovena negli anni del fascismo e della guerra, ma non possiamo nemmeno dimenticare le sofferenze, fino a un’orribile morte, inflitte a italiano assolutamente immuni da ogni colpa”. (ANSA). SPM/IMP

  2. Marisa ha detto:

    Solo per mera informazione. L’anno scorso furono circa 70 le medaglie e diplomi consegnate dal Quirinale in memoria di infoibati. Quest’anno, da informazione ascoltata in RAI, mi risulta siano solo 34 i nominativi alla cui memoria sono state consegnate le medaglie sempre in Quirinale. La richiesta delle medaglie viene fatta dalle famiglie stesse. Mi risulta che le associazioni degli esuli abbiano a lungo, sulla loro stampa, cercato, con un appello, di convincere i loro associati a richiedere la medaglia. Personalmente ho letto l’appello della Federazione delle Associazioni degli esuli, sul quindicinale la “Voce Giuliana” di Trieste. Appello che quindi pare non essere stato raccolto dalle famiglie degli associati.

    Lascio a voi ogni commento.

  3. Borut ha detto:

    Rumiz ha dimostrato nuovamente di essere coraggioso. Pubblicare un testo simile sul Piccolo significa nuotare controcorrente.

    Menomale che ci sono uomini come Rumiz anche a Triste…

  4. arlon ha detto:

    Finalmente un che ragiona.
    Deso, saria solo de farghe leger a tuti i altri sto articolo.

  5. effebi ha detto:

    mi permetto di dissentire, e avrei molto da dire sui concetti e gli esempi che porta Rumiz.

    provo da questo, che mi sembra più innocuo, e che non capisco nel suo significato:
    “Perché oggi si dedicano discorsi persino ai papalini uccisi a Porta Pia, ma non agli istriani, dalmati, goriziani e triestini che morirono sul fronte russo per obbedire al loro imperatore? Per essi nemmeno un fiore sui Carpazi. Vanno dimenticati solo perché disturbano l’immagine di Trieste italianissima? Quanta storia inghiottita da un buco nero”

    ma chi dovrebbe prendersi carico di una iniziativa del genere, lo stato italiano ? il comune di trieste ? l’austria ? la russia ? quelche associazione d’arma che li rappresenta ?
    è solo un esempio, ma mi sembra che si volgia a tutti i costi trovare un problema (anche dove non c’è)

    dovremmo su questo ragionamento allora richiedere un momunento ai triestini, istriani, dalmati del demoghela, quelli che mandati sui carpazi saltarono dall’altra parte alla prima occasione (e furono molti) trovando fraterna accoglienza tra i russi che sentendoli parlare in italiano (l’italia era alleata) li trattarono con dignità e in molticasi fraternamente (ah, bei tempi… ancora adolf e stalin non avevano messo gli occhi sula povera polonia)

    quindi se volessimo potremmo trovare il pelo nell’uovo e le mancanze a tutto per (dove si vuole) dimostrare un pò di tutto.

    a trieste siamo così chi vuole costuire l’esaltazione dell’italianità e chi passa il tempo a demolirla.

    fori tempo entrambi (secondo me…eh !)

  6. effebi ha detto:

    Per marisa: pochi hanno fatto richiesta perchè molti non “gradiscono” farsi consegnare il riconocimento da Giorgio Napolitano, accettato come Presidente ma poco adatto (da ex comunista) alla situazione.
    Credo che anche un figlio di partigiano fucilato dai fascisti avrebbe una certa qualche “difficoltà” ad andare a ricevere l’onorificenza da Fini.
    E a molti , in generale, non piace apparire. L’abitudine al silenzio.

  7. effebi ha detto:

    per borut: pubblicare un articolo simile sul Piccolo è normale, allineato con la linea editoriale del Piccolo.
    non ci vedo niente di coraggioso. e di uomini come Rumiz a Trieste ce ne sono molti e spesso trovano spazio sul Piccolo.
    O vivo in un altra Trieste ?

  8. MILAN ha detto:

    Solita demagogia di Rumiz…bla,bla,bla…

  9. Marisa ha detto:

    ….constato che a Trieste per alcuni, o molti, Paolo Rumiz è una ICONA e qualunque cosa scriva, giusta o sbagliata che sia, il suo fans-club applaude sempre rumorosamente……

  10. MILAN ha detto:

    Solito tam-tam mediatico funzionante alla perfezione…
    Ci impongono dei guru che nessuno ha mai voluto,che nessuno ha mai eletto,che nessuno ha mai sentito nominare…
    E ci riescono perchè noi siamo solo povere pecore che mangiano qualsiasi mangime…
    “Mentite!Mentite alla grossa!Se mentite poco,la massa sospetta!Perciò-mentite spudoratamente!Ripetete mille volte la stessa bugia,per quanto assurda!Diventerà verità!”
    J.Goebels

  11. Arnitor ha detto:

    Bravo Rumiz a rinfrescare un po’ la memoria, possibilmente utile ai molti che preferiscono sonnecchiare anziché pensare. Ho vissuto vicende e logiche analoghe in provincia di Bolzano, con tutto il corredo di stupido, furbesco irredentismo tedesco e parallela scioccheria italiana a cercar di sdoganare le pocherie del fascismo. Che si riesca davvero a pensare seriamente, una volta tanto ? (Non sarà che per caso i fascismi navigano bene in realtà in società nazionali in cui un radicato sentimento di appartenenza non esiste, mal sostituito da un marasma poco articolato di ricordi sentimentali vaghi, un po’ ignoranti e mal digeriti ?).

