23 Dicembre 2007

Mittelcamp: commento di un “outsider”

Come ho spiegato in pubblico, io appartengo alla “generazione di mezzo”, a quella che, pur considerando i meriti di Internet, ritiene che il computer sia uno strumento per trasmettere contenuti, non un mondo fine a se stesso, capace di generare a sua volta contenuti, che nascono e muoiono su di una tastiera. Il Mittelcamp mi ha spiazzato.

Per cominciare, ho notato che molti dei partecipanti tra il pubblico avevano portato con loro il laptop e durante tutti gli interventi fissavano il loro piccolo schermo e battevano freneticamente sui tasti a forte velocità. Prendevano appunti (non credo), si dedicavano alle loro privatissime faccende o non volevano entrare in crisi da astinenza?

Continuando: la caduta del confine fisico in genere si è soffermata sugli aspetti di comunicazione informatica, per cui comunque non era necessaria la propustnica nemmeno prima, e nulla ho udito su aspetti più terra-terra dell’ avvenimento, sugli effetti della libera circolazione non solo virtuale delle persone, sulle opportunità di arricchimento culturale e di aggregazione, sulla possibile fondazione di una bocciofila italo-slovena o di un coro carsico transfrontaliero.

Il tema della manifestazione organizzata prossimamente a Klagenfurt è stato perfettamente in sintonia coi temi di fondo: tecnologie, computer, novità di internet. Ma per trasmettere quali contenuti ci si comunica virtualmente?

Giorgio Iannis ha dato una risposta per me illuminante sulle nuove correnti di pensiero: “La nostra generazione non ha il compito di produrre contenuti, ma di digitalizzare quelli accumulati nei secoli, dato che per la prossima generazione tutto quello che non è digitalizzato non esisterà”. Quindi saremmo allle soglie, magari nel bel mezzo di un cambiamento epocale, paragonabile a quello che radunò gente “alfabetizzata” attorno a Omero per scrivere i suoi poemi, finora orali.

Non dubito che la realtà possa essere questa, ma a me personalmente sembra triste. La nostra società è in piena crisi di valori, pochi negano che comunismo, fascismo e, forse non per tutti, capitalismo abbiano fallito e occorra cercare nuove idee. Ma pensiamo che sia possibile cercarle solo su Internet? Sono io il solo a vedere il pericolo di uno svuotamento dei contenuti, soprattutto da parte della giovane generazione “picchiatasti”, che ha difficoltà a riunirsi e discutere e ad ascoltare in silenzio e concentrazione, senza il ticchettio frenetico delle tastiere?

Ah, criticano i Soloni della moralità, oggi la gioventù va solo ad ubriacarsi, a fare corse folli per andare in discoteca al sabato sera, lo studio P.I.S.A. mostra che la scuola non vale più niente…

Ma se la nostra missione è effettivamente solo quella di digitalizzare contenuti altrui, a che serve una scuola che funzioni? A che servono locali di ritrovo, circoli, persone che producano musica reale?

Chi è in linea coi tempi mette su un blog, che spesso tratta “personal topics”, attinge tutta l’ informazione da “aggreganti” che considerano solo l’ informazione digitale…
Però c’è anche gente che si incontra realmente, parla di contenuti, agisce, e alla fine ci manipola. Come scrive ieri il Times, in Italia comanda una gerontocrazia, quindi gente che non sente come propria la missione di “solo digitalizzare”, dai 71 anni di Berlusconi ai 68 di Prodi, che produce a piene mani contenuti, i suoi contenuti. Le generazioni successive invece si fanno venire i calli ai polpastrelli a furia di digitare e devono subire i contenuti che le impone chi digita molto meno.

Riflettiamoci un po’, se abdicare alla facoltà di formare, discutere e diffondere nostri propri contenuti sia poi tanto bello…

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10 commenti a Mittelcamp: commento di un “outsider”

  1. Giorgio Jannis ha detto:

    Ti rispondo anche qua, Julius.
    Un po’ perché mi hai nominato, un po’ perché le tematiche che sollevi sono di assoluta pertinenza rispetto agli obiettivi del MittelCamp, almeno nel suo desiderare porre l’attenzione sulla costruzione di ambienti culturali condivisi, un po’ perché nella mia esperienza lavorativa ho avuto spesso a che fare proprio con la gestione del cambiamento culturale introdotto da pc e web, in particolare in ambito scolastico.

