23 Gennaio 2007

“Un corpo sul fondo”, di PIETRO SPIRITO (guanda)

Gennaio 1942, il sommergibile italiano Medusa viene colpito da un siluro britannico e affonda con l’equipaggio. Ma non tutti muoiono: quattordici uomini sono ancora vivi, intrappolati nella camera di lancio di poppa. Per salvarli si mette in moto la complessa macchina dei soccorsi, i palombari raggiungono il sommergibile affondato mentre in superficie si scatena una tormenta. Sarà tutto inutile: dopo tre giorni di tentativi e di sforzi i Comandi della Marina decidono di rinunciare all’impresa, abbandonando i sopravvissuti al loro destino in fondo al mare.
Sessant’anni dopo un giornalista riluttante, un anziano reduce con antiche colpe sulla coscienza e la sua giovane e bella assistente sociale si mettono sulle tracce del sommergibile Medusa per ricostruire nei dettagli la vicenda. Davvero era stato fatto tutto il possibile per salvare quegli uomini? Perché sull’intera operazione fu mantenuto il segreto? Quando e come fu recuperato il relitto del sommergibile? E a più di mezzo secolo di distanza, cos’è rimasto di quel naufragio? Per i tre protagonisti la ricerca si trasforma presto non solo in un viaggio nel tempo fra documenti, testimonianze, incontri e scoperte, ma anche in una discesa nelle profondità dell’animo dove si nascondono desideri, passioni e ossessioni.

Pietro Spirito (Caserta, 1961) vive a Trieste. Con Guanda ha pubblicato Le indemoniate di Verzegnis (2000, Premio Chianti) e Speravamo di più (2003, finalista al Premio Strega, Premio Feudo di Maida, Premio Triesteartecultura).

Pietro Spirito, “UN CORPO SUL FONDO”, € 14.00, pp. 240

2 commenti a “Un corpo sul fondo”, di PIETRO SPIRITO (guanda)

  1. valerio fiandra ha detto:

    “Se vuoi ben nascondere qualcosa… mettila in evidenza!”

    Cosa emerge, e cosa resta nel fondo, riprendendo fiato dopo essere usciti
    dalla lettura di “un corpo nel fondo” di Pietro Spirito?

    Il cronista senza nome – tutti in questo libro hanno uno o più nomi, tutti tranne lui, nel cui “io” (incalzante e riluttante) tutti ci potremmo immedesimare – lui resta solo.

    La Storia risponde solo a se stessa, è davvero quell’Angelo – sospinto avanti suo malgrado dal vento del Progresso – di cui Walter Benjamin ben descrisse il volto che guarda un passato sempre pieno di rovine.

    La Verità va via, va con un altro.

    Perfino il fantasma del cercatore di fantasmi trova compagnia nella sua ossessione.

    Ma lo scrittore resta solo: finite le parole finito tutto. Tutto resta nella lingua, allora, dove l’inconscio – che è il nostro profondo più vero e insondato – emerge. E lascia storie, racconti, romanzi.

    E’ dunque questo di PS un romanzo del mare e della psicanalisi; dell’obbligo alla virilità anche quando non la si vuole e della precisione come inefficace ma unico rimedio al caos. Un romanzo di eccezionale tenuta, che narrando con autentica pietas le storie dei morti, riscatta per la durata della sua lettura le loro vite. Solo nei romanzi “non muore nessuno”, come recita il titolo davvero bello di un romanzo metaletterario e mediocre di Sergio Claudio Perroni. Già. Per questo si scrivono, per questo si leggono. La vita è altrove, inafferrabile. O la si vive o la si racconta, ammette il cronista senzanome, raccontandoci la sua, immersa.

  2. gianfranco balestrino ha detto:

    io sono il nipote di luigi balestrino morto dentro quel somergibile,quello che non capisco è che da parte dello statto italiano non ci sia statto moi un riconoscimento uficiale.io lo riccordo con affetto tramite il raconti di mio padre che era il fratello piu grande,e mi chiedo sempre;si è veramente fatto di tutto per salvare quei marinai??

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