  12. Enrico De Cristofaro ha detto:

    Con questa lettera, Rumiz tocca molti argomenti con taglio politico-giornalistico e, quindi, con inevitabili semplificazioni. Ma cerchiamo di affrontare alcune questioni (non tutte, altrimenti questo scritto diverrebbe troppo lungo).
    Il giorno della memoria per Rumiz, (come per gran parte della sinistra) sembra che tocchi un nervo scoperto. E’ stupefacente sentir dire che se dobbiamo ricordare una tragedia, come la pulizia etnica a danno di italiani, per “par condicio” dobbiamo ricordare i campi di concetramento (ad es Gonars) in cui gli italiani, in tempo di guerra, imprigionavano gli jugoslavi (come se Tito non avesse attivato a sua volta campi di concentramento, e non li avesse fatti funzionare anche a guerra finita fino al 1955).

    Inoltre, i torti agli italiani non sono arrivati solo dal maresciallo Tito. La vicenda non si ferma alle foibe e all’esodo di 350.000 italiani, ma è continuata anche dopo e le ingiustizie agli esuli sono arrivate anche dall’Italia. Non ricorda Rumiz che lo Stato italiano ha pagato alla Jugoslavia i risarcimenti di guerra, previsti dal trattato di pace, utilizzando i beni degli esuli, nonostante che il trattato stesso espressamente vietasse questo utilizzo? Non ricorda Rumiz il Trattato di Osimo del 1975, stipulato dal governo Moro con la Jugoslavia (si era in procinto di far entrare il PCI nel governo) con il quale, oltre a regalare a Tito la Zona B dell’ex T.L.T., si consentiva anche la costituzione sul Carso triestino della Zona Libera Industriale, ossia di un mastodontico insediamento indutriale con la cementificazione che ne sarebbe derivata per accogliere ciminiere, scarichi industriali e abitazioni per 200 mila lavoratori tra croati, sloveni, macedoni, montenegrini, kossovari, ecc., con conseguenti impatto demografico e catastrofe ambientale per la città di Trieste?
    Di tutte queste vicende ovviamente nè Rumiz, nè la stampa italiana (salvo rare eccezioni) si sono mai soffermati a parlarne a suo tempo.
    Se, invece, la stampa e la storiografia (come era loro compito) avessero trattato tutta la vicenda (foibe, esodo, risarcimenti di guerra e Trattato di Osimo) oggi non ci sarebbe alcuna necessità della giornata del Ricordo.

    Infine, sembra che l’unica preoccupazione di Rumiz (e di molta sinistra) oggi sia quella di veder messo il comunismo sullo stesso piano criminale del nazismo. Ma è una sterile difesa di un totalitarismo e non permette di valutare seriamente i fatti storici per quel che sono stati.
    Vorrei ricordare che la storiografia ufficiale italiana dal dopoguerra in poi ha rinunciato ad elaborare una propria versione della storia nazionale. Sul confine orientale, poi, ha accettato “tout court” la versione della storiografia slava (se non, addirittura, della propaganda di Tito). Tutto ciò non fa crescere la maturità politica del popolo italiano (Berlusconi qui non c’entra) ed indebolisce la democrazia. La storia d’Italia ce la stanno scrivendo gli stranieri, secondo le loro convenienze. Il popolo italiano sta subendo un grosso danno e non potrà mai perdonare chi gli ha nascosto la verità.

    Enrico De Cristofaro

  13. dimaco ha detto:

    i nteresantissimo articolo di rumiz, patetico de cristofaro nella sua risposta. la solita frittata rivoltata.

  14. Tergestin ha detto:

    @ Dimaco

    Ah, te ga visto el mio sugerimento nell’altro post, eh?

  15. Mauricets ha detto:

    facciamo a gara a chi era più crudele? una classifica del male? mancano alcuni attori religiosi in questo contesto.

  16. dimaco ha detto:

    si infatti, all’epoca no frequentavo ancora bora .la per cui i psot xe pochi.

  17. maja ha detto:

    Deso spetemo un che ne fazi “sommessamente notare che in slovenia e in croazia… blablablablabla…”

  18. Mauricets ha detto:

    abbiamo scritto di tutto e il contrario di tutto. basta fare copia e incolla per almeno una decina di argomenti. mischiando gli interventi all’infinito. con lo stesso risultato: zero.

  19. Roberto Zolia ha detto:

    Articolo che condivido in pieno.

  20. Tergestin ha detto:

    @ Mauricets

    Premetto che son contro alla conta dei morti o alla gara a chi xe stado piu’ cattivo.
    Anca perche’ son contrario all’estremismo.
    Ma per mi, in alcuni contesti, ESISTI morti de serie A e morti de serie B. Anca de C2 o fora classifica in certi casi, a volerla dir tutta.