    Va da sé, Enrico o Enrico o altri presenti, già abitanti digitali, potrebbero parimenti suggerirci altri punti di vista con cui riflettere: alcune caratteristiche della Cultura Digitale, su cui ti interroghi, sono state più volte oggetto di discussioni ad esempio nella blogosfera italiana, sia su blog tecnici sia su blog maggiormente attenti all’antropologia della digital life. Ti consiglio senza dubbio il libro di Sergio Maistrello “La parte abitata della Rete” per comprendere la dimensione umana delle ultime evoluzioni del social web.

    Parto dalla tua affermazione sul fatto che il pc sia uno strumento per trasmettere contenuti: è verissimo, ma nessuno strumento tecnologico è mai neutro, altrimenti non ci commuoveremmo per i musei contadini dove ci mostrano aratri e coltelli. Un arnese reca tracce delle collettività che lo ha inventato avendo in mente il preciso ruolo che doveva svolgere in un contesto territoriale specifico: un coltello da caccia svizzero è diverso da un coltello da caccia siciliano.

    Se questo ragionamento vale in fondo per ogni manufatto (il prosciutto, la mozzarella, i mulini, i fossi dei campi, i tralicci, il Paesaggio tutto sono Oggetti Tecnologici) teniam presente che un computer connesso è una Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione, quindi un tipo speciale di tecnologia, dove nella triade materia-energia-informazione propria di ogni oggetto tecnologico la materia scompare e assume importanza l’informazione… gli strumenti della Rivoluzione digitale sono in realtà linguaggi, e i linguaggi servono per comunicare.

    La mia generazione, l’ultima fatta di libri, quella che ha visto i computer arrivare nella propria adolescenza (non nella propria infanzia), insieme a qualche pioniere della generazione precedente ha proceduto a “colonizzare” senza mappe i nuovi territori digitali, e ha il compito (direi quasi un dovere morale) di traghettare, nell’Arca digitale, la cultura pre-diluvio informatico verso i nuovi ambienti online.
    E per avere contenuti, ho bisogno di contenitori.
    Dapprima mutuo questi ultimi dal mondo pre-internet (concetti come museo, enciclopedia, la posta, la piazza) e li ricreo dentro la Rete, poi cominciano a nascere oggetti culturali che senza la Rete non funzionerebbero, e sono oggetti molto sociali, come i blog e i social network; tra cent’anni un archeologo del web si volgerà indietro, e verrà a cercare nelle tracce che noi pionieri abbiamo lasciato nel nostro fare i nostri tentativi, le prime strade e le prime scoperte di ambienti favorevoli all’insediamento umano, i primi vagiti di quello che magari diventerà solido come per noi oggi lo è il concetto/edificio di banca, o di ospedale, di cui possiamo datarne l’invenzione. Luoghi sociali pensati e realizzati dalle collettività per sopperire a necessità specifiche.

    La Rete oggi è diventata un Luogo pienamente consapevole della sua natura relazionale, calda e dialogica: la Società della Conoscenza si fonda su conversazioni, e le interfacce che via via diventano trasparenti lasciano semplicemente le persone libere di produrre informazione in modo multimediale e distribuirla planetariamente, soprattutto in quei posti sociali (ieri le bacheche o i forum, oggi i blog) dove si può contare su una community interessata ai nostri stessi argomenti, da cui giungono idee nuove e nuovi modi di produrre conoscenza ed agire sul mondo.

    E se in ottimo approccio glocal comprendo che non sono solo costretto a chiacchierare con gente di Tokio che non conosco ma posso costruire delle community a base territoriale, o comunque dei gruppi online dove riflettere in molti e proporre possibilità per il miglioramento della qualità degli ambienti di vita biodigitali (come ci han mostrato nel corso del MittelCamp i ragionamenti sui gruppi MeetUp, oppure gli strumenti di e-government/e-democracy basati su espliciti presupposti etici Open), allora si comincia ad intravvedere come moltiplicare i contenitori per far veicolare informazioni e punti di vista, essere in prima persona produttori di contenuti ed editori e centri di smistamento non possa che portare anche ad un incremento dell’efficienza degli ingranaggi della democrazia, che in fondo è una tecnologia anch’essa, in direzione di maggiori poteri di decisionalità “dal basso”.
    Questo perché come Abitante moderno non riesco a tollerare che le Istituzioni che abbiamo inventato per gestire lo Stato, pensate e progettate quando la posta si distribuiva (forse) a cavallo, possano restare immutate in un’epoca in cui per ognuno di noi è possibile realizzare gratuitamente la propria televisione personale via web, per esempio.
    Epoche di cambiamenti necessari quindi ci aspettano, e l’elaborazione dei nuovi quadri concettuali, delle “posture mentali” con cui comprendere e dirigere il fenomeno non potrà che avvenire dentro la Rete, visto che ormai giornali e telegionali non sono che “esondazioni” di ciò che avviene qui dentro, nei Luoghi sociali dove quotidianamente viene patteggiato il senso degli accadimenti, siano essi indifferentemente eventi web o territoriali come la caduta dei confini. Perché qui dentro possono parlare tutti, in tutti i modi, e le cose vengono meglio.

  2. Julius Franzot ha detto:

    Caro Giorgio,
    apprezzo molto la tua disponibilità ed, ancor di più l’ occasione che mi hai dato di riflettere su certi fenomeni, con tue frasi pregnanti e comprensibilissime persino a me.
    Io sarò un po’ un rudere della vecchia scuola, ma so di non essere il solo ad agire in ultima analisi sulla carta. A supporto delle mie esperienze c’è l’ esistenza di moltissime Case editrici, in fondo sono quelle, quelle su carta, che decretano il successo di un libro e di un autore, no? Inoltre pensiamo un po’ alla dimensione del dibattito nel mondo virtuale: tu sei lì, davanti alla tua tastiera, esprimi le tue idee in un blog, magari, non parlo di te, fine a se stesso, e passi così il tuo tempo.
    Dato che non puoi passare due volte lo stesso tempo, tu, o io, o chi pur sempre, sottraiamo questo tempo a qualche altra attività. Dalle mie osservazioni (e, purtroppo, anche dalla mia esperienza personale) scaturisce che il tempo passato a “bloggare” va soprattutto a scapito della conversazione “face-to face” sulle nostre idee, dell’ ascolto della musica, della lettura (io continuo a leggere meglio la carta che i pixel), dei contenuti discussi personalmente, in modo da avere “a domanda rispondo”, infine anche dello studio “vivo” delle lingue.
    Pensa, se un blogger passasse il 30% del suo tempo di computer a leggere libri e giornali in altre lingue ed ad esercitarsi con le stesse, magari anche, ripeto, face-to-face, non saremmo qui a discutere di una traduzione simultanea (fatta da una macchina!) in Inglese: potremmo parlare senza problemi nelle rispettive lingue euroregionali, e anche in altre.
    Forse la fortuna della mia generazione è stata l’ esserci inculcati l’amore per i contenuti e per la discussione su di essi dal vivo, non su un supporto elettronico, che ci permette alle 10 di sera di premere un certo tasto e di prendere congedo dalla “community”. Dal vivo, ci sarebbe almeno la discussione su come si divide il conto.
    Tu hai avuto il grandissimo merito di aprirmi con una frase sintetica gli occhi su di una situazione, che forse sonnecchiava nel mio inconscio, ma non avevo mai portata ad apparire nel mio “Io” pensante. Se davvero, e non ne dubito più di tanto, la tua affermazione è ampiamente condivisa, ciò è per me fonte di grande preoccupazione ed, allo stesso tempo, la spiegazione per certi fenomeni di mancanza di discorso interpersonale che osservo da 10 anni a questa parte.
    Ancora un’ ultima osservazione: ho scritto oggi un articolo su “Die Zeit” (www.zeit.de) citando (senza nome) e commentando la tua sensazionale frase e chiedendo l’opinione dei lettori, ovviamente dopo aver espresso il mio noto pensiero a proposito.
    Vi terrò aggiornati sulle reazioni!
    Un carissimo saluto

    Julius

  3. enrico maria milic ha detto:

    julius, risponderò con più calma a varie osservazioni tue e di giorgio dal 27 in poi. in linea di massima sono poco d’accordo con giorgio (pur stimando e apprezzando enormemente alcune visioni proposte sia dal vivo che dopo il mittelcamp) e solo in parte nutro le tue preoccupazioni, anzi: provo un certo entusiasmo dalle possibilità fornite dalla rete.

    per ora però volevo chiederti se ci metti l’indirizzo web esatto dell’articolo che hai scritto per die zeit perchè vorrei provare a leggerlo (con quel poco di tedesco che so o tramite… i bot) e eventualmente leggere i riscontri dei lettori.

    auguri a tutti, ancora

  4. francesca ha detto:

    Mah.Come sempre ci dovrebbe essere spazio per tutto e per tutti, proprio perchè il mezzo lo consente. Trovo che il computer sia una delle più grandi invenzioni del secolo e che sondare tutte le sue possibilità sia un enorme stimolo per tutti.