    El colpo al cerchio e ala botte pol andar ben solo a chi zerca applausi facili da menti facili, no a chi ga un’opinion.

  21. Marcus ha detto:

    molto interessante come vede Paolo Rumiz la storia del Kronland Triest (fino al 1920) occupato militarmente sin d’allora, salvo dal 1943 al 1954, dall’Italia. E’ su questo punto sarebbe da fare chiarezza, in quanto nel articolo si parla della presenza dell’Italia come se questo territorio fossi sotto la sovranità dell’Italia? Allora prima di tutto bisogna capire perché l’Italia è arrivata a Trieste, in Istria e Dalmazia? La risposta è semplice, cera una prima guerra mondiale nella quale il Regno d’Italia si è prima alleata con con l’Impero Austro Ungarico (1914) per poi tradire questo trattato ed allearsi con la controparte (1915), insomma roba de eroi.
    Il cosiddetto tributo territoriale era l’annessione di territori assolutamente stranieri all’Italia, perciò non solo giuridicamente ma anche di fatto si può dire che la Regione Giulia (nome inventato nel 1919) era semplicemente una Colonia italiana (simile alla Somalia, Libia, Eritrea ecc.) composta da parte di territorio croato, sloveno ma principalmente dalla città-stato sovrano di Trieste, che già all’epoca includeva il suo porto dichiarato totalmente internazionale ed ovviamente franco da dazi ovvero di proprietà di tutte le nazioni.
    Naturalmente ci possiamo imaginare quante barbarie che faceva l’Italia nelle colonie che dovevano essere sfruttate a vantaggio del popolo italiano e quà devo dar atto a Rumiz che descrive ancora troppo poco questa pagina nera che si svolse principalmente a Trieste dove cera la più totale multietnicità.
    Ma l’Italia fascista perse questa colonia di Trieste nel 1943, quando lo stesso fu annesso ovvero occupato militarmente dalla Germania nazista. La Germania nazista nel 1945 perse a sua volta la colonia denominata Adriatisches Kuestenland in quanto aveva perso la guerra contro gli alleati (20 nazioni).
    Dal 1945 al 10 febbraio 1947 ?!?! la città e provincia sono occupati militarmente dagli alleati inglesi ed americani.
    Dal 10 febbraio 1947 in poi esiste il Territorio Libero di Trieste come nazione sovrana con propri confini descritti nel Trattato di Pace e con un proprio Statuto che salvaguarda i diritti politici e civili della popolazione che ha la cittadinanza di cittadini del TLT sancito ed approvato dalla 16° Risoluzione del Consiglio di Sicurezza (10 gennaio 1947) ovvero l’istituzione che si prende tutte le responsabilità per l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di questo popolo. In pratica il TLT non è altro che il Kronland Triest nel quale si prendeva la responsabilità per l’integrità territoriale ed indipendenza l’Impero A.U..
    Purtroppo a causa della Guerra Fredda le truppe di protezione sotto controllo del Consiglio di Sicurezza del ONU (inglesi e americani)abbandonarono le loro responsabilità e di conseguenza con il Memorandum di Londra 1954 permettono agli stati confinanti d’Italia e Jugoslavia l’amministrazione provvisoria del TLT. Tuttavia il TLT è una nazione demilitarizzata (deve avere solamente una polizia civile) perciò la cosiddetta amministrazione è intesa solamente come un altra occupazione militare.
    Nel 1989 (caduta del muro di Berlino) finalmente finisce la seconda guerra mondiale per la Germania con il ritiro delle truppe inglesi, francesi, russe e americane dal territorio della Germania per permettere la riunificazione ovvero l’odierna Germania.
    NEL TLT NON E’ACCADUTO LA STESSA COSA anzi le truppe jugoslave (poi croate e slovene) e italiane continuano ad occupare il territorio per NON PERMETTERE LA RIUNIFICAZIONE E CONSEGUENTE ATTUAZIONE DEL TLT!!!!!!!!
    E’ quì si passa dalla paura al grottesco e conseguentemente alla più totale illegalità, poiché i cosiddetti cittadini del TLT ovvero triestini devono gestire non solo il proprio Stato, ma principalmente il proprio porto che è unico sia per i fondali sia per la locazione geografica.
    Quando dico “..devono gestire..” è per il semplice motivo che gli attuali gestori all’evidenza delle cose che stanno sotto agli occhi di tutti non possono gestire questa nazione internazionale, ne ora ne mai, poiché fino a quando ce una occupazione militare la democrazia non esiste, bensì esiste solamente criminalità diffusa generata dalla corruzione.
    Allora domando a Rumiz e chi legge, serve ancora parlare o scrivere di foibe e Risiera, oppure si incomincia ad applicare la legge PER FAR FUNZIONARE QUESTO PORTO E TERRITORIO??? Secondo il mio modesto parere è venuto il tempo di agire e far funzionare questo Porto e Territorio come previsto per LEGGE.

  22. Arechi ha detto:

    Mi piacerebbe conoscere il parere del Sig. Luigi
    Di Venezia a proposito Delle parole del Dott. rumiz

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