    Faccio parte di quei pochissimi della mia generazione (anni ’50)che sono entrati in possesso di un personal quasi agli inizi. Ho imparato a programmare in Basic, poi in Framework e mi facevo i programmi da sola. All’epoca non avevo bisogno della videoscrittura per lavorare, mi divertivo a gestire contabilità e carte per me e per gli altri. Ricordo ancora una specie di mission impossible: un amico aveva acquistato un numero spaventoso di moduli continui da fattura per stampante, ma gli avevano venduto il programma sbagliato. Ho passato notti intere al lavoro, ma alla fine il programma era quello giusto.

    Poi è apparso Windows, da me soprannominato fraca botòn salta macaco. Fine di un’epoca. Almeno per me. M’è passata la voglia d’aggiornarmi, tanto la macchina funzionava comunque e non c’era bisogno di conoscerne il linguaggio. Ma in quegli anni nella mia vita sono diventati predominanti i contenuti. Non più numeri o contabilità, ma articoli e libri. Il mio vecchio Ps2 è stato dismesso perfettamente funzionante (ma poco veloce) per far posto a macchinette che diventavano obsolete a pochi mesi dall’acquisto. Va anche detto che restando una media di 12 ore al giorno al computer l’usura ha inciso non poco, quanto meno sulle tastiere.

    Agli inizi furono le chat, poi la scoperta di ircq, poi i forum (ne ho gestito uno con un milione di pagine lette al mese, all’epoca secondo solo a Dagospia). Serviva a spezzare il lavoro. Se stai 12 ore al giorno al computer devi tentare di avere anche dei rapporti col mondo esterno che non siano solo di lavoro. Tanto più che i miei orari non coincidevano con quelli degli altri. Lavoravo fino alle cinque del mattino, mi svegliavo all’una, fino alle otto di sera mi dividevo tra computer, telefoni e ‘strada’ per il ‘meretricio giornalistico’. La notte, quella dedicata ai libri o a qualunque attività creativa, trovavi gente con cui scambiare due opinioni, parole, pensieri, confrontarti. Molte delle mie attuali amicizie sono nate in rete. Altre si sono sviluppate con la rete, in catene di mail collettive dove condividere esperienze, storie e quant’altro.

    Oggi è più semplice, non essendo più ingabbiata nel ‘mestierato’ e potendomi permettere di scrivere solo libri o scenggiature varie. E quindi si scrive anche non scrivendo, magari cucinando o girando per la città. Oggi è più facile, ma rimane il piacere di leggere cosa pensano gli altri di quel pianeta virtuale che, almeno nelle considerazioni di Giorgio, sento sempre meno mio. Tanto è e rimane fraca botòn salta macaco.

    Quanto al resto, come ad esempio la musica, nulla esclude nulla. Ne ascolto tantissima tutto il giorno, continuando a lavorare. La carta non mi manca per nulla. Dopo tanti anni di questa vita gli occhi sono stanchissimi e ‘condizionati’ al video- tastiera. Non credo di aver mai nemmeno letto un mio libro, tengo una copia a futura memoria, ma non lo considero più mio nel momento in cui l’ho consegnato e corretto le bozze, quindi non vale granchè.

    Per mia fortuna ho letto moltissimo in gioventù. Tutti i classici possibili e immaginabili. Il fatto di non leggere oggi mi agevola nel lavoro, mi permette di non essere influenzata da nulla nelle proposte agli editori. Prima o poi andrò dall’oculista e probabilmente scoprirò che non è strettamente necessario sentirsi ipovedente come mi sento ora io. Quello che leggo è, per abitudine della vista, solo a computer (notizie, agenzie, racconti, ecc.).

    Insomma, faccio parte di un’altra generazione ancora, quella cresciuta col computer come ‘zappa’ e talmente abituata ad usarlo come tale da considerarlo un’estensione del braccio.

    Auguri a tutti
    fra

  5. enrico maria milic ha detto:

    julius, alcune cose:

    – sapevamo dall’inizio che l’evento sarebbe stato un po’ un miscuglio di contenuti diversi… vedevamo qua l’innovazione dell’evento stesso: dare poche griglie ai partecipanti, dare la possibilità di parlare sia di confine che è caduto sia di tecnologie mediatiche che uniscono. alla fine però, è vero, si è parlato più di tecnologie… non era voluto ma la gente non possiamo obbligarla a parlare di alcuni temi o no? del resto abbiamo tentato di avere un ventaglio di partecipanti più robusto in senso ‘confini che cadono’ e l’inizio mi sembra sia stato fortemente in questo senso

    – per me prendere appunti è riflettere. non so cosa facessero i picchiatasti al mittelcamp, ma se prendevano appunti (e come francesca anche io spesso prendo appunti col pc) per me è un qualcosa di positivo… e ti devo confessare che io di appunti non ne ho presi, nè di carta nè sul pc, ma avrei voluto perchè quando partecipo a un evento e trascrivo quello che sento/vedo, mi “resta” molto di più…

    per fortuna l’evento potrò rivedermelo on-line, coi video di rvnet!
    : )

    auguri a tutti!

  6. mario ha detto:

    Ciao julius credo che tu abbia ragione,se tutti stanno a picchiar tasti con sconosciuti senza produr informazione come fa la francesca che è scrittice o come fanno alcuni blogher che producono opinioni di cosa scrivono i blogher minori?Scrivono di cose scritte da altri,da giornalisti da politici ed opinionisti,se leggi gli infiniti blog trovi le notizie dei giornali nazionali riportate e criticate niente di più.I blog sono la velleità della gente comune di partecipar all’informazione,scrivo dunque esisto.Chissà se questo modo di comunicar produrrà oltre a tanta ripetitivita giornalistica anche incontro umano fisico reale o se si cammineranno sconsciuti fianco a fianco mentre corrono a casa per incontrarsi virtualmente e idealmente sui blog!

  7. enrico maria milic ha detto:

    @ mario:

    1) non è vero che la gente, sui blog, principalmente copia-incolla idee o testi di altri.
    ti riporto questi dati dalla ricerca diarioaperto, condotta su oltre 4000 autori e lettori di blog:
    “Che argomenti tratti all’interno del tuo blog?”
    – Storie personali e private 69,2%
    – Musica 38,5%
    – Letteratura 33,0%
    – Politica 31,5%
    (seguono varie altre risposte)

    2) è altrettanto presuntuoso e fuorviante azzardare che chi sta sui blog non conosca quelli con cui si scrive tramite i blog. moltissimi di quelli per cui si scrive (vedi dati di diarioaperto, ancora) sono ‘amici’ dell’autore. poi, vari studi antropologici suggeriscono come le relazioni che si creano in rete siano, spesso anche se non sempre, delle relazioni sociali a tutti gli effetti e non si capisce perchè debbano essere di valore minore rispetto ad altre.

    3) sugli incontri tra blogger e gente on-line, che avvengono nel mondo reale, gli esempi sono tantissimi e a non finire.
    basta dire che il v-day di beppe grillo è stato organizzato tramite e solo tramite strumenti on-line portando in piazza 1 milione e mezzo di persone e producendo 350 mila firme autenticate da ufficiali pubblici. poi, potevi venire, per esempio, a mittelcamp, un evento organizzato solo tramite la rete. poi, gli eventi organizzati da community on-line si susseguono almeno settimanalmente anche in italia, in ogni angolo della penisola. da anni.

  8. enrico maria milic ha detto:

    @ mario:

    aggiungo:

    forse preferivamo questi splendidi ventanni iniziati agli albori degli anni ’80, in cui la tv ha dominato l’agenda pubblica e ci ha tutti per ben rinchiusi nei nostri appartamenti SENZA alcun tipo di relazione con altri nostri concittadini?
    questi bei ventanni che hanno devastato il senso di comunità? che hanno sconvolto i valori dei cittadini italiani?
    che ci hanno reso ancora di più repubblica delle banane?

    te prego…

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